martedì 27 marzo 2018

La sostanza dove io manco

La sostanza dove io manco è tutta avvolta nella coperta
di lana. Di quelli che più volte ho toccato ricordo le
mani le facce le pance le voci le pettinature. Mi stanno
aiutando.
 
(Enigma: io sono la mancanza - la mancanza che sono
- sono ciò da cui manco - sono tutta mancanza - e non
c'è nostalgia - neppure lontananza - essendo ciò che
manca - adesso e sempre - io)
 
 
(Mariangela Gualtieri)

Sto lì a guardare e ammiro ciò che la natura sa fare

Quando mi si dice che sono un sapiente, o un saggio, mi rifiuto di crederlo. Un uomo una volta immerse un cappello in un fiume e lo ritrasse colmo d'acqua. Che vuol dire? Non sono quel fiume. Sono in riva al fiume, ma non faccio nulla. Altri si trovano sulla riva dello stesso fiume, ma molti di loro pensano di doverlo fare essi stessi. Io non faccio nulla. Non penso mai di essere colui che si debba preoccupare che le ciliegie abbiano gambi. Sto lì a guardare e ammiro ciò che la natura sa fare. C'è una bella antica leggenda di un rabbino. Uno studente andò da lui e disse: "Nei tempi passati vi furono uomini che videro Dio in faccia. Perché questo non accade più?". Il rabbino rispose: "Perché oggi nessuno sa chinarsi tanto". Bisogna chinarsi un poco, per attingere l'acqua del fiume. La differenza fra me e la maggior parte degli altri uomini è che per me i "muri divisori" sono trasparenti. È questa la mia caratteristica. Altri ritengono i muri così spessi, che al di là di quelli non vedono nulla, e perciò credono che non vi sia nulla. In un certo qual modo io percepisco i processi che si verificano nel profondo, e da ciò deriva la mia certezza interiore. Chi non vede nulla non ha nessuna certezza, e non può pervenire a nessuna conclusione, o non può fidarsi delle sue conclusioni. Non so che cosa mi abbia consentito di percepire la corrente della vita. Probabilmente l'inconscio stesso, o forse i miei primi sogni. Essi hanno deciso il mio cammino fin dall'inizio.
 
 
(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")

giovedì 15 marzo 2018

...possedevo tutto ciò che ero, e solo questo

(...) accadde una cosa strana: ebbi la sensazione che tutto il passato mi fosse all'improvviso tolto violentemente. Tutto ciò che mi proponevo, o che avevo desiderato, o pensato, tutta la fantasmagoria dell'esistenza terrena, svanì, o mi fu sottratto: un processo estremamente doloroso. Nondimeno qualcosa rimase: era come se adesso avessi con me tutto ciò che avevo vissuto e fatto, tutto ciò che mi era accaduto intorno. Potrei anche dire: era tutto con me, e io ero tutto ciò. Consistevo di tutte quelle cose, per così dire; consistevo della mia storia personale, e avvertivo con sicurezza: questo è ciò che sono. "Sono questo fascio di cose che sono state e che si sono compiute." Questa esperienza mi dava la sensazione di un'estrema miseria, e, al tempo stesso, di grande appagamento. Non vi era più nulla che volessi o desiderassi. Esistevo, per così dire, oggettivamente; ero ciò che ero stato e che avevo vissuto. Dapprima certamente prevalse il senso dell'annientamento, di essere stato spogliato, saccheggiato; ma poi tutto ciò perse importanza. Ogni cosa parve passato, rimase fait accompli, senza più alcun legame con ciò che era stato. Non sussisteva più il rimpianto che qualcosa fosse scomparsa o fosse stata sottratta. Al contrario, possedevo tutto ciò che ero, e solo questo.
 
 
(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")

Giornata piovosa


mercoledì 14 marzo 2018

Se una volta tanto si facesse

Se una volta tanto si facesse
tutto così completamente silenzioso!
Se la casualità e l'imprecisione
ammutolissero, e il riso di chi mi sta vicino,
se il clamore che producono i miei sensi
non mi impedisse così tanto nella veglia - :
 
potrei, allora, in un pensiero dalle mille forme,
pensarti fino al tuo confine,
e possederti (come il tempo appena di sorridere)
per donarti poi a ogni vita
come un grazie.
 
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Wenn es nur einmal so ganz stille ware.
Wenn das Zufallige und Ungefahre
verstummte und das nachbarliche Lachen,
wenn das Gerausch, das meine Sinne machen,
mich nicht so sehr verhinderte am Wachen - :
 
Dann konnte ich in einem tausendfachen
Gedanken bis an deinem Rand dich denken
und dich besitzen (nur ein Lacheln lang),
um dich an alles Leben zu verschenken
wie einen Dank.
 
 
(Rainer Maria Rilke)

Amo, della mia natura, le ore oscure

Amo, della mia natura, le ore oscure,
nelle quali i miei sensi vanno nel profondo;
in esse, come in vecchie lettere,
ho trovato già vissuta la mia vita quotidiana,
e distante come una leggenda, ormai passata.
 
Sono loro ad insegnarmi che c'è spazio in me
per una vasta nuova vita senza tempo.
E sono a volte come l'albero che sta sopra una tomba,
maturo e frusciante - lui che porta alla pienezza il sogno
che il fanciullo, morto (radici calde intorno
gli s'affollano), in tristezze e canti aveva perso.
 
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Ich liebe meines Wesens Dunkelstunden,
in welchen meine Sinne sich vertiefen;
in ihnen hab ich, wie in alten Briefen,
mein taglich Leben schon gelebt gefunden
und wie Legende weit und uberwunden.
 
Aus innen kommt mir Wissen, dass ich Raum
zu einem zweiten zeitlos breiten Leben habe.
Und manchmal bin ich wie der Baum,
der, reif und rauschend, uber einem Grabe
den Traum erfullt, den der vergangne Knabe
(um den sich seine warmen Wurzeln drangen)
verlor in Traurigkeiten und Gesangen.
 
 
(Rainer Maria Rilke)

lunedì 5 marzo 2018

Il libro delle croci

 
Da quel gabbione uscii...
Nessuno mi guardava.
Per quale distrazione?
Per quale pensiero immerso
senza pietà nel cuore?
Per quale esclusiva
incomunicabile passione?
Come una vecchia carta,
un pezzo di giornale trascinato
sul lastrico dal vento,
vagavo, ignorato, contro i cantoni
di marmo e ottone,
gli alberelli severi del Nord,
i vetri di una Banca...
Il futuro dell’uomo!
Nessuno sapeva più nulla della pietà,
della speranza: sapevano
in questa accanita città,
solamente il futuro, come già seppero la vita.
Ognuno l’aveva in cuore,
passione quotidiana, scontata
novità, luce della nuova storia.
E io senza più capire
cosa aveva potere d’importargli,
di avere per loro significato
di farli ridere, di farli piangere,
ero un vecchio pezzo di giornale
trascinato dal nuovo vento
tra i loro piedi di Angeli.
 
 
(Pier Paolo Pasolini)