sabato 31 ottobre 2015

Invocare gli "altri" e ritenersene l'interprete

Mi basta sentire qualcuno parlare sinceramente di ideale, di avvenire, di filosofia, sentirlo dire "noi" con tono risoluto, invocare gli "altri" e ritenersene l'interprete - perché io lo consideri mio nemico.


(Emil Cioran)

Ho sempre amato le cose tristi

Ho sempre amato le cose tristi, la musica girovaga, i canti d’amore cantati dai vecchi nelle osterie, le preghiere delle suore, i mendichi pittorescamente stracciati e malati, i convalescenti, gli autunni melanconici pieni di addii, le primavere nei collegi quasi timorose, le campane magnetiche, le chiese dove piangono indifferentemente i ceri, le rose che si sfogliano sugli altarini nei canti delle vie deserte in cui cresce l’erba; tutte le cose tristi della religione, le cose tristi dell’amore, le cose tristi del lavoro, le cose tristi delle miserie.


(Corrado Govoni)

domenica 25 ottobre 2015

Il povero poeta

Il primo movimento è il canto,
libera voce che riempie le valli e le montagne.
Il primo movimento è la gioia,
che però viene sottratta.

E dopo che il sangue si mutò negli anni,
e mille sistemi planetari nacquero e si estinsero nel corpo,
siedo, poeta capzioso e iroso,
con occhi malignamente socchiusi,
e soppesando la penna nella mano
medito vendetta.

Drizzo la penna, e butta gemme e foglie, si ricopre di fiori,
spudorato è il profumo di quest'albero, perché là
nel mondo reale
alberi così non crescono, ed è come un affronto
fatto alla gente che soffre il profumo di quest'albero.

C'è chi trova rifugio nella disperazione, dolce
come un tabacco forte, un bicchiere di vodka
bevuto nell'ora della perdita.
Per altri c'è la speranza degli stupidi
rosea come un sogno erotico.

Altri ancora trovano pace idolatrando la patria,
e può durare a lungo, ma non più di quanto
ancora dura l'Ottocento.

Ed a me è data una speranza cinica,
perché da quando ho aperto gli occhi ho visto solo
bagliori sinistri e stragi,
svilimento, ingiustizia, e la ridicola
infamia dei boriosi.
Data mi è una speranza di vendetta
sugli altri e su me stesso,
perché ero colui che sapeva
e da questo non trasse alcun vantaggio.


(Czeslaw Milosz)

Scilla e Cariddi


giovedì 22 ottobre 2015

Sereno

Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle

Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore del cielo

Mi riconosco
immagine
passeggera

Persa in un giro
Immortale


(Giuseppe Ungaretti)

Il sonno innocente

Il sonno innocente... Il sonno che pèttina e ravvìa il filaticcio di seta arruffato delle cure di quaggiù, morte della vita d'ogni giorno, bagno ristoratore del faticoso affanno, balsamo alla dolente anima stanca, piatto forte alla mensa della grande Natura, nutrimento principale nel banchetto della vita...


(William Shakespeare; "Macbeth")

domenica 18 ottobre 2015

O vita, o vita ancor mi tieni, indarno

O vita, o vita ancor mi tieni, indarno
l'anima si divincola, ed indarno
cerca di penetrar il tuo mistero
cerca abbracciare in un amplesso immenso
ogni tuo aspetto. -
Amore e morte, l'universo e 'l nulla
necessità crudele della vita
tu mi rifiuti.


(Carlo Michelstaedter - Febbraio 1907)

Mi ci vuole ogni giorno la mia razione di dubbio

Mi ci vuole ogni giorno la mia razione di dubbio. Non c’è mai stato uno scetticismo più organico. (...) Datemi dubbi e ancora dubbi. Più che il mio cibo, sono la mia droga. Non posso farne a meno. Ne sono intossicato a vita. Perciò, quando ne trovo uno, uno qualsiasi, mi ci avvento sopra, lo divoro, lo incorporo nella mia sostanza. Perché la mia capacità di assimilare dubbi è sconfinata; li digerisco tutti, sono ciò che mi tiene in vita e la mia ragione d’essere. Non riesco a immaginarmi senza di loro. Datemi dubbi, ancora e sempre dubbi.


(Emil Cioran)

...una tentazione che mi duole ora d'aver vinto

-Torino, 26 ottobre 1907

Caro Amico
(...) La vanità dei nostri colloqui è dovuta a me, sapete, perché io so dire così poco e così male quello che penso. Per questo forse, solo per questo io scrivo e m'illudo d'esprimermi meglio. E poi certe cose pérdono o si travisano o si falsano ad essere dette, altre assolutamente non si possono dire; mancano nel discorso parlato le sfumature e le imagini della poesia, che dette sembrerebbero affettazioni e pose. Solo una lunga intimità fra due persone d'uguali aspirazioni come noi siamo, potrebbe dissipare questa reticenza e inchinare poco a poco a una concorde e piena manifestazione d'ogni più sottile moto del pensiero. Noi non dovremmo parlare che di noi stessi quando siamo insieme, e invece perché popoliamo il nostro discorso di persone intruse e di cose estranee? La colpa è mia, lo so. Mi sento tanto più comune di quella che mi credete agitata da tanti desideri piccoli, da avversioni e da ambizioni inferiori. Credete voi proprio al mio fascino spirituale? Temo una lusinga perché io vi credo così poco. Vi posso dire sinceramente che mai io sono stata amata nel senso un poco elevato di questa parola. Sono stata desiderata qualche volta, ho destato qualche ardore della più pura, o meglio della più impura sensualità. Forse - chi sa? - non merito altro.
(...) Voi ricordate i miei silenzi perché le mie parole vacue non vi sono certo ricordi piacevoli. Mi pento un poco - sapete? - d’avervi fatto quella lettura malgrado le parole buone con cui mi incoraggiaste. Temo d’aver preso in quel lavoro una strada falsa, d'aver commesso un'ingenuità, o peggio una sciocchezza. Ho avuto, in quel momento che precedette la mia lettura quella sera, una tentazione che mi duole ora d'aver vinto. C'era una delle vostre belle mani appoggiata al bracciuolo della sedia che occupavate, e con l’altra vi sostenevate la fronte nascondendovi gli occhi. La mano inerte era vicinissima al mio volto così che con un breve movimento avrei potuto mettervi sopra la gota e lasciarvela un poco, senza parlare, senza leggere così, come in un sogno. Invece - dopo un indugio che credeste di trepidazione - ho incominciato a sgranarvi il mio rosario di terzine. Ho negli occhi la vostra attitudine di quel momento, ed anche una speciale inclinazione del capo che prendete quando guardate a lungo qualcosa o qualcuno.
(...) Addio Guido - mi piace chiamarvi così perché quelli che viaggiano in comitiva vi chiamano diversamente - e Voi chiamatemi Amalia - con un m solo, ahimé! - ma forse amica è più dolce. Parlatemi presto in molte pagine e prendetevi le mie mani che vorrei medicina più efficace per Voi.


(Amalia Guglielminetti, Lettera a Guido Gozzano)

lunedì 12 ottobre 2015

Le fonti

Un giorno romperò tutti i ponti
Che legano il mio essere vivo e totale,
All'agitazione del mondo irreale,
E calma salirò sino alle fonti.

Andrò sino alle fonti dove risiede
La pienezza, il limpido splendore
Che mi fu promesso ad ogni ora,
E nel volto incompleto dell'amore.

Andrò a bere la luce e l'aurora,
Andrò a bere la voce di questa promessa
Che a volte come un volo mi attraversa,
E in essa realizzerò tutto il mio essere.

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Um dia quebrarei todas as pontes
Que ligam o meu ser vivo e total,
Á agitação do mundo do irreal,
E calma subirei até às fontes.

Irei até às fontes onde mora
A plenitude, o límpido esplendor
Que me foi prometido em cada hora,
E na face incompleta do amor.

Irei beber a luz e o amanhecer,
Irei beber a voz dessa promessa
Que às vezes como um voo me atravessa,
E nela cumprirei todo o meu ser.


(Sophia de Mello Breyner Andresen)

mercoledì 7 ottobre 2015

Sentire tutto in tutte le maniere

Sentire tutto in tutte le maniere,
Vivere tutto da tutte le parti,
Essere la stessa cosa in tutti i modi possibili allo stesso tempo
Realizzare in sé tutta l'umanità di tutti i momenti
In un solo momento diffuso, profuso, completo e distante.

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Sentir tudo de todas as maneiras,
Viver tudo de todos os lados,
Ser a mesma coisa de todos os modos possíveis ao mesmo tempo,
Realizar em si toda a humanidade de todos os momentos
Num só momento difuso, profuso, completo e longínquo.


(Fernando Pessoa)

Apri a chi non bussa alla tua porta

Se qualcuno un giorno bussa alla tua porta,
Dicendo che è un mio emissario,
Non credergli, anche se sono io;
Ché il mio orgoglio vanitoso non ammette
Neanche che si bussi
Alla porta irreale del cielo.
Ma se, naturalmente, senza che tu senta
Bussare, vai ad aprire la porta
E trovi qualcuno come in attesa
Di bussare, medita un poco. Quello è
Il mio emissario e me e ciò che
Di disperato il mio orgoglio ammette.
Apri a chi non bussa alla tua porta.

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Se alguém bater um dia à tua porta,
Dizendo que é um emissário meu,
Não acredites, nem que seja eu;
Que o meu vaidoso orgulho não comporta
Bater sequer à porta irreal do céu. 
Mas se, naturalmente, e sem ouvir
Alguém bater, fores à porta abrir
E encontrares alguém como que à espera
De ousar bater, medita um pouco. Esse era
Meu emissário e eu e o que comporta
O meu orgulho do que desespera.
Abre a quem nao bater à tua porta.



(Fernando Pessoa)

domenica 4 ottobre 2015

Se un contemplativo si getta in acqua

Un giorno, a vent'anni, gli venne una brusca illuminazione: si rese conto, finalmente, della sua antivita e che bisognava sperimentare l'altra angolazione, andare a trovare la terra a domicilio e prendere il via dalle cose modeste. Partì. Non era orientare la propria vita, era dilaniarla. Se un contemplativo si getta in acqua, non tenterà di nuotare, tenterà innanzitutto di comprendere l'acqua. E annegherà.


(Henri Michaux)

...e restarmene così, senza dir niente

- Agliè (Il Meleto), 23 ottobre 1907

Mia cara buona Amica,
vorrei essere ancora nel vostro salotto e avere, per medicina, le vostre mani nelle mie mani e restarmene così, senza dir niente, guardandovi: Voi sapete guardare molto bene: tanto che, dei nostri convegni, mi restano più impressi i silenzi, quasi, che le parole. Ed è naturale: fra noi due è quasi impossibile dire a voce cose serie e profonde: tanto io che Voi abbiamo l’animo troppo corroso dall'ironia, per sostenere seriamente un lungo discorso posato. Per questo - e anche per la mia accasciatezza fisica - il nostro ultimo colloquio è stato piuttosto vano, fatto di frivolezze e di maldicenze frequenti, come un comune convegno di persone comuni. E noi non siamo persone comuni! Mai come quando sono accanto a Voi, sento la mia anima diversa e lontana dalla "mandra pasciuta di vento" che forma il meglio della nostra società. Voi siete per me un elemento animatore, per eccellenza. Peccato che non siate uomo! Ci saremmo dati subito del tu, vivremmo insieme quasi di continuo, attraversando la città liberamente, a braccetto o con la mano l’uno sulla spalla dell’altro... La nostra fraternità, amica mia, ha invece molti ostacoli, per quanto voi vi siate generosamente adoperata a debellare le convenienze... La vostra bellezza! La temevo molto! Quel giorno, al Meleto, ne rimasi annichilito: la giudicai una terribile nemica alla serietà della nostra amicizia. Ancora l’altro giorno cercavo di demolirla, a furia di analisi e di sofismi, ma in vano! Voi eravate seduta accanto a me fra i cortinaggi della finestra, sotto uno sprazzo di luce violentissima: in condizioni poco propizie e molto rivelatrici: io indagavo i minimi particolari del vostro volto con lo zelo di un'amica malevola: ma dovevo convenire che la luce violenta non vi nuoceva per nulla! È male! Le donne d’un fascino spirituale come Voi non hanno il diritto di essere belle. Sovente, quando parlate, io dimentico e non seguo le vostre parole, per il gioco attirante delle vostre labbra sane o per la carezza lenta delle vostre ciglia sulle vostre gote... E questo è male. Ma mi avvezzerò, sento che mi avvezzerò: e sento che non vi farò la corte, come per qualche tempo ho temuto. Come siete stata buona e dolce con me, l’altro giorno! Di tutto il nostro colloquio - quattro ore - una cosa mi sono portata via più cara di tutte: quel lungo silenzio che abbiamo avuto, in piedi, avvicinandosi il commiato, con le mani intrecciate nelle mani; mi sono smarrito anche un poco, ricordate?


(Guido Gozzano, Lettera ad Amalia Guglielminetti)

sabato 3 ottobre 2015

Lampi

Stanotte un sussultante cielo
malato di nuvole nere
acuisce a sprazzi vividi
il mio desiderio insonne
e lo fa duro e lucente
come una lama d'acciaio.


(Antonia Pozzi)

Quei piaceri d'amor che abbiamo gustato insieme

Quei piaceri d'amor che abbiamo gustato insieme sono stati così dolci per me, che non posso pentirmene e nemmeno cancellarne il ricordo. Da qualunque parte mi volga mi sono sempre davanti agli occhi con tutta la forza della loro attrazione. Anche quando dormo mi perseguitano le loro illusioni; perfino nei momenti solenni della messa, quando la preghiera deve essere più pura, le immagini oscene di questi piaceri si impadroniscono talmente della mia povera anima che mi abbandono più a queste turpitudini che alla preghiera. Io, che dovrei piangere su quello che ho fatto, sospiro invece per ciò che ho perduto, e non solo quello che abbiamo fatto insieme, ma i luoghi, i momenti in cui l'abbiamo fatto sono talmente impressi nel mio cuore che li rivedo con te in tutti i particolari e non me ne libero nemmeno durante il sonno. Talvolta anche i movimenti del corpo rivelano i pensieri dell'anima ed esse si tradiscono con parole involontarie. Come sono infelice e come ho diritto di ripetere quel lamento di un'anima gemente: "Me sventurata chi mi libererà da questo corpo di morte?".


(Lettera di Eloisa per Abelardo)

Un'altra notte

In quest'oscuro
colle mani
gelate
distinguo
il mio viso

Mi vedo
abbandonato nell'infinito


(Giuseppe Ungaretti - 20 Aprile 1917)