sabato 29 novembre 2014

Giura

Ogni tanto giura di cominciare una vita migliore.
Ma come viene la notte con i suoi consigli
con i suoi mezzucci e con le sue malíe,
ma come viene d'impeto la notte, allora
al corpo che esige e reclama, a quella
stessa fatale gioia egli, smarrito, fa ritorno.


(Konstantinos Kavafis)

giovedì 27 novembre 2014

Le era entrato nel cuore

Le era entrato nel cuore.
Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie
le era entrato nel cuore.
E lì cosa faceva?
Stava.
Abitava il suo cuore come una casa.


(Vivian Lamarque)

Vivere

Chi non ha mai voluto morire
non sa che cosa è vivere
non sa che vivere è aprire una finestra
da dove usciranno stormi di uccelli
e ippocampi fosforescenti
meduse translucide
raggiate
stelle di mare… Ah,
vivere è uscire all’improvviso
dal fondo del mare
e volare…
e volare…
sempre più in alto
come dopo esser morti!

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Quem nunca quis morrer
Não sabe o que é viver
Não sabe que viver é abrir uma janela
E pássaros pássaros sairão por ela
E hipocampos fosforescentes
Medusas translúcidas
Radiadas
Estrelas-do-mar… Ah,
Viver é sair de repente
Do fundo do mar
E voar…
e voar…
cada vez para mais alto
Como depois de se morrer!


(Mário Quintana)

mercoledì 26 novembre 2014

Ciò m'infuse in qualche modo un po' di coraggio

Nonostante tutto lo scrivere è un bene, ora sono più calmo che due ore fa con la Sua lettera, là fuori sulla sedia a sdraio. Stavo coricato e a un passo da me un insetto era caduto sul dorso, ed era disperato di non potersi rizzare; volentieri l'avrei aiutato, era facile aiutarlo, si poteva recargli aiuto con un passo e con una piccola spinta, ma lo dimenticai per via della Sua lettera, non potevo neanche alzarmi, soltanto una lucertola richiamò la mia attenzione sulla vita intorno a me, il suo cammino la portò sopra l'insetto ormai immobile, non era stato dunque, pensai, un infortunio, ma un'agonia, il raro spettacolo della morte naturale di una bestia: ma scivolandogli addosso, la lucertola lo raddrizzò, sicché stette ancora un istante fermo come morto, e poi s'arrampicò di corsa su per il muro della casa, come niente fosse. Ciò m'infuse in qualche modo un po' di coraggio, mi alzai, bevetti il latte e scrissi a Lei...


(Franz Kafka; "Lettere a Milena")

martedì 25 novembre 2014

Le rane

Non più teorie: mi unisco al coro delle rane.
Voglio sentirle gracidare stanotte, circondandomi.
Nel loro alfabeto percepisco una sola vocale
e il gorgoglio dello stagno.

Il piano che ci hanno dato suona le medesime note
fin troppo ripetute. Basta. 
Forse è un angelo quell'ombra
che s'innalza all'entrata della mia caverna.
Non mi risulta.
Le tenebre di Dio mai lasciano vedere qualcosa chiaramente.
Il tempo può girare intorno,
dipende dalla pioggia, dal vento tra gli alberi.
Non più teorie: abbiamo già ascoltato lo spettro,
zittiamo il Principe Amleto.
Per oggi mi bastano le voci delle rane,
voglio sentirle gracidare stanotte più vicine
lasciando che riempiano i miei sensi
con il loro taoismo solitario
fino a cancellare i misteri del mondo.
Con i loro cori mi abbandono all'estrema grazia.


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No más teorías: me sumo al coro de las ranas.
Quiero oírlas croar esta noche, rodeándome.
En su alfabeto percibo una sola vocal
y las burbujas del pantano.
El piano que nos dieron marca las mismas notas
ya demasiado repetidas. Basta.
Tal vez sea un ángel esa sombra
que se eleva a la puerta de mi caverna.
No me consta.
La oscuridad de Dios nunca deja ver nada claro.
El tiempo puede girar en redondo,
depende de la lluvia, del viento entre los árboles.
No más teorías: ya oímos al espectro,
acallemos al Príncipe Hamlet.
Por hoy me bastan las voces de las ranas,
quiero oírlas croar esta noche más cerca
dejando que me llenen los sentidos
con su taoísmo solitario
hasta que se borren los enigmas del mundo.
En sus coros me entrego a la máxima gracia.

(Eugenio Montejo)

Chi guarda fisso verso le stelle

Gli ostacoli non mi fermano. Ogni ostacolo si sottomette alla rigida determinazione. Chi guarda fisso verso le stelle non cambia idea.


(Leonardo da Vinci)

Solitude of the Soul


venerdì 21 novembre 2014

È stato qui Paul Adler

È stato qui Paul Adler. Lo conosci? Cessassero almeno queste visite, tutti gli uomini sono così perennemente vivi, realmente immortali, non nel senso della vera immortalità, ma forse giù nelle profondità della loro vita momentanea. Ho tanta paura di loro. Vorrei leggergli negli occhi ogni desiderio, baciargli i piedi dalla paura e dalla gratitudine, se volesse andar via senza invitarmi a ricambiare la visita. Da solo vivo ancora, ma, quando arriva una visita, questa mi uccide in certo qual modo, per poi potermi far rivivere con la sua forza, ma non possiede tanta forza. Lunedì devo andare da lui e già ne ho la testa confusa.


(Franz Kafka - Settembre 1920)

lunedì 17 novembre 2014

Sola

Diversa da ogni altra,
insostituibile, sola
e di me stessa signora.


(Sibilla Aleramo)

Ascoltavo la pioggia

Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quale fragile ardore
sillabava e moriva.

L'infinito tendeva
ori e stralci di rosso
profumando le pietre
di strade lontane.

Mi abitavano i sogni
odorosi di muschio
quando il fiume impetuoso
scompigliava l'oceano.

...Ascoltavo la pioggia...
domandare al silenzio
quanti nastri di strade
annodavano il cuore.

...E la pioggia piangeva...
asciugandosi al vento
sopra tetti spioventi
di desolati paesi.


(Alda Merini)

Intendo senza arrivare alla coscienza

Intendo senza arrivare alla coscienza, come un cieco al quale si parli di colori. A volte, passando per le strade, colgo brani di conversazioni intime, e si tratta quasi sempre di conversazioni sull'altra donna, sull'altro uomo, sul ragazzo di una o sull'amante dell'altro, (...). Per il solo fatto di sentire queste ombre di discorso umano, che poi in fondo è tutto ciò di cui si occupa la maggioranza delle vite coscienti, porto dentro di me un tedio disgustato, l'angoscia di un esilio fra ragni e l'immediata consapevolezza della mia umiliazione fra gente reale; la condanna, nei confronti del proprietario e del luogo, di essere simile agli altri inquilini dell'agglomerato; di stare a spiare con disgusto, fra le sbarre del retrobottega, l'immondizia altrui che si ammucchia sotto la pioggia in quel cortile interno che è la mia vita.


(Fernando Pessoa; "Il libro dell'inquietudine")

Benché tu non lo sappia

Come la luce di un sogno,
che non appare nel mondo ma esiste,
così ho vissuto io,
illuminando
quella parte di te che non conosci,
la vita che hai passato ai miei pensieri.

E benché tu non lo sappia, io ti ho visto
attraversare la porta senza dire no,
chiedermi un portacenere, curiosare tra i libri,
rispondere al desiderio delle mie labbra
con le tue labbra di whisky,
seguire i miei passi fino alla camera.
Abbiamo anche parlato
nel letto, senza fretta, molte sere,
questo letto d’amore che non conosci,
lo stesso che rimane
freddo quando parti.

Benché tu non lo sappia ti inventavo con me,
facemmo mille progetti, passeggiammo
per tutte le città che ti piacciono,
ricordammo canzoni, scegliemmo rinunce,
imparando entrambi a convivere
tra la realtà e il pensiero.

Spiata all’ombra del tuo orario
o nella notte di un bar con mia sorpresa.
Così ho vissuto io,
come la luce del sogno
che non ricordi quando ti svegli.

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Como la luz de un sueño,
que no raya en el mundo pero existe,
así he vivido yo
iluminado
esa parte de ti que no conoces,
la vida que has llevado junto a mis pensamientos.

Y aunque tú no lo sepas, yo te he visto
cruzar la puerta sin decir que no,
pedirme un cenicero, curiosear los libros,
responder al deseo de mis labios
con tus labios de whisky,
seguir mis pasos hasta el dormitorio.
También hemos hablado
en la cama, sin prisa, muchas tardes
esta cama de amor que no conoces,
la misma que se queda
fría cuanto te marchas.

Aunque tú no lo sepas te inventaba conmigo,
hicimos mil proyectos, paseamos
por todas las ciudades que te gustan,
recordamos canciones, elegimos renuncias,
aprendiendo los dos a convivir
entre la realidad y el pensamiento.

Espiada a la sombra de tu horario
o en la noche de un bar por mi sorpresa.
Así he vivido yo,
como la luz del sueño
que no recuerdas cuando te despiertas.


(Luis García Montero)

domenica 16 novembre 2014

Vorrei parlare con i fiori

Voglio starmene da solo. Vorrei andare nella foresta boema. Maggio, giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre; devo vedere cose nuove e studiarle, voglio gustare acque scure, vedere alberi scricchiolanti, venti selvaggi, voglio osservare stupito marce recinzioni di giardini nel loro essere sempre vive, sentire giovani boschi di betulle e foglie vibranti, voglio vedere luce, sole, e alla sera godermi le umide valli verdazzurre  seguire il luccichio dei pesci dorati, veder crescere nuvole bianche, vorrei parlare con i fiori. Scrutare nell’intimo erbe e uomini rosati, saper dire di antiche chiese dignitose, piccole cupole, voglio correre via senza fermarmi su tondeggianti colline campestri attraverso vasti pianori, voglio baciare la terra e sentire il profumo di morbidi, caldi fiori di muschio; allora darei forma veramente bella ai campi colorati. Di primo mattino vorrei rivedere il sole che sorge e potrei osservare il respiro della terra, scintillante...


(Egon Schiele)

Ben pochi si impressionano per una maschera posticcia

Non c'è alcuno, né da vivo né da morto, cui la virtù non abbia dato la sua ricompensa, purché egli l'abbia seguita lealmente, non se ne sia agghindato e imbellettato, ma sia rimasto eguale a se stesso sia quando si presentava dopo essere stato annunciato sia quando si faceva vedere senza alcuna preparazione e all'improvviso. Simulare non serve a nulla: ben pochi si impressionano per una maschera posticcia; la verità resta identica a se stessa da qualunque lato tu la rigiri. Gli inganni non hanno consistenza. La menzogna è sottile sottile, anzi, se ben guardi, è trasparente.


(Seneca; "Lettere a Lucilio")

sabato 15 novembre 2014

Raccolta di conchiglie

raccolta di conchiglie:
sulla battigia nella foschia sparisce
una donna

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onna kara
saki e kazumu zo
shiohigata


(Kobayashi Issa)

Continuo a esistere quaggiù

Ho di nuovo smesso di fumare. La notte scorsa mi sono svegliato con un tale odio per il tabacco che, quando mi sono alzato, ho distrutto l'ultimo pacchetto di sigarette che avevo, il bocchino e tutto il piccolo arsenale della più grottesca intossicazione che esista. Inutile cercare di togliersi un'abitudine con la volontà; si smette solo quando si arriva al punto di saturazione, alla nausea e all'esasperazione. Si trionfa solo di ciò che si odia, dopo averlo amato.
...
Continuo a esistere quaggiù perché il mio orrore del mondo è insufficiente e non del tutto sincero.


(Emil Cioran)

martedì 11 novembre 2014

Un no più grande

Possiamo vivere come vivono gli altri e tuttavia nascondere un no più grande del mondo: è l'infinito della malinconia…

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Nous pouvons vivre comme les autres vivent et pourtant cacher un non plus grand que le monde : c'est l'infini de la melancolie...


(Emil Cioran)

Storia della notte

Lungo il tempo delle generazioni
Gli uomini eressero la notte.
Era al principio cecità e sonno
E spine che lacerano il piede nudo

E la paura dei lupi.
Mai sapremo chi forgiò la parola
Per l'intervallo d'ombra
Che divide i due crepuscoli;
Mai sapremo in che secolo fu cifra
Dello spazio stellato.
Altri generarono il mito.
La fecero madre delle parche tranquille
Che tessono il destino
E le sacrificavano pecore nere
E il gallo che ne annuncia la fine.
Dodici case le diedero i caldei;
Infiniti mondi, il portico.
Esametri latini la modellarono
E il terrore di Pascal.
Luis de Léon vide in essa la patria
Della sua anima trasalita.
Ora la sentiamo inesauribile
Come un antico vino
E nessuno può contemplarla senza vertigine
E il tempo l'ha affollata d'eternità.


E pensare che non esisterebbe
Senza questi tenui strumenti, gli occhi.

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A lo largo de sus generaciones
los hombres erigieron la noche.
En el principio era ceguera y sueño
y espinas que laceran el pie desnudo
y temor de los lobos.
Nunca sabremos quién forjó la palabra
para el intervalo de sombra
que divide los dos crepúsculos;
nunca sabremos en qué siglo fue cifra
del espacio de estrellas.
Otros engendraron el mito.
La hicieron madre de las Parcas tranquilas
que tejen el destino
y le sacrificaban ovejas negras
y el gallo que presagia su fin.
Doce casas le dieron los caldeos;
infinitos mundos, el Pórtico.
Hexámetros latinos la modelaron
y el terror de Pascal.
Luis de León vio en ella la patria
de su alma estremecida.
Ahora la sentimos inagotable
como un antiguo vino
y nadie puede contemplarla sin vértigo
y el tiempo la ha cargado de eternidad.

Y pensar que no existiría
sin esos tenues instrumentos, los ojos.


(Jorge Luis Borges)

domenica 9 novembre 2014

Alfabeto del mondo

Invano mi attardo a decifrare
l'alfabeto del mondo.
Leggo nelle pietre un oscuro singhiozzo,
echi soffocati tra torri e palazzi,
grazie al tatto indovino la terra
piena di fiumi, paesaggi e colori,
ma quando li copio mi sbaglio sempre.
Per scrivere devo aggrapparmi a una linea
sul libro dell'orizzonte.
Disegnare il miracolo di quei giorni
che galleggiano avvolti nella luce
e si liberano in canti di uccelli.
Quando in strada gli uomini che oscillano
dal rancore alla fatica, cavillosi,
mi si rivelano più che mai innocenti.
Quando il baro, il furfante, l'adultera,
i martiri dell'oro o dell'amore
sono soltanto segnali che non ho saputo leggere,
che ancora non riesco ad annotare nel mio quaderno.
Quanto vorrei che almeno per un istante
questa pagina febbricitante di poesia
incidesse ogni lettera nella sua trasparenza:
la o del ladro, la t del santo
il gotico dittongo del corpo e del suo desiderio,
con la stessa scrittura del mare sulle sabbie,
la stessa cosmica pietà
che la vita distende davanti ai miei occhi.


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En vano me demoro deletreando
el alfabeto del mundo.
Leo en las piedras un oscuro sollozo,
ecos ahogados en torres y edificios,
indago la tierra por el tacto
llena de ríos, paisajes y colores,
pero al copiarlos siempre me equivoco.
Necesito escribir ciñéndome a una raya
sobre el libro del horizonte.
Dibujar el milagro de esos días
que flotan envueltos en la luz
y se desprenden en cantos de pájaros.
Cuando en la calle los hombres que deambulan
de su rencor a su fatiga, cavilando,
se me revelan más que nunca inocentes.
Cuando el tahúr, el pícaro, la adúltera,
los mártires del oro o del amor
son sólo signos que no he leído bien,
que aún no logro anotar en mi cuaderno.
Cuánto quisiera al menos un instante
que esta plana febril de poesía
grabe en su transparencia cada letra:
la o del ladrón, la t del santo
el gótico diptongo del cuerpo y su deseo,
con la misma cósmica piedad
que la vida despliega ante mis ojos.


(Eugenio Montejo)

venerdì 7 novembre 2014

Pausa

Mi pareva che questa giornata
senza te
dovesse essere inquieta,
oscura. Invece è colma
di una strana dolcezza, che s'allarga
attraverso le ore -
forse com'è la terra
dopo uno scroscio,
che resta sola nel silenzio a bersi
l'acqua caduta
e a poco a poco
nelle più fonde vene se ne sente
penetrata.

La gioia che ieri fu angoscia,
tempesta -
ora ritorna a brevi
tonfi sul cuore,
come un mare placato:
al mite sole riapparso brillano,
candidi doni,
le conchiglie che l'onda
lasciò sul lido.


(Antonia Pozzi)

La timidezza

La timidezza è fonte inesauribile di disgrazie nella vita pratica, eppure è la causa diretta, anzi unica, di ogni ricchezza interiore.


(Emil Cioran)

Che cos’è l’inferno?

Che cos’è l’inferno? - chiesi.

Amare
Senza eco,

Chiedere
Senza una risposta,

Scrivere
Senza avere lettori,

Dormire
Senza che nessuno riempia i tuoi sogni,

Fare voti
Senza che ci siano dei,

Avere una chiave
E non avere casa,

Aprire la mano
E non trovare una donna che la legga.


(Ahmed Al-Shahawi)

Autumn Leaves


giovedì 6 novembre 2014

La sentenza

Ed è caduta la parola di pietra
sul mio petto ancor vivo.
Non è nulla, vi ero preparata,
ne verrò a capo in qualche modo.

Ho molto da fare, oggi:
bisogna uccidere fino in fondo la memoria,
bisogna che l’anima si pietrifichi,
bisogna di nuovo imparare a vivere,

se no… L’ardente stormire dell’estate,
come una festa oltre la finestra.
Da tempo avevo presentito questo
giorno radioso e la casa vuota.


(Anna Achmatova)

La solitudine

La solitudine, sì, la solitudine! La conosci tu la solitudine? Sì, quella dei poeti e degli impotenti. La solitudine? Quale solitudine? Ma non lo sai che non si è mai soli? E che dovunque ci portiamo addosso tutto il peso del nostro passato e anche quello del nostro futuro? Tutti quelli che abbiamo ucciso sono sempre con noi. E fossero solo loro, poco male. Ma ci sono anche quelli che abbiamo amato, quelli che non abbiamo amato e ci hanno amato, il rimpianto, il desiderio, il disincanto e la dolcezza, le puttane e la banda degli dei! Solo! Ah, se soltanto potessi godere la vera solitudine, non questa mia solitudine infestata di fantasmi, ma quella vera, fatta di silenzio e tremore d’alberi — sentire tutta l’ebbrezza del flusso del mio cuore. La solitudine! Ma no, Scipione. La solitudine risuona di denti che stridono, chiasso, lamenti perduti.


(Albert Camus; "Caligola")

domenica 2 novembre 2014

La poesia

La poesia attraversa la terra in solitudine,
appoggia la sua voce sul dolore del mondo
e niente chiede
- nemmeno parole.

Arriva da lontano e senza orario, non avverte mai;
ha la chiave della porta.
Entrando si sofferma sempre ad osservarci.
Poi apre la sua mano e ci offre
un fiore o un ciottolo, qualcosa di segreto,
ma tanto intenso che il cuore palpita
troppo veloce. E ci svegliamo.

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La poesía cruza la tierra sola,
apoya su voz en el dolor del mundo
y nada pide
- ni siquiera palabras.

LLega de lejos y sin hora, nunca avisa;
tiene la llave de la puerta.
Al entrar siempre se detiene a mirarnos.
Después abre su mano y nos entrega
una flor o un guijarro, algo secreto,
pero tan intenso que el corazón palpita
demasiado veloz. Y despertamos.


(Eugenio Montejo)

Le finestre

Chi guarda da fuori attraverso una finestra aperta non vede mai tante cose quante ne vede chi guarda una finestra chiusa. Non c'è oggetto più profondo, più misterioso, più fecondo, più tenebroso, più abbagliante di una finestra illuminata da una candela. Ciò che si può vedere alla luce del sole è sempre meno interessante di quello che avviene dietro un vetro. In questo buco nero o luminoso, vive la vita, sogna la vita, soffre la vita.

Al di là delle onde dei tetti, scorgo una donna matura, povera, già invecchiata, sempre curva su qualcosa, che non esce mai. Con il suo viso, il suo vestito, i suoi gesti, senza sapere quasi niente, io ripercorro la storia, o piuttosto la leggenda, di questa donna, e a volte la racconto a me stesso piangendo.

Se fosse stato un povero vecchio, avrei ricostruito la sua altrettanto facilmente.

Così me ne vado a letto, fiero di aver vissuto e sofferto per qualcuno che non sono io.

Forse mi direte: "Sei proprio sicuro che la leggenda sia quella vera?". Ma che cosa importa la realtà, se la mia leggenda mi ha aiutato a vivere, a sentire che io sono, e ciò che sono?

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Celui qui regarde du dehors à travers une fenêtre ouverte, ne voit jamais autant de choses que celui qui regarde une fenêtre fermée. Il n’est pas d’objet plus profond, plus mystérieux, plus fécond, plus ténébreux, plus éblouissant qu’une fenêtre éclairée d’une chandelle. Ce qu’on peut voir au soleil est toujours moins intéressant que ce qui se passe derrière une vitre. Dans ce trou noir ou lumineux vit la vie, rêve la vie, souffre la vie.

Par delà des vagues de toits, j’aperçois une femme mûre, ridée déjà, pauvre, toujours penchée sur quelque chose, et qui ne sort jamais. Avec son visage, avec son vêtement, avec son geste, avec presque rien, j’ai refait l’histoire de cette femme, ou plutôt sa légende, et quelquefois je me la raconte à moi-même en pleurant.

Si c’eût été un pauvre vieux homme, j’aurais refait la sienne tout aussi aisément.

Et je me couche, fier d’avoir vécu et souffert dans d’autres que moi-même.

Peut-être me direz-vous :  « Es-tu sûr que cette légende soit la vraie ? » Qu’importe ce que peut être la réalité placée hors de moi, si elle m’a aidé à vivre, à sentir que je suis et ce que je suis ?


(Charles Baudelaire; "Lo spleen di Parigi")