lunedì 25 dicembre 2017

Mi sento alla vigilia di qualche strenua avventura

- Giovedì 28 marzo 1929
 
Mi sento alla vigilia di qualche strenua avventura: si, come se questa giornata di primavera fosse il dischiudersi, il portale, la soglia che varcherò per lanciarmi in una nuova esperienza. Perciò quando mi sveglio presto scaccio i miei terrori dicendo a me stessa che avrò bisogno di molto coraggio...
 
 
(Virginia Woolf; "Diari")

...quella che chiamo "realtà"

- Lunedì 10 settembre 1928
 
Questa è stata un'estate animatissima: un'estate vissuta quasi troppo in pubblico. Spesso qui sono entrata in un santuario, un convento, un ritiro religioso; con grande angoscia una volta, e sempre un po' di terrore: si ha tanta paura della solitudine; di vedere fino in fondo alla coppa. Quella è una delle esperienze che ho fatto qui a volte in agosto; e sono arrivata a una consapevolezza di quella che chiamo "realtà": una cosa che vedo di fronte a me; qualcosa di astratto, ma che risiede nelle colline o nel cielo; rispetto alla quale nulla conta; nella quale io riposerò e continuerò a esistere. La chiamo realtà. E immagino talvolta che questa sia la cosa che mi è più necessaria: quella che cerco. Ma chissà - una volta presa la penna per scrivere? Come è difficile non cercar di fare della realtà questa o quella cosa, mentre è una cosa sola. Questo è forse il mio dono; questo è forse ciò che mi distingue dagli altri; penso che possa essere raro avere una sensazione così acuta di qualcosa di simile - ma, ancora una volta, chissà? 
 
 
(Virginia Woolf; "Diari)

Adorazione del Bambino

 

lunedì 11 dicembre 2017

amare amabam

Nondum amabam, et amare amabam...
quaerebam quid amarem, amans amare.
 
-----
 
Non amavo ancora, tuttavia amavo amare... 
cercavo qualcosa da amare, amando amare. 
 
 
(Sant'Agostino; "Confessioni")

Questa idea mi piaceva... Esser solo, senza beni, senza prestigio

Il vasto paese che si estende tra le bocche del Danubio e quelle del Boristene, un triangolo del quale ho percorso almeno due lati, vanta alcune tra le regioni più sorprendenti del mondo, almeno per noi, nati sulle rive del Mare Interno, avvezzi ai paesaggi nitidi e aridi del Sud, alle colline, alle penisole. Laggiù, m'è accaduto di adorare la dea Terra, come qui adoriamo la dea Roma; e non parlo tanto di Cerere, quanto d'una divinità più antica, anteriore persino alla scoperta delle messi. Il nostro suolo greco o latino, sostenuto ovunque dall'ossatura delle rocce, ha l'eleganza schietta d'un corpo virile: la terra scita aveva l'opulenza un po' greve d'un corpo riverso di donna. La pianura si confondeva con il cielo. Non finivo mai di stupirmi di fronte al miracolo dei fiumi: quella vasta terra vuota rappresentava soltanto un declivio e un alveo. I corsi d'acqua da noi sono brevi: non ci si sente mai lontano dalle sorgenti. Ma quel flusso enorme che sfociava in estuari intricati trascinava il fango di un continente sconosciuto, i ghiacci di regioni inabitabili. (...) Vi erano giorni in cui la neve, sulla steppa, cancellava tutti i contorni, già appena discernibili; si galoppava in un mondo di spazio puro, di atomi puri. Il gelo donava alle cose più banali, alle più molli, una trasparenza, e nello stesso tempo una durezza celeste. (...) Quante volte, in primavera, quando il disgelo mi consentì di avventurarmi nelle regioni dell'interno, m'è accaduto di volgere le spalle all'orizzonte del Sud, che racchiudeva i mari e le isole note, a quello dell'Occidente, ove in qualche posto il sole tramontava su Roma, e di sognare d'inoltrarmi in quelle steppe, oltrepassare i contrafforti del Caucaso, verso nord o verso gli estremi confini dell'Asia. Quali climi, quale fauna, quali razze d'uomini avrei scoperto, quali imperi, ignari di noi come noi di loro, o tutt'al più informati della nostra esistenza grazie a qualche mercanzia, giunta loro attraverso lunghe serie di mercanti, rara per essi quanto lo è per noi il pepe dell'India, il chicco d'ambra delle regioni baltiche? A Odessos, un mercante tornato da un viaggio di vari anni in quei luoghi mi donò una pietra verde, quasi diafana, che pare sia considerata sacra in un regno immenso di cui egli solo aveva costeggiato i confini, e di cui quell'individuo, inteso solo al suo profitto, non aveva osservato i costumi né gli dèi. Quella gemma bizzarra fece su me la stessa impressione d'una pietra caduta dal cielo, una meteora d'un altro mondo. Conosciamo ancora piuttosto male la configurazione della terra; e non capisco come ci si rassegni a tale ignoranza. Invidio coloro che riusciranno a compiere il giro dei duecentocinquantamila stadi greci calcolati così bene da Eratostene, percorrendo i quali ci si ritroverebbe al punto di partenza. M'immaginavo nell'atto di prendere semplicemente la decisione di continuare a camminare davanti a me, sulla pista che ormai sostituiva le nostre strade. Questa idea mi piaceva... Esser solo, senza beni, senza prestigio, senza alcuno dei benefici d'una qualsiasi cultura, tra uomini nuovi, nel cuore di mondi vergini... Va da sé che era solo un sogno, il più breve di tutti. Quella libertà che inventavo non esisteva che nella mia fantasia: presto, mi sarei creato di nuovo tutto quello a cui avrei rinunciato. Dappertutto non sarei stato altro che un romano in esilio: una specie di cordone ombelicale mi legava all'Urbe. Forse, in quegli anni, al rango di tribuno, mi sentivo legato all'impero più strettamente di quel che non lo sia oggi, da imperatore, per la stessa ragione che le ossa del polso sono meno libere del cervello. Ciò nonostante, quel sogno mostruoso, che avrebbe fatto fremere i nostri avi, saggiamente confinati nella loro terra del Lazio, io l'ho fatto, e l'averlo avuto solo un istante mi rende diverso da essi per sempre. 


(Marguerite Yourcenar; "Memorie di Adriano")

domenica 10 dicembre 2017

...ci vuole un ampio spazio per una cosa così grande

Cosa grande e vasta è la saggezza, ha bisogno di avere libero il campo; oggetto di apprendimento devono essere il divino e l'umano, il passato e il futuro, il transeunte e l'eterno, il tempo. In relazione a quest'ultima entità considera quante nozioni si richiedono: anzitutto se il tempo sia qualcosa di per se stesso, poi se esista qualcosa prima del tempo e senza il tempo; se il tempo sia cominciato con l'universo o se, qualora sia esistito qualcosa prima dell'universo, allora sia esistito anche il tempo. Innumerevoli questioni hanno per oggetto soltanto l'anima: da dove proviene, qual è la sua natura, quando comincia a esistere, quanto a lungo dura la sua esistenza, se passi da un luogo a un altro e muti i suoi domicili, trasferita in successione da una forma di essere animato a un'altra, o se non svolga le sue funzioni più di una volta e, rimessa in libertà, non erri nel gran tutto dell'universo; se abbia consistenza corporea, che cosa sia destinata a fare dopo aver cessato di fare qualcosa per il nostro tramite, come utilizzerà la sua libertà una volta fuggita da questo carcere; se si dimenticherà di tutto il suo passato e comincerà a prendere nozione di sé dal momento in cui, staccatasi dal corpo, si sia ritirata nelle sfere superne. Qualunque parte dell'umano e del divino tu abbia abbracciato, sarai fiaccato dalla mole enorme di cose che devono essere indagate e apprese. Affinché questi problemi così numerosi, così importanti possano trovare libera ospitalità, è indispensabile eliminare dall'animo tutto ciò che è superfluo. La virtù non si acconcerà entro questi angusti confini: ci vuole un ampio spazio per una cosa così grande. Si elimini tutto il resto, il nostro cuore sia interamente libero per lei sola.
 
 
(Seneca; "Lettere a Lucilio")

E una sola cosa, su tutto, splende: la pace mia interiore

Guardando in faccia la vita e la morte, non le temo, forse le amo entrambe. In cielo e in terra, un perenne passaggio. E tutto si sovrappone, si confonde, e una sola cosa, su tutto, splende: la pace mia interiore, la mia sensazione costante d'essere nell'ordine, di potere in qualunque istante chiudere senza rimorso gli occhi per l'ultima volta. In pace con me stessa.
 
 
(Sibilla Aleramo; "Una donna")

venerdì 8 dicembre 2017

Adattarsi ai sentimenti umani comuni

- Domenica 16 febbraio 1930

Ecco quel che riassume Byron... Una gamma più vasta degli altri poeti; se solo fosse riuscito a dare ordine al tutto. Avrebbe potuto essere un romanziere.
(...) La verità potrebbe essere che se uno è caricato a un voltaggio così alto non riesce ad adattarsi ai sentimenti umani comuni; deve posare; fare il rapsodo; non si adatta a niente. Nel Registro della Locanda scrisse di avere 100 anni. Ed è vero, se si misura la vita in base ai sentimenti. 


(Virginia Woolf; "Diari")

Non ho fatto che leggere

- Domenica 8 dicembre 1929

Non ho fatto che leggere e ho finito direi una pila alta tre piedi di manoscritti letti anche con attenzione; molti di essi al limite, e sui quali dovevo riflettere. Ora, liberata da questo peso, posso cominciare a leggere gli elisabettiani - quelli poco noti che io, ignorante come sono, non ho mai sentiti nominare, Puttenham, Webb, Harvey. Questo pensiero mi riempie di gioia - e non esagero. Incominciare a leggere con una penna in mano, scoprire, avventarsi su qualcosa, pensare a una teoria quando il terreno è inesplorato, resta una delle mie grandi emozioni.


(Virginia Woolf; "Diari")

giovedì 30 novembre 2017

E non c'è nessuno che mi possa fare veramente del male

I domini dell'anima e dello spirito sono tanto vasti e infiniti che un po' di disagio fisico e di dolore non ha troppa importanza, io non ho la sensazione di essere privata della mia libertà e non c'è nessuno che mi possa fare veramente del male.
 
 
(Etty Hillesum)

...misura l'animo umano, dimmi quanto è grande

Omero era un filosofo (...) Infatti, ora fanno di lui uno stoico, cioè un uomo che approva soltanto la virtù e rifugge i piaceri e che non si allontana dall'ideale dell'onestà neppure in cambio dell'immortalità, ora un epicureo, che apprezza la condizione di una città pacifica e che trascorre la vita tra banchetti e canti, ora un peripatetico, che ammette tre generi di beni, ora un seguace dell'Accademia, il quale afferma che tutto è incertezza. È evidente che nessuna di queste dottrine sussiste in lui, perché ci sono tutte, ma esse si escludono a vicenda. Concediamo pure a loro che Omero fosse un filosofo; in questo caso non c'è dubbio che egli divenne saggio prima di avere alcuna nozione di poesia. Cerchiamo dunque di apprendere ciò che rese Omero un filosofo. A mio parere, ricercare se sia vissuto prima Omero o Esiodo attiene al nostro problema non più di quanto interessi sapere perché mai Ecuba, pur essendo più giovane di Elena, portasse tanto male i propri anni. E allora, dico io, tentare di stabilire l'età di Patroclo e di Achille pensi che abbia qualche importanza? Cerchi in quali terre Ulisse abbia errato invece di fare in modo che noi non cadiamo perennemente in errore? Non ho tempo di stare a sentire se Ulisse fu sbattuto tra l'Italia e la Sicilia o al di là del mondo a noi conosciuto (infatti non avrebbe potuto errare tanto a lungo in uno spazio così angusto): le tempeste dell'animo ci agitano ogni giorno con violenza e la nostra depravazione ci spinge irresistibilmente in tutte le disavventure incontrate da Ulisse. Non manca la bellezza che stimola i nostri occhi; non manca il nemico; da una parte, mostri efferati e ghiotti di sangue umano, dall'altra, insidiosi allettamenti delle orecchie; e ancora ne derivano naufragi e ogni varietà di sventure. Insegnami come amare la patria, mia moglie, mio padre, come navigare anche dopo un naufragio verso quelle mete così nobili. (...) Il geometra mi insegna a misurare i latifondi invece di insegnarmi a misurare quanto basta per l'uomo: mi insegna a fare i conti e predispone le mie dita alla cupidigia invece di insegnarmi che codesti calcoli non servono a nulla, che non è più felice chi ha un patrimonio tale da affaticare una squadra di contabili. Dovrà anzi insegnarmi quanti beni superflui possiede colui che si sentirà infelicissimo, se sarà costretto a calcolare da sé quanto realmente possiede. Che cosa mi giova saper dividere in parti un campicello, se non so dividerlo con mio fratello? Che cosa importa calcolare con precisione i piedi di un iugero e valutare se qualche frazione è sfuggita a una pertica, qualora sia amareggiato da un vicino prepotente, uno che carpisce qualcosa del mio? Mi insegna come non perdere alcuno dei terreni di cui sono legittimo proprietario; ma io voglio imparare a perderli tutti con animo sereno. "Sono cacciato" si dice "dal campo di mio padre e di mio nonno." E allora? Prima di tuo nonno chi lo occupava? Sei in grado di spiegarmi non dico quale uomo, ma quale popolo lo abbia posseduto in origine? Non vi sei entrato come padrone, ma come colono. Colono di chi? Se per te tutto va liscio, del tuo erede. Gli esperti di diritto sostengono che nessun bene pubblico è soggetto a usucapione; ebbene, ciò che possiedi, ciò che definisci tuo, appartiene a tutti e, per essere più precisi, al genere umano. O che arte egregia! Sai misurare i cerchi, trasformi in quadrato qualsiasi figura ti si presenti, determini le distanze fra le costellazioni, non c'è nulla che non cada sotto la tua misura. Se sei un maestro nella tua arte, misura l'animo umano, dimmi quanto è grande, dimmi quanto è piccolo. Sai che cosa è la retta. Bene, ma che ti giova se ignori ciò che sia nella vita la rettitudine? 
 
 
(Seneca; "Lettere a Lucilio")

Death of Sappho


L'ultima

L’ultima foglia trema sul platano, perché sa bene
che ciò che non vacilla non è saldo.
Tremo, mio Dio, perché intuisco
che presto morirò e dovrei essere saldo.
Da ogni albero cadrà anche l’ultimissima foglia,
perché esso non è privo di fiducia nella terra.
Da ogni uomo cadrà anche l’ultima finzione,
perché la tavola nell’obitorio è del tutto semplice.
La foglia non deve, Dio mio, supplicarti di nulla,
l’hai fatta crescere e non ha guastato il tuo intento.
 
Ma io...
 
 
(Vladimír Holan)

martedì 21 novembre 2017

...il sentimento dell'infinito

Dopo la malattia, cominciò per me un fruttuoso periodo di lavoro, molte delle mie opere principali furono scritte solo allora. La conoscenza o l'intuizione che avevo avuto della fine di tutte le cose mi diede il coraggio di intraprendere nuove formulazioni. Da allora in poi non mi sono mai liberato completamente dall'impressione che questa vita sia solo un frammento dell'esistenza che si svolge in un universo tridimensionale disposto a tale scopo. Pur rifuggendo dalla parola "eterno", posso descrivere la mia esperienza solo come beatitudine della condizione non temporale, nella quale presente, passato e futuro sono una cosa sola. È decisivo che l'uomo sia orientato verso l'infinito, è il problema essenziale della sua vita; quanto più un uomo corre dietro ai falsi beni e quanto meno è sensibile a ciò che è essenziale, tanto meno soddisfacente è la sua vita, si sentirà limitato, perché limitati sono i suoi scopi. Se riusciamo a capire e a sentire che già in questa vita abbiamo un legame con l'infinito, i nostri desideri e i nostri atteggiamenti mutano, ma possiamo raggiungere il sentimento dell'infinito solo se siamo differenziati al massimo livello possibile, se so di essere unico nella mia combinazione individuale e cioè limitato, posso prendere coscienza anche dell'illimitato, perciò, l'uomo ha bisogno per prima cosa di conoscere se stesso, guardando senza reticenze quanto bene può fare, ma anche di quale infamia è capace.


(Carl Gustav Jung)

Ma cos'è la luce?

- Venerdì 4 gennaio 1929 

Vediamo: la vita è molto solida o molto sfuggente? Sono ossessionata da queste due idee opposte. È sempre stato così: sarà sempre così; affonda fino alle radici del mondo - sul quale mi trovo in questo momento. È anche transitoria, fuggevole, diafana. Passerò come una nube sulle onde. Forse, sebbene cambiamo, volando uno dietro l'altro, così rapidi così rapidi, pure in qualche modo siamo successivi e continui - noi esseri umani; e la luce ci attraversa. Ma cos'è la luce?


(Virginia Woolf; "Diari")

Troppe cose hanno accolto le tue palpebre

Troppe cose hanno accolto le tue palpebre
l’attenzione t’ha consumato le ciglia.
Troppe vie t’hanno ripetuta,
stretta, inseguita.

La città da secoli ti divora
ma per te travede, sogno e sfacelo,
di luci e piogge, lacrime senili
sulla ragazza che passa
febbrile, indomabile, oltre il tempo, oltre un angolo.

Ritorna! Gridano i vecchi di Santa Maria del Pianto,
la ronda della piscina di Siloè
con i cani, gl’ibridi, gli spettri
che non si sanno e tu sai
radicati con te
nel glutine blu dell’asfalto
e credono al tuo fiore che avvampa, bianco −

poiché tutti viviamo di stelle spente.


(Cristina Campo)

sabato 11 novembre 2017

O piuttosto: il cielo vive dentro di me

- 15 settembre 1942, di pomeriggio, le tre.

Ecco, l'albero è sempre lì, l'albero che potrebbe scrivere la mia biografia. Però non è più lo stesso albero - o forse sono io che non sono più la stessa persona? E a un metro dal mio letto c'è la sua libreria, basta che allunghi il braccio sinistro e ho in mano Dostoevskij o Shakespeare o Kierkegaard. Ma non lo farò, ho un gran capogiro. Mi metti davanti ai tuoi massimi enigmi, mio Dio. Ti sono riconoscente per questo, ho anche la forza di affrontarli, di sapere che non c'è risposta. Bisogna saper sopportare i tuoi misteri. Dovrei proprio dormire, per giorni e giorni, dovrei lasciar andare tutto quanto. Il medico diceva ieri che ho una vita interiore troppo intensa, che vivo troppo poco sulla terra, anzi, che vivo quasi ai confini col cielo, che il mio fisico non può reggere a tutto ciò. Forse ha ragione. Quest'ultimo anno e mezzo, mio Dio! E questi ultimi due mesi, che da soli sono stati come una vita intera. E non ho forse avuto delle ore di cui ho detto: se dovessi morire tra poco, quest'ora mi è valsa una vita? Ho avuto spesso delle ore simili. E perché poi non dovrei vivere in cielo? Il cielo esiste, perché non ci si potrebbe vivere? O piuttosto: il cielo vive dentro di me. Devo pensare a un'espressione di una poesia di Rilke: "spazio interno del mondo". Ora devo dormire, e lasciar andare tutto. Mi gira tanto la testa. Non c'è niente che funzioni nel mio corpo. Vorrei guarire presto, ma dalle tue mani accetto tutto come viene, mio Dio. So che è sempre un bene. Ho imparato che un peso può esser convertito in bene se lo si sa sopportare.


(Etty Hillesum; "Diario)

Un grande sogno di piacere scende insieme col crepuscolo

- Napoli, 13 settembre 1891

...Muoio a poco a poco di accoramento. E non ho la forza né di allontanarmi, né di cercare un oblio. Sento il tempo fuggire e la vita scorrere ed il mio tedio ed il mio dolore farsi più profondi ad ogni ora e te lontana lontana... Dammi notizie della tua salute... di tutto quello che mi piace del tuo corpo. E adorami. È una sera calda, tutta chiara, mollissima. Davanti al mio balcone spalancato il Vesuvio fumiga, così da presso che quasi mi sembra tangibile. Napoli e Portici e Resina e tutti i villaggi sono rosei su un mare pallidissimo, dove corrono i battelli a sciami. Un grande sogno di piacere scende insieme col crepuscolo. Ti giuro sull’anima mia, Barbarella, che per averti consentirei a morir domani.


(Gabriele D'Annunzio, a Barbara Leoni)

E ti ringrazio di questo dono di poter leggere negli altri

- 17 settembre 1942

(...) E ti ringrazio di questo dono di poter leggere negli altri. A volte le persone sono per me come case con la porta aperta. Io entro e giro per corridoi e stanze, ogni casa è arredata in modo un po' diverso ma in fondo è uguale alle altre...


(Etty Hillesum; "Diario")

Titania Endormie


Malinconia

Calante malinconia lungo il corpo avvinto 
al suo destino 

Calante notturno abbandono 
di corpi a pien'anima presi 
nel silenzio vasto 
che gli occhi non guardano 
ma un'apprensione 

Abbandono dolce di corpi 
pesanti d'amaro 
labbra rapprese 
in tornitura di labbra lontane 
voluttà crudele di corpi estinti 
in voglie inappagabili 

Mondo 

Attonimento 
in una gita folle 
di pupille amorose 

In una gita che se ne va in fumo 
col sonno 
e se incontra la morte 
è il dormire più vero


(Giuseppe Ungaretti)

In memoria

Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome

Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.

Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse


(Giuseppe Ungaretti, Locvizza il 30 settembre 1916)

domenica 5 novembre 2017

Perché non era la conoscenza che lei desiderava, ma l'unità

Seduta per terra, abbracciata alle ginocchia della signora Ramsay, più vicina possibile, sorridendo al pensiero che la signora Ramsay non avrebbe mai saputo la ragione di quella stretta, immaginò che nelle stanze della mente e del cuore della donna con la quale era materialmente a contatto vi fossero, come i tesori delle tombe dei re, lapidi recanti iscrizioni sacre, che a saperle leggere dicevano ogni verità, ma che non venivano mai offerte apertamente, mai rese pubbliche. Quale arte, nota all'amore o all'astuzia, era necessaria per penetrare quelle stanze segrete? Quale artificio era necessario per diventare, come acque travasate in una stessa brocca, una sola cosa inestricabile con l'oggetto di adorazione? Poteva il corpo raggiungere tale traguardo, o la mente, insinuandosi scaltra nei meandri intricati del cervello? Oppure il cuore? Poteva l'amore, come lo chiamava la gente, rendere una sola cosa lei e la signora Ramsay? Perché non era la conoscenza che lei desiderava, ma l'unità, non le iscrizioni sulle lapidi, niente che si potesse scrivere in una lingua nota agli uomini, ma l'intimità, che è poi sapienza, aveva pensato appoggiando la testa sulle ginocchia della signora Ramsay.


(Virginia Woolf; "Gita al faro")

Alla solitudine

Solitudine mia beata e santa,
così ricca sei tu, pura ed immensa
come un giardino che si desti all’alba.

Solitudine mia beata e santa!
Tieni sbarrate le tue porte d’oro
sì che attenda, di fuori, ogni altra cosa.


(Rainer Maria Rilke)

venerdì 3 novembre 2017

Le donne devono sempre ricordarsi chi sono

Le donne devono sempre ricordarsi chi sono, e di cosa sono capaci. Non devono temere di attraversare gli sterminati campi dell'irrazionalità, e neanche di rimanere sospese sulle stelle, di notte, appoggiate al balcone del cielo. Non devono aver paura del buio che inabissa le cose, perché quel buio libera una moltitudine di tesori. Quel buio che loro, libere, scarmigliate e fiere, conoscono come nessun uomo saprà mai.


(Virginia Woolf)

...il mio stile è di non contrariare mai la mia natura

Mia adorata Eleonora,
gioia e tormento, ormai, della mia vita. Ogni volta che apro una tua lettera, tanto attesa, l'esultanza si annebbia di sconcerto. So che m'attende una lettura faticosa, fra trattini e puntini e sincopi e fratture.

Sempre mi chiedo per quale sortilegio malefico proprio a me - operaio della lingua, e suo artefice - sia toccata la sorte di un amore che ignora le più semplici leggi del ritmo, della sintassi e della punteggiatura. Tante volte te l'ho detto. È come se nel mezzo di una tua recita meravigliosa balbettassi, o parlassi nel più barbarico dei dialetti. Non è servito, e ormai mi adatto al tuo dire, come portando una croce. La porto con l'amore che ti debbo e che ti voglio dare.

Ma perché, allora, tu mi tormenti anche con le tue gelosie? Il bisogno imperioso della vita violenta - della vita carnale, del piacere, del pericolo fisico, dell'allegrezza - mi hanno tratto lontano. E tu - che talvolta ti sei commossa fino alle lacrime dinanzi a un mio movimento istintivo come ti commuovi dinanzi alla fame di un animale o dinanzi allo sforzo d'una pianta per superare un muro triste - tu puoi farmi onta di questo bisogno?

Più triste di ciò, è che so già cosa risponderai, perché se la dolcezza dell'amore è nella conoscenza, la sua amarezza è nella ripetizione. "Quale amore potrai tu trovare, degno e profondo, che vive solo di gaudio?" Così dirai, cercando - lo sai - di spegnere ogni mio anelito di vita. Ebbene, cuore, non te lo permetterò, anche se il tuo cuore dovesse cessare di battere per me.

Ricordo, non lo scorderò mai, quando arrivai in gondola al luogo della tua consunzione notturna dell'attesa. Tu, "la nomade" sempre in tournée, fermasti solo per un momento la tua vita per me, e ora vorresti che pietrificassi la mia. È vero, sono circondato da donne attiranti e ostili, nel loro bisogno di potere su di me - ingenue - ma pronte a donarsi. Vuoi, tu, impedire ch'io riceva il dono?

Io ti ho fatto grandi doni, oltre me stesso. Ho soddisfatto l'ansia di ideale e il desiderio di poesia che vibrava nella tua immaginazione sempre viva. E tu, "La vita scorre - afferrala nell'arte - figlio! - Non attardarti più sulla tua strada - non attardarti!", mi scrivevi e mi scrivi, come se l'arte non sgorgasse dalle viscere del mio corpo, con le passioni. Tu sei, e sarai sempre il mio incantesimo solare e hai fatto sboccare nella mia anima fiumi di poesia. Ma io sono un uomo di disordine, e voglio rimanere tale perché il mio stile è di non contrariare mai la mia natura. Che a volte è fatta di salotti, battute di caccia e corteggiamenti alacri di donne disponibili.

Io ho scritto per te un grande romanzo che traspone in allegoria il mio amore per te, dove eterno i nostri strazii di amanti innamorati, eppure mi tormenti con la gelosia piccina, con l'invidia per le donne più giovani, con l'ira per le forcine bionde che trovi nel mio letto. Ti amo, ma non posso permettere che tu ponga limiti alla mia unica, fragile, preziosissima vita.

Addio, Eleonora.
Tuo per sempre.


(Gabriele D'Annunzio, a Eleonora Duse)

lunedì 30 ottobre 2017

Chi dentro di sé non gioisce quando l'eroe si toglie l'armatura?

...chi biasimerà il comandante della spedizione disperata se, dopo aver osato l'impossibile e usato tutta la sua forza fino all'ultima goccia ed essendosi addormentato senza curarsi del risveglio, ora capisce da un certo prurito all'alluce che è vivo e tutto sommato l'idea non gli dispiace, ma ha bisogno di comprensione e whisky e qualcuno cui raccontare subito la storia delle sue sofferenze? Chi potrà biasimarlo? Chi dentro di sé non gioisce quando l'eroe si toglie l'armatura, e si ferma davanti alla finestra e guarda sua moglie e suo figlio che all'inizio sono molto distanti, ma pian piano si avvicinano sempre di più, finché labbra e libro e testa sono chiaramente davanti a lui, anche se ancora piacevoli e poco familiari per l'intensità del suo isolamento e la rovina degli anni e il perire delle stelle, e finalmente rimettendosi la pipa in tasca e chinando la splendida testa davanti a lei - chi lo biasimerà se rende omaggio alla bellezza del mondo?


(Virginia Woolf; "Gita al faro")

Significare qualcosa di raro nella storia del sentimento umano

A tratti, un senso di ammirazione quasi di estranea mi prendeva per il cammino da me percorso; avevo la rapida intuizione di significare qualcosa di raro nella storia del sentimento umano, d'essere tra i depositari d'una verità manifestantesi qua e là a dolorosi privilegiati...  E, pensosa, mi chiedevo se sarei riuscita un giorno ad esprimere per la salvezza altrui una parola memorabile.


(Sibilla Aleramo; "Una donna")

L'abisso tra il mondo esterno e il mio mondo interiore

(...) Portavo con me pensieri di cui non potevo parlare con nessuno, sarebbero stati solo fraintesi. Avvertivo nel modo più penoso l'abisso tra il mondo esterno e il mio mondo interiore, né potevo ancora cogliere quella interazione tra questi due mondi, che oggi vedo con chiarezza. Scorgevo solo un'insanabile contraddizione tra dentro e fuori. Comunque, fin dal principio mi era chiaro che avrei potuto mettermi in rapporto col mondo esterno e con gli uomini solo se fossi riuscito a mostrare che i contenuti dell'esperienza psichica sono reali e non solo come mie esperienze personali, ma come esperienze collettive, che dunque anche altri possono avere. In seguito, ho cercato di dimostrare questo nelle mie opere scientifiche, ma prima, feci tutto quanto era in mio potere per comunicare a coloro che mi erano vicini, un nuovo modo di vedere. Sapevo, che se non vi fossi riuscito, sarei stato condannato a una solitudine assoluta.


(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")

sabato 14 ottobre 2017

Tu dove sei? Non senti l’immensa angoscia che mi opprime?

- Roma, Lunedì notte 8 / 9 agosto 1887

È notte alta. Io sono solo in questa stanza: il palazzo Barberini è illuminato misteriosamente dalla luna che nasce; il mio letto, la' in fondo, è tutto bianco, così largo che potrebbe accogliere anche il tuo corpo… Se tu venissi! Io ti dicevo che il desiderio del tuo corpo si fa in me ogni giorno più ardente e più torturante. Le immagini del piacere mi incalzano da tutte le parti. È una febbre. Se bene io stia stanco e triste, al sol pensiero che io potrei possederti e stringerti ignuda come una volta, sento un brivido profondo corrermi nelle vene ed una strana vitalità d’amore corrermi nei muscoli ed agitarmi. È una notte tentatrice. La mia stessa languidezza mi fa più voluttuoso ed il desiderio di dimenticare il dolore e la miseria reale mi fa avido di piaceri sensuali… La fontana del giardino Barberini canta più dolce di un usignolo in un bosco di rose all'alba prima. Tu dove sei? Non senti l’immensa angoscia che mi opprime? Non senti il mio desiderio che attraversa gli spazi infiniti e viene a cercarti ed infiammarti l’anima nel sonno? Come ti amo Barbara! E come questo mio dolore è al di sopra delle forze umane!

Sento una specie di soffocazione. Mi pare quasi che io non debba giungere all’alba. Aiutami! Aiutami tu!

Gabriel


(Gabriele D'Annunzio; lettera a Barbara Leoni)

...il più umano dei dolori

Nel silenzio che seguì, vidi per la prima e l'ultima volta quel viso sempre illuminato come da una visione interna, oscurarsi, alterarsi, esprimere il più umano dei dolori, la semplice profonda sofferenza di chi si sente abbandonato...


(Sibilla Aleramo; "Una donna")

Autunno

Le foglie cadono da lontano, quasi
giardini remoti sfiorissero nei cieli;
con un gesto che nega cadono le foglie.

Ed ogni notte pesante la terra
cade dagli astri nella solitudine.

Tutti cadiamo. Cade questa mano,
e ogni altra mano che tu vedi.

Ma tutte queste cose che cadono, Qualcuno
con dolcezza infinita le tiene nella mano.

-----

Die Blätter fallen, fallen wie von weit,
als welkten in den Himmeln ferne Gärten;
sie fallen mit verneinender Gebärde.

Und in den Nächten fällt die schwere Erde
aus allen Sternen in die Einsamkeit.

Wir alle fallen. Diese Hand da fällt.
Und sieh dir andre an: es ist in allen.

Und doch ist Einer, welcher dieses Fallen
unendlich sanft in seinen Händen hält.


(Rainer Maria Rilke)

Blu oltremare


Always keep in mind that all are frail


Always keep in mind that all are frail, but none so frail as yourself.


(Tommaso da Kempis)

mercoledì 20 settembre 2017

...ma una volta partita la mente non si ferma più

...ma una volta partita la mente non si ferma più; cammino inventando le frasi, mi siedo componendo delle scene; sono in breve nel bel mezzo della più grande estasi che conosca.


(Virginia Woolf; "Diari" - sabato 22 ottobre 1927)

Fisicamente è come un'onda dolorosa che sale intorno al cuore

Mi sono svegliata forse alle tre. Oh sta cominciando, sta venendo - l'orrore - fisicamente è come un'onda dolorosa che sale intorno al cuore - sballottandomi. Sono infelice, infelice! A terra - Dio, vorrei essere morta. Ma perché mi sento così? Lasciatemi vedere l'onda che mi solleva. Guardo. Vanessa. Bambini. Fallimento. Si, lo vedo. Fallimento fallimento. (l'onda si alza.) Oh hanno riso della mia preferenza per la vernice verde! L'onda si schianta. Vorrei essere morta! Ho soltanto ancora pochi anni da vivere, spero. Non riesco più ad affrontare quest'orrore - (ora l'onda si abbassa su di me). La cosa si ripete, parecchie volte, con varianti di orrore. Poi, nel momento della crisi, invece di continuare intensamente, il dolore si fa piuttosto vago. Sonnecchio. Mi sveglio di soprassalto. L'onda, di nuovo! Il dolore irrazionale; la sensazione di fallimento; di solito qualche incidente specifico, come per esempio la mia preferenza per la vernice verde, o un vestito nuovo da comprare o l'invito a Dadie per il fine settimana, e tutto ricomincia. Alla fine dico, osservando quanto più equamente posso: Ora su, fa una sforzo. Basta così. Ragiono. Faccio un censimento della gente felice e di quella infelice. Raccolgo tutte le forze per respingere per rovesciare per abbattere. Comincio a marciare ciecamente in avanti. Sento cadere gli ostacoli. Mi dico che non importa. Niente è importante. Mi irrigidisco, mi metto diritta e mi riaddormento, mi sveglio per metà e sento l'onda iniziare e osservo la luce che biancheggia e mi chiedo come, questa volta, la colazione e la luce del giorno la sconfiggeranno; e poi sento L. nel corridoio e fingo, per me stessa oltre che per lui, una grande allegria; e in genere sono allegra quando ho finito di far colazione. Lo conoscono tutti questo stato d'animo? Perché ho così poco autocontrollo? Non va a mio onore, non è simpatico. È motivo di molto spreco e pena nella mia vita.


(Virginia Woolf; "Diari" - mercoledì 15 settembre 1926)