mercoledì 27 maggio 2015

Raggiungere tutta la conoscenza all'improvviso

Io so già tutto senza leggere o scrivere... se tu sapessi com'è difficile raggiungere tutta la conoscenza all'improvviso... ora vivo in un pianeta di dolore, trasparente come il ghiaccio... È come se avessi imparato tutto in una volta, in pochi secondi... io sono diventata vecchia in pochi istanti e ora tutto è insipido e piatto...


(Frida Kahlo)

Mi spingo oltre il dolore

Mi spingo oltre il dolore
dove nessuno sospetta che si soffra
in una zona di pelle mai colpita
cupa come l’avambraccio
o molata dall’osso come il gomito.
Striscio piano con l’anima coperta da scaglie rosso-grigie
per sostenere i rovi e lasciare a terra
il sangue minimo. Un passo – sono paziente –
e il corpo ha imparato a frusciare dentro l’erba.

Da molto lontano – da un’alba di ottobre
da un oggetto mosso nella sabbia del lago
viene ciò che la pena contempla: un paesaggio
dove non si può dormire.
Era una lunga immagine
il mormorio di un brivido.
Troppo tardi si compone l’astuzia di ogni sera
fingere che il mio braccio sia il tuo
che stringa la mia mano
di nuovo, senza pace.


(Antonella Anedda)

domenica 24 maggio 2015

...è come aprire gli occhi

Perché è così: prima si sbaglia, ci si perde,
ci si arrampica per astratte impalcature intellettuali,
finché la vita un bel giorno comincia,
coi suoi gesti leggeri e sapienti, a richiamarci a lei:
è come aprire gli occhi ad un tratto
e ritrovarsi su una striscia di prato al sole,
vicino alle pietre e alle piante.
Il senso della vita non è più sparso,
nel cervello, nelle mani, negli occhi,
ma è tutto raccolto nel centro del petto,
come un enorme fiore o come una corazza:
e il domani non è più che portare sempre più in avanti quel fiore,
sereni, eretti, per una grande strada bianca.


(Antonia Pozzi - 15 settembre 1937)

Spesso trascorro ore intere al Terreiro do Paço

Spesso trascorro ore intere al Terreiro do Paço, sulla sponda del fiume, in inutili meditazioni. La mia impazienza vorrebbe sempre strapparmi a quella quiete, e la mia inerzia costantemente mi ci trattiene. Medito, allora, in un sopore fisico che assomiglia alla voluttà come il sussurro del vento assomiglia a voci umane, nell'eterna insaziabilità dei miei desideri vaghi, nella perenne instabilità delle mie ansie impossibili. Soffro principalmente del male di poter soffrire. Mi manca qualcosa che non desidero e soffro per il fatto che esso non sia esattamente una sofferenza. Il molo, la sera, il salmastro entrano tutti, ed entrano insieme, nella composizione della mia angoscia. I flauti dei pastori impossibili non sono più soavi del fatto che qui non ci siano flauti e che proprio questo li evoca in me.


(Fernando Pessoa)

La vastità di un sollievo

Non so perché (me ne accorgo all'improvviso) sono solo in ufficio. Ne avevo già avuto il presentimento in maniera indefinita. In una zona della mia consapevolezza di me stesso c'era la vastità di un sollievo, un respiro più profondo di polmoni diversi. Il ritrovarsi da soli in una casa che di solito è affollata o rumorosa o che non è nostra, è una delle più curiose sensazioni che ci può provocare il caso degli incontri o delle assenze. All'improvviso proviamo un'impressione di padronanza assoluta, di dominio facile e ampio, di vastità (come ho detto), di sollievo e quiete. Che piacere essere ampiamente soli! Poter parlare ad alta voce con noi stessi, passeggiare senza il fastidio di altri sguardi, reclinarsi sulla sedia in una fantasticheria indisturbata! Ogni edificio diventa una campagna, ogni stanza ha l'estensione di una fattoria. I rumori sono estranei, come se appartenessero a un universo vicino ma indipendente. Finalmente siamo dei sovrani. In fondo ciascuno di noi ha questa aspirazione, e forse noi plebei abbiamo questa aspirazione più degli sfiziosi fatti d'oro posticcio. Per un attimo noi siamo i pensionati dell'universo, ci adagiamo nella routine del vitalizio che ci è stato concesso, privi di necessità e preoccupazioni. Ah, ma ecco che riconosco nel passo che sale le scale, ignorando chi possa essere, quel qualcuno che interromperà la villeggiatura della mia solitudine. Il mio impero implicito sarà invaso dai barbari. Il suono dei passi non mi è noto e non mi ricorda nessuno. Eppure il sordo istinto dell'anima mi dice che colui che sta salendo è diretto qui (per ora sono soltanto dei passi), e all'improvviso lo vedo, perché penso a lui. E infatti è uno degli impiegati. Si ferma, sento il rumore della porta, entra. Ora lo vedo. Entrando mi dice: "Qui da solo, signor Soares?" E io rispondo: "Si, come di norma..." E allora lui dice, sfilandosi la giacca e con lo sguardo sull'altra giacca, quella vecchia appesa all'attaccapanni: "Che seccatura essere qui da soli, signor Soares. E per di più..." "È vero, è una seccatura," rispondo io. "Fa venire voglia di dormire," dice lui, con la giacca sdrucita addosso, incamminandosi verso la sua scrivania. "È proprio così," confermo sorridendo. Poi, nello stendere la mano verso la penna dimenticata, rientro, graficamente, nella salute anonima della vita normale...


(Fernando Pessoa; "Il libro dell'inquietudine")

giovedì 21 maggio 2015

L'esistenza oppressa del cuore

In questo mondo dormiamo sul lato sinistro e sentiamo nei sogni l'esistenza oppressa del cuore.


(Fernando Pessoa)

Sentire senza possedere

L'arte ci libera illusoriamente dalla sordidezza di essere. Mentre sentiamo i mali e le invettive di Amleto, principe di Danimarca, non sentiamo i nostri mali: vili perché sono nostri e vili perché sono vili. L'amore, il sonno, le droghe sono forme elementari dell'arte, o meglio, di produrne lo stesso effetto. Ma amore, sonno e droghe hanno ciascuno la sua delusione. L'amore stanca o delude. Dal sonno ci si sveglia e, quando si è dormito, non si è vissuto. Le droghe si scontano con la rovina del fisico che hanno servito a stimolare. Ma nell'arte non c'è delusione perché la delusione è stata ammessa dall'inizio. Dall'arte non c'è risveglio perché in essa non abbiamo dormito, anche se abbiamo sognato. Nell'arte non c'è tributo o multa da pagare per averne goduto. Siccome il piacere che essa ci offre in certo qual modo non è nostro, non dobbiamo pagarlo o pentircene. Per arte si intende tutto quello che ci delizia e che non è nostro: il paesaggio, il sorriso fatto a un altro, il tramonto, una poesia, l'universo obiettivo. Possedere è perdere. Sentire senza possedere è conservare, poiché significa estrarre da una cosa la sua essenza.


(Fernando Pessoa)

martedì 19 maggio 2015

...chiedevo la mia

In sostanza chiedevo un letargo, un anestetico, una certezza di essere ben nascosto. Non chiedevo la pace del mondo, chiedevo la mia.


(Cesare Pavese)

Neaera Reading a Letter from Catullus


Ho bisogno di silenzio

Ho bisogno di silenzio
come te che leggi col pensiero
non ad alta voce
il suono della mia stessa voce
adesso sarebbe rumore
non parole ma solo rumore fastidioso
che mi distrae dal pensare.

Ho bisogno di silenzio
esco e per strada le solite persone
che conoscono la mia parlantina

disorientate dal mio rapido buongiorno
chissà, forse pensano che ho fretta.

Invece ho solo bisogno di silenzio
tanto ho parlato, troppo
è arrivato il tempo di tacere
di raccogliere i pensieri
allegri, tristi, dolci, amari,
ce ne sono tanti dentro ognuno di noi.

Gli amici veri, pochi, uno?
sanno ascoltare anche il silenzio,
sanno aspettare, capire.

Chi di parole da me ne ha avute tante
e non ne vuole più,
ha bisogno, come me, di silenzio.


(Alda Merini)

lunedì 18 maggio 2015

Un giorno io ho perso una parola

Un giorno io ho perso una parola
sono venuta qui per dirvelo e non perché voi abbiate risposta.
Non amo i dialoghi o le domande:
mi sono accorta che cantavo in una orchestra che non aveva voci.
Ho meditato a lungo sul silenzio, al silenzio non c'è risposta.
Io le mie poesie le ho buttate
non avevo fogli su cui scriverle.
Poi mi si sono avvicinati strani animali
come uomini di antenate bestie da manicomio
qualcuno mi ha aiutato a sentirmi unica, mi ha guardato.
Pensavo che per loro non c'erano semafori, castelli e strade.
Questo posto sgangherato come il mio cervello che ha trovato solitudini.
Poi è venuto un santo che aveva qualcosa da dare
un santo che non aveva le catene, non era un malfattore,
l'unica cosa che avevo avuto in questi anni.
L'avrei seguito
finché un giorno non sapevo più innamorarmi.
È venuto un santo che mi ha illuminato come una stella.
Un santo mi ha risposto: perché non ti ami? È nata la mia indolenza.
Non vedo più gente che mi picchia e non vedo più i manicomi.
Sono morta nell’indolenza.


(Alda Merini)

martedì 12 maggio 2015

Ho appena dedicato un mese al Vuoto

Ogni argomento che approfondisca un po', mi annoia da morire. Ho appena dedicato un mese al Vuoto. Ne ho veramente abbastanza, avanti con un'altra fissazione.

...e tuttavia il Vuoto è il mio pane quotidiano, me ne nutro, letteralmente.


(Emil Cioran)

È dunque necessario che di tanto in tanto

È dunque necessario che di tanto in tanto la morte ponga il suo dito sul tumulto della vita onde impedirci di spezzarci? Un letargo per cui i ricordi più amari, gli avvenimenti che si direbbe debbano infrangere per sempre un'esistenza  sono spazzati via da un'ala oscura che ne attenua le asprezze e li cosparge di un dorato pulviscolo, il quale conferisce anche ai più brutti, ai più ignobili un certo lustro, un certo fulgore? La natura umana è dunque di tale fattura da dover prendere la morte a piccole dosi giorno per giorno per poter continuare la vita?


(Virginia Woolf)

Dio, possibile che sia tutto qui?

Di sopra, nel candido cubicolo asettico e abbacinante della stanza da bagno, odoroso di carne tiepida e di dentifricio, il rituale che prescrive di lavarsi determinate parti del corpo mi ha fatto chinare meccanicamente sul lavandino in adorazione dello sfavillio del cromo, con la luce alterna, accecante che andava e veniva dai rubinetti. Caldo e freddo, pulizia derivante da lisce e profumate saponette verdi; capelli come sottili segni curvilinei a matita sullo smalto; le medicine multicolori, i pesanti vasi di vetro, le boccette in grado di curare i sintomi del raffreddore o di farti dormire in meno di un'ora. E poi a letto, nella stessa aria potenzialmente feconda, profumata di lavanda, tendine di pizzo e caldo odore felino, come di muschio, in attesa di assorbirti... Una sbiadita aspettativa ovunque. E tu sei la mobile epitome di tutto questo. Per te, con te, in te. Dio, possibile che sia tutto qui? Rimbalzare lungo un corridoio riecheggiante di singhiozzi e risate? Di autovenerazione e di autoripugnanza? Di gloria e di disgusto?


(Sylvia Plath - Luglio 1950)

sabato 9 maggio 2015

Il nuovo in noi

(...) Io credo che quasi tutte le nostre tristezze siano momenti di tensione, che noi sentiamo come paralisi, perché non udiamo più vivere i nostri sentimenti sorpresi. Perché noi siamo soli con la cosa straniera che è entrata in noi; perché quanto ci era confidente e abituale per un momento ci è tolto; perché noi siamo in un passaggio dove non possiamo fermarci. Perciò anche poi passa la tristezza: il nuovo in noi, il sopravvenuto, è entrato nel nostro cuore, è penetrato nella sua camera più interna e anche là non è più, è già nel sangue. E noi non capiamo cosa sia stato. Ci si potrebbe facilmente persuadere che nulla sia accaduto, e pure noi ci siamo trasformati, come si trasforma una casa, in cui sia entrato un ospite. Noi non possiamo dire chi sia entrato, forse non lo sapremo mai, ma molti indizi suggeriscono che il futuro entra in noi in questa maniera per trasformarsi in noi molto prima che accada. E perciò è tanto importante essere soli e attenti, quando si è tristi: perché il momento, vuoto in apparenza e fisso, in cui il futuro entra in noi, è tanto più vicino alla vita, di quell’altro sonoro e casuale istante in cui esso, come dal di fuori, ci accade.  Quanto più calmi, pazienti e aperti noi siamo nella tristezza, tanto più profondo e infallibile entra in noi il nuovo.


(Rainer Maria Rilke)

Il mio primo pensiero

Il mio primo pensiero uscendo dal letto nel cuore della notte fu di andarmi a gettare in mare dall'alto della falesia. - Ma la notte era perfetta, impeccabile; mi ha semplicemente colmato.


(Emil Cioran)

giovedì 7 maggio 2015

Divoro un libro dopo l'altro

Divoro un libro dopo l'altro solo per eludere i problemi, per non pensarci più. In pieno smarrimento, la certezza assoluta della mia solitudine.


(Emil Cioran)

L'assetato

Per trovarmi, Poesia,
mi cercai in te:
stella d’acqua che si sfalda,
l’essere mio s’annegò.
Per cercarti, Poesia,
feci naufragio in me.

Poi presi a cercarti, per
fuggire da me:
oh quel folto di riflessi
in cui mi perdei!
E quando feci ritorno
quello che trovai fu

lo stesso volto perduto
nella stessa nudità,
le stesse acque specchianti
alle quali non berrò
e alle sponde dello specchio
me stesso morto di sete.


(Octavio Paz)

Fatta buio ed altezza

Tu vieni nella mia voce:
e vedo il lume quieto
scendere in ombra a raggi
e farti nuvola d’astri intorno al capo.
E me sospeso, a stupirmi degli angeli,
dei morti, dell’aria accesa in arco.

Non mia; ma entro lo spazio
riemersa, in me tremi,
fatta buio ed altezza.


(Salvatore Quasimodo)

venerdì 1 maggio 2015

Deve essere qualcosa di nascosto nella mia natura

Papà e mamma, carissimi,
non mai tanto cari come oggi, voi dovete pensare che questo è il meglio. Ho tanto sofferto... Deve essere qualcosa di nascosto nella mia natura, un male dei nervi che mi toglie ogni forza di resistenza e mi impedisce di vedere equilibrate le cose della vita... Ciò che mi è mancato è stato un affetto fermo, costante, fedele, che diventasse lo scopo e riempisse tutta la mia vita. Anche i miei bambini, che l'anno scorso bastavano, ora non bastano più. I loro occhi che mi guardano mi fanno piangere... Fa parte di questa disperazione mortale anche la crudele oppressione che si esercita sulle nostre giovinezze sfiorite... Direte alla Nena che è stato un male improvviso, e che l'aspetto. Desidero di essere sepolta a Pasturo, sotto un masso della Grigna, fra cespi di rododendro. Mi ritroverete in tutti i fossi che ho tanto amato. E non piangete, perché ora io sono in pace.
La Vostra Antonia


(Antonia Pozzi; Ultima Lettera - 3 Dicembre 1938)