lunedì 16 giugno 2025

Ogni uomo però non è soltanto lui stesso

Ogni uomo però non è soltanto lui stesso; è anche il punto unico, particolarissimo, in ogni caso importante, curioso, dove i fenomeni del mondo s'incrociano una volta sola, senza ripetizione. Perciò la storia di ogni uomo è importante, eterna, divina, perciò ogni uomo fintanto che vive in qualche modo e adempie il volere della natura è meraviglioso e degno di ogni attenzione. In ognuno lo spirito ha preso forma, in ognuno soffre il creato, in ognuno si crocifigge un Redentore.


(Hermann Hesse; "Demian")

Molte sono le vie

Molte sono le vie per le quali Dio può isolarci e ricondurci a noi stessi.


(Hermann Hesse; "Demian")

Tu mi rappresenti la mia pianura lombarda

(...) Non so come sia, ma tu sei l'unica persona della mia famiglia a cui io mi senta stretta da veri legami di sangue, davanti alla quale io senta la continuità di una razza. Tu mi rappresenti la mia pianura lombarda, malinconica, forte e reale, coi rossi tramonti sulle risaie, l'odore caldo di stalla e la terra nera e umida: la pianura che ho tanto poco goduto eppure mi sento nel sangue e verso la quale mi porta la nostalgia, quando, a settembre, le mandrie di qui scendono scampanando dai pascoli alti e come fiumi biondi scompaiono allo svolto dello stradone...


(Antonia Pozzi; lettera alla nonna - 1938)

martedì 3 giugno 2025

Ora ho dinnanzi a me una settimana di contemplazione

...un momento solo di silenzio ricordo, tra i balzi inquieti del vento: a Mergellina, presso il parapetto del lungomare, dinnanzi al golfo che si sbiancava nelle brume scialbe, sotto un cielo pieno di ditate rosa.
E stamattina, su di un balcone del castello di S. Martino, con uno strapiombo sotto, di cinquanta metri e tutta Napoli, galleggiante nell'azzurro, che ci mandava un dondolio discorde di campane... Eravamo, verso il mezzogiorno, in un chiostro; avorio - ruggine contro il turchino...
Ora ho dinnanzi a me una settimana di contemplazione: qui tutto è bello di una bellezza che fa persino male; dinnanzi a cui non senti che il tormento di non saperti estasiare abbastanza. Ti racconterò a voce di questi tramonti che paiono ricalcati da un ventaglio giapponese, di queste notti intente nel silenzio, striate di lumi tremuli che fanno il solletico al mare.
Non sono né triste né lieta: sono una forma di sensazioni indefinite.
Stasera, dinnanzi alla prima stella, stavo per farmi, istintivamente, il segno della croce...


(Antonia Pozzi; lettera a Lucia Bozzi - 1929)

Piangere non è un sussulto di scapole

Piangere non è un sussulto di scapole
e adesso che ho pianto
non ho parole migliori di queste
per dire che ho pianto
le parole più belle
le parole più pure
non sono lo zampettío delle sillabe
sull'inverno frusciante dei fogli
stanno così come stanno
né fuoco né cenere
fra l'ultima parola detta
e la prima nuova da dire
è lì che abitiamo


(Pierluigi Cappello)

mercoledì 21 maggio 2025

20 giugno 1935

E questo soprattutto è terribile: la mia assoluta inadattabilità alla vita pratica, il frantumarsi di tutta la mia unità di vita quando mi si porti fuori dell'atmosfera irreale in cui m'ha cresciuta la solitudine. 


(Antonia Pozzi)

Come vengono formate allora le anime?

(...) Ho detto "formazione dell'anima"... distinguendo l'anima dall'intelletto. L'intelletto, o scintilla divina, è presente in milioni di persone, ma non è anima finché non si acquista un'identità, finché ciascuna persona non è sé stessa. I vari intelletti sono atomi di percezione: riconoscono, vedono e sono puri... in breve, sono divini. Come vengono formate allora le anime? Come viene data un'identità a queste scintille divine, in modo che ognuna abbia la sua particolare gioia relativa alla sua esistenza individuale? Come altro se non attraverso un mondo come il nostro? (...) Cercherò di esporlo nei termini più semplici possibili, in modo che possiate giudicare più facilmente. Dirò che il mondo è una scuola istituita al fine di insegnare ai bambini piccoli a leggere. Dirò che il cuore umano è l'abbecedario usato in quella scuola... e dirò che il bambino in grado di leggere è l'anima formata in quella scuola con quell'abbecedario. Non vedete anche voi quanto sia necessario, per educare l'intelletto e farlo diventare anima, un mondo di stenti e difficoltà... un luogo in cui il cuore senta e soffra mille cose diverse? Il cuore non è semplicemente un abbecedario: è la Bibbia della mante, è fonte d'esperienza per la mente, è la mammella da cui la mente, o intelletto, succhia la propria identità. Tanto sono varie le vite degli uomini, tanto diventano varie le loro anime... e così Dio crea creature individuali (anime, anime identiche) dalle scintille della propria essenza.


(John Keats; lettera a George e Georgiana Keats - 1819)

Non mi sento di questo mondo

Cara sig.ra Brawne,
poche parole serviranno a descrivere la traversata e dire in che condizioni ci troviamo... e se sono poche è anche perché siamo stati messi in quarantena e le nostre lettere dovranno essere aperte all'Ufficio di Sanità per essere disinfestate. Saremo costretti a restare sulla nave per dieci giorni, e al momento siamo bloccati in fila con altre navi. Gli effetti positivi dell'aria di mare sono stati annullati da quelli negativi di burrasche e vitto e alloggio scadente. Perciò sto più o meno come prima. Un saluto affettuoso a Fanny. Le dica che, se mi sentissi bene, ci sarebbero tante di quelle cose in questo porto di Napoli da poter riempire una risma di carta... ma tutto sembra un sogno... tutti questi uomini che riescono a remare sulle loro barche, a camminare e a parlare sembrano creature diverse da me. Non mi sento di questo mondo.


(John Keats; lettera a Frances Brawne - 1820)

martedì 20 maggio 2025

Principio e intergrità

Non devi, per una singola persona, cambiare il significato di parole come principio e integrità.


(Jane Austen; "Orgoglio e pregiudizio")

Madonna del coniglio


 

Cerca di capire questo, amore mio

(...) Non avevo mai conosciuto un amore come quello che mi hai fatto provare. Non credevo che esistesse: lo immaginavo con terrore, temendo che potesse consumarmi del tutto. (...) Cerca di capire questo, amore mio: io ti ho così a cuore che sento il dovere di farti da guida se penso che possa capitarti qualcosa di male. Non voglio vedere mai altro che gioia nei tuoi occhi, amore sulle tue labbra e felicità nei tuoi passi.


(John Keats; lettera a Fanny Brawne - 1819)

...ma su mille mondi

Ogni giorno che passa, col rafforzarsi della mia immaginazione, sento sempre di più di non vivere soltanto su questo mondo, ma su mille mondi.


(John Keats; lettera a George e Georgiana Keats - 1818)

Ah, potessi fare questo sogno ogni giorno!

Il quinto canto di Dante mi piace sempre di più. È quello in cui incontra Paolo e Francesca. Ero da molti giorni d'umore piuttosto cupo quando ho sognato di trovarmi in quella regione dell'inferno. È stata una delle sensazioni più belle che abbia mai provato in vita mia. Fluttuavo, come descritto nel poema, in un turbine d'aria insieme a una bella figura a cui ero congiunto per le labbra. Mi è sembrato che durasse per un'eternità... e in mezzo a tutto quel freddo e quel buio, mi sentivo riscaldato. Sono spuntate persino delle cime fiorite, su cui a volte ci posavamo, leggeri come nuvole, finché il vento poi non ci trascinava via di nuovo. Ho provato a scrivere un sonetto al riguardo... contiene quattordici versi, ma neanche un briciolo di quello che ho provato. Ah, potessi fare questo sogno ogni giorno!...

Come Ermes leggero si librò
dopo aver visto Argo addormentato, 
così il mio pigro spirito suonò
delfiche note e, avendo conquistato 

 il mondo - drago e spento i suoi cento occhi, 
si involò... ma non verso l'Ida, dove 
nel gran gelo la neve scende a fiocchi, 
o Tempe, dove andò a dolersi Giove,
 
ma verso il triste cerchio dell'inferno 
in cui gli amanti, muti tra i tormenti, 
roteano in preda a un gorgo d'aria eterno.
 
Là vidi labbra pallide e suadenti, 
là le baciai... e la splendida figura 
fluttuava insieme a me nella tempesta oscura.


(John Keats; lettera a George e Georgiana Keats - 1819)

mercoledì 7 maggio 2025

...niente era vero ed eterno come la vita della mia anima

(...) Però ieri sera, entrando in S. Stefano, che è l'unica cosa antica e quindi sacra e quindi veneranda della città, ebbi la fortuna di sentire l'inizio di un grande concerto d'organo. Tutta la chiesa ormai buia, sai: le altissime volte tutte gonfie di suono e i Santi con le mani protese, come a lavarsele nelle invisibili onde. A poco a poco io mi sentivo tornare verso il profondo di me: ed ogni eco dura cadeva nel fluire di tutti i ricordi. Pensavo alle cose compiute, all'amore al dolore vissuti, a tutti i lontani: e niente era concreto come quello che io, col mio cuore, avevo creato; niente era vero ed eterno come la vita della mia anima...


(Antonia Pozzi)

Mi pare di affacciarmi a una gran luce...

Spessissimo ho la gioia di vedermi ricordata dal Professor Cervi, che ha poi la pazienza di chiarirmi per iscritto tutte le difficoltà che incontro nello studio, e che mi manda in dono sino a qui molti bellissimi libri. Così le buone letture non mi mancano. Ritiro anche, sempre con le schede firmate dal Professore, molti volumi a Brera. Altri ne compro. E sono sempre libri sulle origini, lo sviluppo, la storia, il contenuto filosofico dell'arte, libri di storia greca e romana, di letteratura, di filosofia soprattutto.
Sento che questo studio mi fa un bene immenso. Mi pare di affacciarmi a una gran luce, mi sembra di cominciare a vivere adesso.


(Antonia Pozzi; Pasturo - 1928)

Verrà?

(...) Anch'io andrò sulle montagne, dopo il Capodanno, fino al 7 o all'8, a Madonna di Campiglio. Perché non viene lassù a trovarmi? Potremmo fare qualche lunga gita insieme, andare molto in alto, vicino alla roccia. Io porterò lassù i miei quaderni: là tutti i pini delle foreste e le nuvole degli altipiani mi conoscono e mi vogliono bene, e ascoltano le mie parole. Verrà?


(Antonia Pozzi; lettera a Tullio Gadenz - 1933)

domenica 27 aprile 2025

4 gennaio 1934

Bisogna custodire con gioia il piccolo sole che noi portiamo nella vita, e vigilare su tutte le nebbie.


(Tullio Gadenz; lettera ad Antonia Pozzi - 1934)

...non temere che la vita ti sciupi questa tua purezza

Oh Dino, con quanta forza ho sentito, fino in fondo al mio essere, il pulsare dei tuoi sogni. Vedi: ogni volta che tu mi apri così un lembo della tua anima più nuda, tu svegli tutta la giovinezza che dorme in me, sotto la coltre delle fantasie oziose, degli egoismi inutili. Ed ecco: io sono di nuovo la ragazzetta di diciassette anni, dalle lunghe gambe nervose, dagli occhi chiari e dai polmoni capaci, che fuggiva sola, con il suo sacco ed un paio di enormi scarpe chiodate, verso le rocce il vento il silenzio delle Dolomiti di Brenta: per ore, accoccolata su un masso, spiava il nascere dell'acqua dalla bocca annerita del nevaio; s'insanguinava le dita per staccare dalla pietra zolle di sassifraghe rosa; e d'un balzo, affidata alla forza dei ginocchi sulla colata fragorosa delle ghiaie, piombava a valle, sui pascoli cosparsi di rocce bianche come enormi cimiteri abbandonati - Fragranza amara dei rododendri sotto il sole - intrico di corolle fragili e di rami duri fino alla cintola - nuotare nel folto verde e rosa. Poi, a sera, i rami lunghi morbidi frangiati dei làrici che la chiamavano verso casa, verso un lume nella penombra viola... Ah, l'aria della mia adolescenza, Dino: così limpida, aromatica, fulgente di bianchezze inverosimili, come un piccolo triangolo di vela disperatamente gonfio e teso di vento. Ed ecco: tutto questo che credevo sopito, spento per sempre, mi rinasce vicino a te, si riapre, si riscopre come un cielo lontanissimo, perduto in fondo a cumuli di nubi. Per questo ti dico: non temere, non temere che la vita ti sciupi questa tua purezza, questa tua meravigliosa forza di ascesa e di sogno. Come potrebbe soffocarla in sé se tu sai destarla così vivamente negli altri?
(...) tu mi conosci abbastanza bene per sapere - ormai - che il tuo sogno di un angolo di terra, di un modestissimo focolare, di una vita che torna alla sua origine è anche il mio sogno. Sai: ieri un sacerdote che conosciamo e che era qui da noi guardava i miei albi di fotografie e a un certo punto mi disse: "Ma lei ha tutto, ha visto tutto, ha goduto tutto: che cosa può desiderare ancora nella vita?". Che cosa posso ancora desiderare? - Avrei voluto rispondergli -: Ma precisamente il contrario di quel tutto: spogliarmi di tutto il superfluo, dimenticare i volti ben rasi, le labbra dipinte, gli alberghi di lusso, rinunciare alle comodità di cui - grazie a Dio - non mi sono mai fatta delle schiavitù, andare dalla povera gente, imparare il dialetto, ricominciare. Senza cavalli, senza auto, senza troppi vestiti, senza troppe posate, ma che cosa m'importerà - in nome del cielo - di avere soltanto due grembiuli (uno addosso e l'altro al fosso - dice il proverbio delle nostre campagne) pur che alla sera mi sia dato aspettare un volto caro e mettere sul fuoco una minestra che non sia soltanto per me e rammendare delle calze che non siano soltanto le mie, ma che siano magari le calze piccine e le magline e i corpetti di un topolino nostro? Dinin, vedi, e quando la mia vita di donna sarà equilibrata, completa, allora anch'io scriverò. Ho tante cosa da dire, io pure. Sarò passata attraverso tante vite, saprò la pena di tante creature, la gioia di tante strade. Allora (come mi ha detto anche Banfi, un giorno) quando sarò veramente una donna, placata, serena, forte, potrò dire delle buone cose.


(Antonia Pozzi; lettera a Dino Formaggio - 1937)

venerdì 18 aprile 2025

Mi hai abbagliato

(...) Mi hai abbagliato. Non esiste nulla al mondo così splendente e delicato.


(John Keats; lettera a Fanny Brawne - 1819)

...nel mio mondo sentimentale, c'è un grande senso di continuità

...Come uniscono, come cuciscono le persone le cose, le povere stupide dolcissime cose di tutti i giorni!
...Da Roma, dalla basilica di Massenzio, trasmettono un concerto bellissimo e questo m'invita a stare alzata ancora. Stanno sonando la "Pavana per una infanta defunta" di Ravel, un pezzo breve che mi piace molto. A quante cose penso, ascoltando questi concerti!
Te lo dissi una sera - ricordi? - quando tu mi chiedesti il perché dei miei occhi fissi e io dicevo: cose lontane...
(...) Tu mi hai detto un giorno che io sembro sempre colta alla sprovvista dalle cose, svegliata alla vita ogni giorno e ogni giorno stupita e impreparata: eppure dentro di me, nel mio mondo sentimentale, c'è un grande senso di continuità. Alti e bassi, sì, burroni e vette: ma fra le vette, cioè fra i momenti di più intensa sincerità spirituale, come una linea ininterrotta, come il crinale delle montagne, ed una, l'ultima, la più alta, non ci sarebbe se non ci fossero le precedenti...


(Antonia Pozzi; lettera a Remo Cantoni - 1935)

domenica 13 aprile 2025

...leggerò un brano di Shakespeare ogni domenica alle dieci

(...) leggerò un brano di Shakespeare ogni domenica alle dieci. Anche voi ne leggerete uno alla stessa ora, e saremo vicini l'uno all'altro come dei corpi ciechi nella stessa stanza.


(John Keats; lettera a George e Georgiana Keats - 1818)

Milano, 8 maggio 1933 - ore 4 pom

(...) E perciò, Antonello, io ti ho detto: "Che Dio ti benedica" - e così vorrei che le tue tristi e buone parole: "Io ti auguro di essere felice" si mutassero in queste meno tristi e ancora più buone: "Io ti auguro che Dio santifichi la tua solitudine e il tuo pianto".


(Antonia Pozzi; lettera ad Antonio Maria Cervi - 1933)

...con uno sguardo conscio e degno

Qui tutto è bello di una bellezza violenta, che fa persino male; che ti prostra in un'ammirazione opprimente e angosciosamente inadeguata allo sfarzo di tutta questa natura. Se una finestra ti ammannisce una porzioncina di mare spazzato dal vento, tu butti lì sopra tutti i tuoi pensieri e stai a vederli giocherellare con le folate che fanno il solletico alla pellicina dell'acqua, la quale, poverina, si raggrinza tutta e s'increspa in striature tanto fini che sembra il capino di un uccello quando qualcuno, soffiandovi delicatamente sopra, rovesci le piume in rotelline trepide. Il cervello continua a mulinare così, nel vuoto: e più il cielo si fa languido di lunghe carezze rosa, più gli occhi si affisano nel tormento di guardare tutto, di viver tutto, con uno sguardo conscio e degno. E poi, quando l'ovatta grigia delle nubi ha asciugato, all'orizzonte, tutto il sudore perlaceo del mare, il bagliore mite della prima stella ti sembra la divampante voce di tutto questo cielo, che si tende ad essa con uno sforzo supremo...
Contemplare così non è un riposo; ma è una vita intensissima e bella.


(Antonia Pozzi; Sorrento - 1929)

domenica 16 marzo 2025

È qui che imparerò la poesia

(...) ho davvero un debole per le montagne immerse tra le nuvole. (...) Prima di colazione siamo andati a vedere la cascata di Ambleside. La mattinata era bellissima, il cammino tra le colline agevole. Non abbiamo trovato il percorso diretto (il che, posso dire, è stata una fortuna). Dopo aver vagato per un po', l'abbiamo trovata grazie al rumore, perché devi sapere che è sepolta tra gli alberi in fondo a una vallata... il ruscello, di per sé interessante lungo l'intero corso, "sopra ombre pendenti erra sinuoso". Milton aveva in mente un fiume che scorre liscio... questo invece avanza urtando su un letto roccioso sempre vario. Trovandomi di fronte all'improvviso la cascata, ho sentito un fremito di piacere. Prima ci siamo posizionati poco sotto la cima della cascata, circa a metà del primo salto, sepolto tra gli alberi, e l'abbiamo vista scorrere giù lungo altri due balzi fino a una profondità di circa cinquanta piedi... poi siamo saliti su una sporgenza rocciosa quasi a livello di dove iniziava il secondo salto, col primo sopra di noi e il terzo sotto i nostri piedi. Nel frattempo avevamo notato che le acque erano divise da una specie di isoletta, oltre la quale prorompeva un bellissimo torrente... e poi solo fragore e freschezza... Tra l'altro ogni salto aveva le sue caratteristiche: il primo sfrecciava come un dardo giù per le rocce d'ardesia, il secondo si apriva a ventaglio, il terzo si perdeva in una nebbiolina... e quello dall'altra parte della roccia era come una combinazione di questi tre. Poi ci siamo spostati un po' e abbiamo ammirato quasi l'intera cascata, che fluiva più mite e inargentata tra gli alberi. Quello che mi sorprende più di tutto  sono le tonalità, i colori, l'ardesia, le pietre, il muschio, le erbe tra le rocce... o meglio, se mi è permesso dirlo, lo spirito, la fisionomia di questi luoghi. Anche prima di vederli, si possono ben immaginare i grandi spazi, la vastità dei monti e delle cascate, ma la loro fisionomia, le loro tonalità spirituali superano ogni potere immaginativo e sfuggono al ricordo. È qui che imparerò la poesia... e d'ora in poi scriverò sempre di più, nel tentativo poco concreto di aggiungere un minuscolo contributo a quella mole di bellezza che le più eccelse menti traggono da questi grandiosi materiali, dando vita a qualcosa di celestiale per dilettare i proprio simili. Non sono d'accordo con Hazlitt che questi paesaggi fanno sembrare piccolo l'uomo. Mai come ora ho dimenticato così del tutto la mia statura. Vivo nello sguardo... e la mia immaginazione, sovrastata com'è, riposa.


(John Keats; Lettera a Tom Keats, 1818)

Blonde se tressant les cheveux

Tutte le cose che penso sono sincere e bianche

- Madonna di Campiglio, 4 gennaio 1934

...poche righe soltanto, intanto che fuori le mie montagne si spengono come grandi lampade esauste. Non ho mai passato dei giorni così belli. Non ho più né pensieri né parole. Soltanto occhi per guardare e muscoli per camminare. (...) Tutte le cose morte si struggono nel gran sole. Mi lavo le mani nella neve e me le asciuga il vento. Tutte le cose che penso sono sincere e bianche. Queste giornate me le regala Dio, come un miracolo, oh, queste sono davvero le montagne di tutti i miracoli, Lucia!...

E te? ti penso tanto tanto, ti sono vicina con tutta l'anima che il gelo ha fatto limpida...

Tugnin


(Antonia Pozzi; Lettera a Lucia Bozzi)

giovedì 13 marzo 2025

16 giugno 1929

(...) ho guardato l'ansito del faro, che anela sempre al largo: mi sono detta che è sciocco voler restare nell'ombra quando sappiamo che la luce è più in là. Io vincerò gli ostacoli (...) studierò, studierò tanto, per crearmi un pensiero e una fede. Oggi il cammino non mi fa paura (...)


(Antonia Pozzi)

...devi tenere conto della mia immaginazione

Io porto tutto all'estremo... per cui una leggera irritazione in cinque minuti si trasforma in un argomento adatto per Sofocle: se dovessi scrivere in quel momento e con quello stato d'animo a un amico, ho così poca padronanza di me che finirei per farlo rattristare proprio nel momento in cui, forse, sto ridendo per un gioco di parole. La tua ultima lettera mi ha fatto vergognare per la pena che ti ho causato. Ma mi conosco molto bene, e sono sicuro che in futuro ti scriverò tante altre volte con lo stesso tono. Ora sai fino a che punto credere alle cose che ti dico... devi tenere conto della mia immaginazione... so di non potermi contenere.


(John Keats; Lettera a Benjamin Bailey, 1818)

domenica 9 marzo 2025

...io paragono la vita umana a una grande villa

Bene, io paragono la vita umana a una grande villa divisa in molte stanze, di cui ne posso descrivere soltanto due, perché al momento per me la porta di tutte le altre è chiusa. La prima in cui entriamo si chiama la "camera dell'infanzia" o "della spensieratezza", in cui restiamo finché non iniziamo a pensare. Rimaniamo lì a lungo, e nonostante la porta della seconda camera resti spalancata e abbia un aspetto luminoso, non ci curiamo di avanzare in fretta verso di essa, se non quando alla fine vi siamo spinti dal risveglio della facoltà intellettuale dentro di noi. Non appena entrati nella seconda camera - che chiamerò "la camera del pensiero verginale" - siamo inebriati dalla luce e dall'ambiente, non vediamo altro che ridenti meraviglie e pensiamo di intrattenerci là per sempre tra quelle gioie. Tuttavia, tra gli effetti che derivano dal respirare quell'aria, c'è quello orribile di acuire la capacità di penetrare nel cuore e nella natura umana... di convincersi nell'animo che il mondo è pieno di infelicità, disperazione, sofferenza, malattia e oppressione... così che questa camera del pensiero verginale a poco a poco si fa buia e, al tempo stesso, lungo tutti i lati si aprono molte porte... ma tutte oscure... tutte che portano a corridoi oscuri. Non riusciamo a vedere l'equilibrio tra il bene e il male. Siamo immersi in una nebbia. Noi due ci troviamo ora in quella situazione. Sentiamo sulle spalle il "fardello del mistero". È a quello stadio che era giunto Wordsworth, per quel che riesco a capire, quando ha scritto "L'abbazia di Tintern", e a me sembra che il suo genio sia intento a esplorare quei corridoi oscuri. Ora, se ci sarà dato di continuare a vivere e a pensare, li esploreremo anche noi.


(John Keats; Lettera a John Hamilton Reynolds, 1818)

Non mi farò impaurire

"Volete spaventarmi, Mr Darcy, avvicinandovi così tanto per sentirmi suonare? Non mi farò impaurire, anche se vostra sorella suona tanto bene. Sono abbastanza forte da non lasciarmi spaventare. Anzi, il mio coraggio cresce a ogni tentativo di intimidirmi".


(Jane Austen; "Orgoglio e pregiudizio")

venerdì 28 febbraio 2025

Io

Voglio approdare a sera a un nuovo paese, con occhi 
azzurri e azzurra l'anima, ricominciare.


(Eurialo De Michelis)

sabato 22 febbraio 2025

Forse, anche sul terreno petroso troveremo qualche fiore

- 13 agosto 1934

(...) Forse, anche sul terreno petroso troveremo qualche fiore, qualche piccola felce strana. Perché la terra fiorisce quando due anime si prendono per mano e vanno in alto a guardare il mare...


(Antonia Pozzi; Lettera a Paolo Treves)

...il libro vivo di un'anima non finisce mai

- Milano, 11 gennaio 1933


Tullio caro, 
da S. Martino siamo partiti soltanto ieri e fino all'ultimo momento ho sperato di poterLa rivedere. Mi sembrava di avere ancora tante cose da dirLe: temevo che le mie povere parole non Le avessero fatto comprendere tutta la commozione che i suoi versi mi hanno suscitato nel cuore. Ma qui ho trovato la sua breve lettera e ne ho avuto un'infinita gioia: Lei ha compreso con quanto religioso amore, con quanta pienezza d'anima io ho accolto la rivelazione della sua poesia. E d'esser stata capita mi fa tanto bene. Lei non sa, Tullio, Lei forse non saprà mai che cosa è stata, per il mio spirito affaticato, la "scoperta" meravigliosa di Lei. Io mi rammento ancora del giorno in cui trovai, su un banco di vecchi libri, le poesie di Eurialo de Michelis: era un po' una mattina come questa, tutta d'azzurro pallido, con un sole mite; e tutta d'azzurro mi sentivo l'anima, ritornando con il libro amato; strani ricordi di scuola mi affioravano alla mente: dei vecchi umanisti che, nelle biblioteche dei conventi, scovavano gli antichi testi e poi, agli amici, scrivevano: "Fratello dilettissimo, ieri m'avvenne di ritrovare..." e della loro ricerca nutrivano la vita. Tanto più grande di quella è la mia gioia d'oggi: perché il libro più bello del mondo finisce e dopo l'ultima pagina non si può chiedere che altre ne vengano aggiunte; ma il libro vivo di un'anima non finisce mai. Io spero, Tullio, che a queste prime pagine del Suo Libro che mi sono state mostrate, altre ne potrò aggiungere via via: e la mia vita, creda, mi dorrà meno, se Lei vorrà infiorarla della sua poesia. Perché la poesia, non è vero, ha questo compito sublime: di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e ci romba nell'anima e di placarlo, di trasfigurarlo nella suprema calma dell'arte, così come sfociano i fiumi nella vastità celeste del mare. La poesia è una catarsi del dolore, come l'immensità della morte è una catarsi della vita. Quando tutto, ove siamo, è buio ed ogni cosa duole e l'anima penosamente sfiorisce, allora veramente ci sembra che ci sia donato da Dio chi sa sciogliere in canto il nodo delle lacrime e sa dire quello che a noi grida, imprigionato, nel cuore. Per chi ai suoi giorni non vede più che un colore di tramonto e sente, attraverso il suo cielo, salire l'estremo pallore; per chi ancora beve, con occhi allucinati, l'incanto delle cose, ma non sa, non può (perché è troppo tardi - perché non c'è più forza - perché tutto è stato bruciato, fino all'ultima stilla) tradurlo più in parole, ah, Tullio, è come rivivere trovare un'anima giovane che sprigiona il nostro stesso canto inespresso.
(...) Ne parleremo ancora a lungo, se Lei non si dimenticherà di me e verrà un giorno a trovarmi. 
Io mi rammento tutte le Sue promesse e sento che se saranno mantenute tanta luce pioverà, dentro la tenebra, a soccorrere la mia vita stanca. 
Mi scriva presto, Tullio: perdoni questa mia lunga trasognata lettera. E quello che le mie pallide parole non sanno dirLe di buono, di grande, lo intenda, lo comprenda Lei, al di là d'ogni voce, nella Sua grande anima. 
Con infinita gratitudine

la Sua Antonia Pozzi


(Antonia Pozzi; Lettera a Tullio Gadenz)

Ed ecco che l'altro mondo svaniva

Più di tutto, forse, gli piaceva star accanto al fuoco, accovacciato sulle zampe posteriori e con quelle anteriori stese avanti, la testa alta e lo sguardo assorto sulle fiamme. A volte pensava alla grande casa del giudice Miller nella vallata di Santa Chiara baciata dal sole, e alla grande vasca di cemento, e a Ysabel, la messicana senza pelo, e a Toots, il cagnolino giapponese; ma più spesso ricordava l'uomo dalla maglia rossa, la morte di Curly, la gran lotta con Spitz e le buone cose che aveva mangiato o desiderava mangiare. Non soffriva di nostalgia. La Terra del Sole svaniva nella lontananza, e quei ricordi non avevano potere su di lui. Molto più potenti erano i ricordi ereditari che gli facevano apparire famigliari cose mai viste. Gli istinti (che erano solo reminiscenze dei suoi antenati, divenute abitudini), indeboliti negli ultimi tempi, si risvegliarono adesso in lui e divenivano nuovamente vivi. 
A volte, quando se ne stava così accovacciato con lo sguardo assorto nelle fiamme, gli sembrava che esse appartenessero a un altro fuoco, e accanto a questo fuoco vedeva un uomo assai diverso dal cuciniere mezzosangue che gli stava davanti. Era uomo corto di gambe e dalle braccia lunghe, con muscoli fibrosi e nocchiuti piuttosto che tondeggianti. I suoi capelli erano lunghi e arruffati, e la fronte sfuggiva sotto di essi. Pronunciava strani suoni e sembrava temere le tenebre entro le quali stava continuamente spiando, mentre la sua mano che pendeva fino a metà gamba tra il ginocchio e il piede, stringeva un bastone alla cui estremità era legata una pesante pietra. Era quasi completamente nudo; una pelle lacera e bruciacchiata gli scendeva giù dalle reni, e il suo corpo era villoso: in alcuni punti, anzi, sul petto e sulle spalle e sulla parte esteriore delle braccia e delle cosce, coperto da una vera pelliccia. Non si teneva eretto, ma con il tronco inclinato in avanti dai fianchi in su; e le ginocchia erano un po' piegate. Vi era nel suo corpo una particolare agilità, un'elasticità quasi felina e la vigile attenzione di un essere abituato a vivere nel continuo timore di cose visibili e invisibili. Altre volte quell'uomo villoso si rannicchiava accanto al fuoco con la testa fra le gambe e dormiva. Allora i suoi gomiti poggiavano sulle ginocchia, e le mani si univano sul capo come per proteggerlo dalla pioggia con le braccia pelose. E al di là di quel fuoco, nell'oscurità tutt'attorno, Buck vedeva tanti carboni ardenti, riuniti a due a due, sempre a due a due, e sapeva che erano gli occhi di grandi bestie da preda. E poteva udire il rumore dei loro corpi fra i cespugli e le loro grida nella notte. E sognando così sulle rive dell'Yukon, con i pigri occhi assorti nel fuoco, quei suoni e quei sospiri di un altro mondo gli facevano ergere il pelo sulla schiena, sulle spalle e sul collo, finché dava un gemito basso e soffocato o un fioco mugolio, e il cuoco mezzosangue gli gridava: "Ehi Buck, svegliati!". Ed ecco che l'altro mondo svaniva, e gli tornava negli occhi il mondo reale; ed egli si alzava e sbadigliava e si stirava come se avesse dormito.


(Jack London; "Il richiamo della foresta")

Non pensi che questo sia di buon auspicio?

(...) spero che qualche Essere Supremo mi aiuti mentre scalo questa piccola altura e ancor più quando affronterò sforzi più significativi. Mi ricordo che dicevi di avere la sensazione che uno spirito benigno fosse il tuo custode... anche a me è venuto lo stesso pensiero di recente, perché certe cose che faccio quasi a caso poi mi sembrano azzeccate in dieci modi diversi. È troppo presuntuoso pensare che sia Shakespeare questo custode? Quando ero sull'Isola di Wight, nel corridoio della casa in cui alloggiavo mi sono imbattuto in un ritratto di Shakespeare, più vicino a come me lo raffiguro di quanti ne abbia mai visti. Sono rimasto là solo una settimana, eppure - nonostante me ne sia andato in fretta e furia - la vecchia padrona di casa me l'ha fatto portare via con me. Non pensi che questo sia di buon auspicio? Sono contento di sentirti dire che tutti gli uomini che nutrono grandi idee a volte patiscono gli stessi miei tormenti.


(John Keats; Lettera a Benjamin Haydon, 1817)

Tu che hai sentito il vento dell'inverno

(...) Non ho letto nessun libro... il mattino mi diceva: "Fai bene". Non pensavo ad altro che al mattino, e il tordo mi diceva: "Fai bene"... e sembrava dire: 

Tu che hai sentito il vento dell'inverno
e hai visto cupe nubi tra la nebbia
e cime di olmi tra le stelle fredde
potrai mietere il grano in primavera. 
Tu che hai avuto per libro solo il lume
del buio più profondo, che hai assorbito 
di notte in notte, quando Febo è assente, 
vedrai un triplice albore in primavera. 
Non badare al sapere: io non so nulla, 
ma con il caldo il canto esce istintivo.
Non badare al sapere: io non so nulla,
ma la sera mi ascolta. Chi si strugge 
pensando di esser pigro non è pigro, 
ed è sveglio chi pensa di dormire.

Saluti affettuosi dal tuo amico
John Keats


(John Keats; Lettera a John Hamilton Reynolds, 1818)

...chi riceve e chi dà ottiene gli stessi vantaggi

L'uomo non dovrebbe contraddire o fare delle affermazioni, ma sussurrare le proprie scoperte nell'orecchio del suo simile, così che ogni germoglio spirituale possa trarre la linfa dal suolo etereo e ogni essere umano abbia la possibilità di diventare grande. In tal modo l'umanità, invece di essere un'ampia brughiera piena di rovi e ginestre spinose, con qua e là una quercia o un pino isolato, diventerebbe una grandiosa democrazia di alberi da bosco. Per spronarci è stato spesso usato un paragone: quello dell'alveare. Tuttavia a me sembra che sarebbe meglio essere il fiore che l'ape, perché è sbagliato pensare che si guadagni più nel ricevere che nel dare: no, chi riceve e chi dà ottiene gli stessi vantaggi. Il fiore senza dubbio riceve un lauto compenso dall'ape: i suoi petali avranno un colore più vivace la primavera successiva.


(John Keats; Lettera a John Hamilton Reynolds, 1818)

giovedì 6 febbraio 2025

Perché sforzarsi a scrivere un poema?

(...) e la gente si chiede: "Perché sforzarsi a scrivere un poema?". E io rispondo: "Agli amanti della poesia non piace forse avere una piccola contrada in cui andare a zonzo, dove poter piluccare qua e là, dove ci sono così tante immagini che molte vengono dimenticate e poi riscoperte a una seconda lettura, tanto da fornire nutrimento per una settimana mentre si va a passeggio d'estate? (...)". E poi il poema mette alla prova la capacità creativa, che secondo me è la stella polare della poesia, così come la fantasia è la velatura e l'immaginazione il timone.


(John Keats; Lettera a Benjamin Bailey, 1817)

Lectio magistralis

Se mi vedessero stare in piedi
immobile, in mezzo
ai miei fiori, come
in questo istante,
penserebbero che
sto tenendo loro una lezione. Invece
sono io che ascolto
e loro che parlano.

Lì, in mezzo a loro,
mi insegnano la luce.


(Nikifòros Vrettàkos)

Rooftops at Sunset from the Pincio, Rome

domenica 26 gennaio 2025

Ah, vorrei tanto che tutte le tue ansie scomparissero

Ah, vorrei tanto che tutte le tue ansie scomparissero come la tua sorpresa passeggera di fronte al fatto che l'immaginazione è qualcosa di autentico! Non sono certo di nulla al di fuori di questo: che gli affetti del cuore sono sacri e l'immaginazione è reale. Ciò che l'immaginazione coglie come qualcosa di bello deve essere vero, che sia esistito o meno.


(John Keats; Lettera a Benjamin Bailey, 1817)

Ma a chi ama l'alloro a volte avviene

(...)
Ma a chi ama l'alloro a volte avviene
di riuscire a scordare le sue pene: 
abbagliato, non pensa che ci sia -
nell'acqua, in terra, in aria - che poesia. 
Si dice, George - lo credo anch'io, del resto
(Spenser disse a Libertas proprio questo) -,
che il poeta, estasiato, può vedere
volteggiare nell'aria bianche schiere
di corsieri montati da eleganti 
cavalieri che giostrano festanti; 
che il lampo non sia altro che il segnale
dell'aprirsi del loro ampio portale; 
che se il guardiano squilla la sua tromba,
solo per il poeta qui rimbomba;
e che se si apre quell'ardente breccia,
ogni corsiero subito vi sfreccia. 
Col suo sguardo il poeta può osservare
le loro sale d'oro e il festeggiare:
dame di uno splendore più divino
dei bagliori che sogna un serafino,
calici che traboccano impetuosi,
come nel sole i getti luminosi, 
vino che scende giù con il fulgore
di una stella cadente. Nel chiarore
più lontano si scorge un pergolato, 
ma di mirarne i fiori non è dato 
ai mortali - così il dio Apollo impose -, 
o il poeta odierebbe anche le rose. 
Presso quel sito ameno si distendono 
chiare fontane, da cui snelli scendono, 
scambiando baci, i loro getti fini
come i rivoli argentei sui delfini
che, riemersi dalle acque più profonde,
scherzano con la coda in mezzo alle onde.
Queste e molte altre meraviglie spia
colui che si è imbevuto di poesia.
Se a capo nudo esce a passeggiare
di sera, potrà forse contemplare 
solo le cupe volte silenziose
e il tremolio di gemme luminose,
o la luna che, casta, si contorna
di bianche nubi e il suo bel viso adorna,
salendo passo dopo passo in cielo 
come una dolce suora nel suo velo?
Certo che no! Vedrà, tra le altre cose, 
quelle feste notturne misteriose.
Se mai potrò ammirare tali incanti,
ti stupirò con storie strabilianti.


(John Keats)

Allegria

Faceva freddo. Il vento
Mi tagliava le dita.
Ero senza fiato. Non ero
stato mai più contento.


(Giorgio Caproni)

lunedì 20 gennaio 2025

Sento di non poter esistere senza poesia

Quando mi scrivi, di' due parole su qualche brano di Shakespeare che ti è apparso in una nuova luce, cosa che accade di continuo pur rileggendo lo stesso dramma quaranta volte... Per esempio, i seguenti versi della Tempesta non mi hanno mai colpito così tanto quanto in questo momento:

"...i folletti,
durante l'ampia notte in cui essi agiscono,
avranno tutti effetto su di te..."

E come posso non portare alla tua attenzione questo verso:

"dentro l'abisso oscuro del passato..."

Sento di non poter esistere senza poesia... senza la poesia eterna... mezza giornata non mi basta... o l'intera giornata.


(John Keats; Lettera a John Hamilton Reynolds, 1817)

"ecco il mio conforto"

Stamattina a colazione mi sentivo piuttosto solo, perciò ho tirato fuori dalla cassa un libro di Shakespeare... "ecco il mio conforto".


(John Keats; Lettera a George e Tom Keats, 1817)

domenica 19 gennaio 2025

...come un fardello d'immortalità

Stamattina è stata la poesia a trionfare... sono ricaduto in quei pensieri astratti che sono la mia unica vita. Sento di essere sfuggito a un nuovo dolore, strano e minaccioso. E ne sono lieto. Sento un terribile calore intorno al cuore, come un fardello d'immortalità. 


(John Keats; Lettera a John Hamilton Reynolds, 1818)