lunedì 24 febbraio 2014

Nessun vascello c’è che come un libro

Nessun vascello c’è che come un libro
possa portarci in contrade lontane
né corsiere che superi la pagina
d’una poesia al galoppo -
Questo viaggio può farlo anche il più povero
senza pagare nulla -
tant’è frugale il carro che trasporta
l’anima umana.


(Emily Dickinson)

Gli occhi di Ligeia

Scrutavo nei grandi occhi di Ligeia. Per questi non trovai alcun modello nella remota antichità: forse proprio negli occhi della mia amata si trova il segreto a cui allude Lord Verulamio. Erano, mi sembra, molto più grandi dei comuni occhi della nostra razza, anche più intensi dei più intensi occhi delle gazzelle della valle di Nourjahad; soltanto però, di tanto in tanto, nei momenti di maggiore eccitazione, tale caratteristica di Ligeia si notava molto: in tali momenti la sua bellezza (o forse sembrava tale alla mia fantasia ardente) era quella degli esseri che vivono al di sopra o fuori della terra… La bellezza delle favolose Uri dei Turchi. Le pupille erano del colore nero più lucente, adombrate da lunghissime nere ciglia; le sopracciglia, d’un disegno lievemente irregolare, erano dello stesso colore. Ma la “stranezza” che io trovavo nei suoi occhi era di una natura ben distinta da quella della loro conformazione, colore o splendore e andava, insomma, attribuita all’espressione. Ma che parola senza senso è questa, dietro la cui vasta ampiezza di puro suono si cela tutta la nostra ignoranza di tutto ciò che è spirituale! L’espressione degli occhi di Ligeia… Quante lunghe ore vi ho meditato sopra! Come, durante un’intera notte d’estate, mi sono sforzato di penetrarne il significato! Che cos’era dunque mai questo qualcosa molto più profondo del pozzo di Democrito, che giaceva in fondo alle pupille della mia amata? Che cos’era? Ero ossessionato dalla passione di scoprirlo. Quegli occhi, quelle ampie, quelle splendenti, quelle divine pupille diventarono per me le stelle gemelle di Leda e io divenni, per loro, il più devoto degli astrologhi.


(Edgar Allan Poe; "Ligeia")

martedì 18 febbraio 2014

Leggo poesie a caso

Leggo poesie a caso,
leggo quasi senza pensare a quel che leggo.
Quando incontro un verso triste,
sento nell'anima come una carezza.
Non che mi conforti la tristezza altrui;
è che mi sento meno solo.

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Leo poemas al azar,
leo casi sin pensar en lo que leo.
Cuando me encuentro un verso triste,
siento en el alma como una caricia.
No es que me alivie la tristeza ajena;
es que me siento menos solo.


(Angel Gonzales)

Vorrei essere almeno la mano che ti protegge

Vorrei essere almeno la mano che ti protegge – una cosa che non ho mai saputo fare con nessuno e con te invece mi è naturale come il respiro.


(Cesare Pavese a Bianca Garufi - 21 Ottobre 1945)

Study of Clouds with a Sunset near Rome

 



Ritratto di donna

Deve essere a scelta.
Cambiare, purché niente cambi.
È facile, impossibile, difficile, ne vale la pena.
Ha gli occhi, se occorre, ora azzurri, ora grigi,
neri, allegri, senza motivo pieni di lacrime.
Dorme con lui come la prima venuta, l'unica al mondo.
Gli darà quattro figli, nessuno, uno.
Ingenua, ma è un'ottima consigliera.
Debole, ma sosterrà.
Non ha la testa sulle spalle, però l'avrà.
Legge Jaspers e le riviste femminili.
Non sa a che serva questa vite, e costruirà un ponte.
Giovane, come al solito giovane, sempre ancora giovane.
Tiene nelle mani un passero con l'ala spezzata,
soldi suoi per un viaggio lungo e lontano,
una mezzaluna, un impacco e un bicchierino di vodka.
Dove è che corre, non sarà stanca?
Ma no, solo un poco, molto, non importa.
O lo ama o si è intestardita.
Nel bene, nel male, e per l'amor di Dio.

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Musi być do wyboru.
Zmieniać się, żeby tylko nic się nie zmieniło.
To łatwe, niemożliwe, trudne, warte próby.
Oczy ma, jeśli trzeba, raz modre, raz szare,
czarne, wesołe, bez powodu pełne łez.
Śpi z nim jak pierwsza z brzegu, jedyna na świecie.
Urodzi mu czworo dzieci, żadnych dzieci, jedno.
Naiwna, ale najlepiej doradzi.
Słaba, ale udźwignie.
Nie ma głowy na karku, to będzie ją miała.
Czyta Jaspersa i pisma kobiece.
Nie wie po co ta śrubka i zbuduje most.
Młoda, jak zwykle młoda, ciągle jeszcze młoda.
Trzyma w rękach wróbelka ze złamanym skrzydłem,
własne pieniądze na podróż daleką i długą.
tasak do mięsa, kompres i kieliszek czystej.
Dokąd tak biegnie, czy nie jest zmęczona.
Ależ nie, tylko trochę, bardzo, nic nie szkodzi.
Albo go kocha, albo się uparła.
Na dobre, na niedobre i na litość boską.


(Wislawa Szymborska)

domenica 16 febbraio 2014

L’oggi svanisce

L’oggi svanisce.  È stato un involucro
di fredda luce volta al suo recinto,
alla madre sua cupa, per rinascere.
Lo lascio ora avvolto al suo lignaggio.
È vero, giorno, che anch’io ho partecipato alla luce?
Tempo, son anch’io parte delle tue cateratte?
O mie sabbie, mie solitudini!

Se è vero che ci andiamo,
ci andammo consumando
in piena salsedine
e a colpi di fulmine.
La mia ragione visse alle intemperie,
donai al mare il mio cuore calcareo.

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Se va el hoy. Fue una cápsula
de fría luz que volvió a su recinto,
a su madre sombría, a renacer.
Lo dejo ahora envuelto en su linaje.
Es verdad, día, que partecipé en la luz?
Tiempo, soy parte de tu catarata?
Arenas mías, soledades!

Si es verdad que non vamos,
nos fuimos consumiendo
a plena sal marina
y a golpes de relámpago.
Mi razón ha vivido a la intemperie,
entregué al mar mi corazón calcareo.


(Pablo Neruda)

Amare

Saper vedere
che cade
tra i fiocchi della neve
la piuma bianca dell'uccello migratore
riparato sotto la grondaia.

Ecco
amare.


(Sunay Akin)

mercoledì 12 febbraio 2014

Vorrei chiedervi di scrivere ogni genere di libri

Vorrei chiedervi di scrivere ogni genere di libri, senza esitare di fronte a qualunque argomento, per quanto comune e quanto vasto. In un modo o nell’altro, spero che avrete denaro sufficiente per viaggiare e per oziare, per contemplare il futuro o il passato del mondo, per sognare sui libri e perdere tempo agli angoli di strada e lasciare che la lenza del pensiero peschi a fondo nella corrente.


(Virginia Woolf)

E così avverto un sentimento di venerazione

Quando avrai letto Sestio, dirai: "è vivo, vigoroso, libero, si trova su un piano più alto di quello umano: quando mi allontano da lui sono pieno di enorme fiducia". Quale sia il mio atteggiamento mentale, quando lo leggo, te lo dirò con franchezza: mi viene voglia di sfidare ogni evento, mi compiaccio di esclamare: "Perché indugi, Fortuna? Fatti sotto, vedi, sono preparato". Assumo l'animo di colui che cerca  dove possa dar prova di sé, dove possa mostrare il proprio valore: "Fà voti che tra greggi imbelli gli si offra un cinghiale schiumante o che dal monte discenda un fulvo leone". Mi piace avere qualcosa da vincere, qualcosa che metta alla prova la mia capacità di resistenza. Sestio, infatti, ha anche questa dote egregia: ti mostrerà la grandezza della vita beata e non ti toglierà la speranza di conseguirla: saprai che pur trovandosi a un'altezza sublime, è tuttavia accessibile a chi sa volere. Questo medesimo vantaggio ti sarà assicurato dalla virtù nella sua essenza: che tu possa ammirarla e, in ogni modo, sperare di possederla. Almeno per quanto mi riguarda, molto tempo suole togliermi la contemplazione stessa della saggezza: la guardo con i medesimi occhi estasiati con cui altre volte contemplo l'universo, questo universo che spesso vedo come se fossi uno spettatore del tutto nuovo. E così avverto un sentimento di venerazione per i beni trovati dalla saggezza e per i loro scopritori: è bello accostarsi a questa sorta di retaggio di molti predecessori. Codesti beni acquisiti per me, sono il prodotto di un lungo travaglio. (...) I farmaci dell'animo furono trovati dagli antichi, ma come o quando si applichino, è compito nostro cercare. Molto hanno fatto i nostri antenati, ma non tutto; comunque bisogna tributare a loro un profondo rispetto e venerarli con lo stesso  rituale degli dei. Perché non dovrei avere anche le immagini di uomini grandi come incitamento dell'animo e non dovrei celebrarne i natali? Perché non dovrei citare sempre i loro nomi a titolo di onore? La stessa venerazione che devo ai miei maestri, la devo a quegli insigni maestri del genere umano, da cui fluirono i principi di un bene così prezioso. Ogni volta che vedo un console o un pretore, eseguirò tutti quegli atti con cui si suole tributare onore a una carica onorifica: smonterò da cavallo, mi scoprirò il capo, gli cederò il passaggio per via. E allora? Non accoglierò nel mio animo senza estremo rispetto Marco Catone, l'uno e l'altro, e Lelio il Saggio e Socrate con Platone e Zenone e Cleante? Quanto a me, ho venerazione per loro e appena sento pronunciare nomi così grandi, mi alzo sempre in piedi. Stammi bene.


(Seneca; "Lettere a Lucilio")

The Awakening of Psyche


Una bella poesia è un contributo alla realtà

Una bella poesia è un contributo alla realtà.
Il mondo non è più lo stesso
dopo che gli si è aggiunta
una bella poesia.


(Dylan Thomas)

giovedì 6 febbraio 2014

Tutto

Tutto -
una parola sfrontata e gonfia di boria.
Andrebbe scritta fra virgolette.
Finge di non tralasciare nulla,
di concentrare, includere, contenere e avere.
E invece è soltanto
un brandello di bufera.

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Wszystko -
słowo bezczelne i nadęte pychą.
Powinno być pisane w cudzysłowie.
Udaje, że niczego nie pomija,
że skupia, obejmuje, zawiera i ma.
A tymczasem jest tylko
strzępkiem zawieruchy.


(Wisława Szymborska)

Che cos'è l'erba?

Che cos'è l'erba? Mi chiese un bambino,
portandomene a piene mani;
Come potevo rispondergli? Non so meglio di lui che cosa sia.
Suppongo che sia lo stendardo della mia vocazione,
fatto col verde tessuto della speranza.

O forse è il fazzoletto del Signore,
Un ricordo profumato lasciato cadere di proposito,
Con la cifra del proprietario in un angolo sicché
possiamo vederla e domandarci di Chi può essere?

O forse l'erba stessa è un bambino, il bimbo generato
dalla vegetazione.

O un geroglifico uniforme
Che voglia dire, crescendo tanto in ampi spazi che in strette fasce di terra,
Fra bianchi e gente di colore,
Canachi, Virginiani, Membri del Congresso, gente
comune, io do loro la stessa cosa e li accolgo nello stesso modo.

E ora mi appare come la bella capigliatura delle
tombe.

Ti userò con gentilezza, erba ricciuta,
Forse traspiri dal petto di giovani uomini,
Che avrei potuto amare, se li avessi conosciuti,
Forse provieni da vecchi, o da figli ghermiti appena fuori dai ventri materni,
Ed ecco, sei tu il ventre materno.
Quest'erba è troppo scura per uscire dal bianco capo delle nonne,
Più scura della barba scolorita dei vecchi,
È scura per spuntare dal roseo palato delle bocche.

Oh nonostante tutto io sento il parlottio di tante lingue,
E comprendo che non esce dalle bocche per nulla.

Vorrei poter tradurre gli accenni ai giovani morti, alle
fanciulle,
Gli accenni ai vecchi e alle madri, ai rampolli ghermiti
ai loro ventri.

Che cosa pensate sia avvenuto dei giovani e dei
vecchi?
E che cosa pensate sia avvenuto delle madri e dei
figli?

Vivono e stanno bene in qualche luogo,
Il più minuscolo germoglio ci dimostra che in realtà
non vi è morte,
E che se mai c'è stata conduceva alla vita, e non
aspetta il termine per arrestarla,
E che cessò nell'istante in cui la vita apparve.

Tutto continua e tutto si estende, niente si annienta,
E il morire è diverso da ciò che tutti suppongono, e
ben più fortunato.


(Walt Whitman)

I miei pensieri sorgono e si dileguano nella solitudine

I miei pensieri sorgono e si dileguano nella solitudine,
il verso che vorrebbe rivestirli
si scioglie via come la luce della luna
nel raggio del mattino che si stende:
come eran belli, come stavano decisi,
screziando il cielo stellato come un tessuto di perle!


(Percy Bysshe Shelley)

martedì 4 febbraio 2014

Quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto

Me ne sto qui distesa, sola, in silenzio, avvolta in queste molteplici e nere lenzuola dell’oscurità, della noia, della prigionia invernale – e intanto il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito. E nel buio sorrido alla vita, quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto in grado di sbugiardare ogni cosa triste e malvagia e volgerla in splendore e felicità.

E cerco allora il motivo di tanta gioia, ma non ne trovo alcuno e non posso che sorridere di me. Credo che il segreto altro non sia che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto, a saperci guardare. E anche nello stridere della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello, se solo ci si presta l’orecchio.

In quei momenti penso a voi, a quanto mi piacerebbe potervi dare la chiave di questo incanto, perché vediate sempre e in ogni situazione quel che nella vita è bello e gioioso, perché anche voi possiate sentire questa ebbrezza e camminare su un prato dai mille colori.


(Rosa Luxemburg - Lettera a Sonja Liebknecht)

Atalanta


lunedì 3 febbraio 2014

La mutevolezza

Noi siamo come nuvole che velano la luna a mezzanotte;
così irrequiete sfrecciano, e sfavillano, e fremono, striando
l’oscurità radiosamente! ― eppure subito
la notte si richiude attorno, e le cancella:

o come lire dimenticate, le cui dissonanti corde
rendono a ogni vario soffio del vento una risposta varia,
alla cui fragile struttura nessuna nuova vibrazione apporta
un tono o una modulazione pari all’ultimo.

Noi riposiamo ― e un sogno ha la potenza di avvelenarci il sonno.
Ci alziamo ― e un pensiero errante può inquinare il giorno.
Sentiamo, concepiamo o ragioniamo, ridiamo o piangiamo,
ci disperiamo, o gettiam via ogni affanno:

è tutto uguale! ― Sia una gioia o un dolore,
la via della sua dipartita è sempre aperta:
l’ieri dell’uomo non può mai essere simile al domani;
niente nel mondo può durare, eccetto la Mutevolezza.


(Percy Bysshe Shelley)

sabato 1 febbraio 2014

Foglie gialle

Ma dove ve ne andate,
povere foglie gialle
come farfalle
spensierate?
Venite da lontano o da vicino
da un bosco o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso che vi porta via?


(Trilussa)

Sono una creatura

Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
Così totalmente
disanimata

Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede

La morte
si sconta
vivendo


(Giuseppe Ungaretti - 5 Agosto 1916)