mercoledì 28 dicembre 2011

Casida del pianto

Ho chiuso la mia finestra
perché non voglio udire il pianto,
ma dietro i grigi muri
altro non s'ode che il pianto.

Vi sono pochissimi angeli che cantano,
pochissimi cani che abbaiano;
mille violini entrano nella palma della mia mano.

 Ma il pianto è un cane immenso,
il pianto è un angelo immenso,
il pianto è un violino immenso,
le lacrime imbavagliano il vento.
E altro non s'ode che il pianto.

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"Casida de llanto"

He cerrado mi balcón
porque no quiero oír el llanto
pero por detrás de los grises muros
no se oye otra cosa que el llanto.

Hay muy pocos ángeles que canten,
hay muy pocos perros que ladren,
mil violines caben en la palma de mi mano.

El llanto es un perro inmenso,
el llanto es un ángel inmenso,
el llanto es un violín inmenso,
las lágrimas amordazan al viento,
y no se oye otra cosa que el llanto.


(Federico Garcia Lorca, 1935)

Il desiderio è il tema della vita...

- Thereza: "L'estrema inutilità di ogni cosa. Lo vedo anche nei fiori, lo odo nella musica: la vita è senza scopo e senza senso."

 - Calvero: "Perché vuole che abbia senso? La vita non ha un senso: è Desiderio. Il desiderio è il tema della vita, è quello che spinge una rosa ad essere una rosa e a voler crescere così, e una pietra a contenere se stessa e rimanere così."


(Charlie Chaplin; "Luci della ribalta" - 1952)

martedì 27 dicembre 2011

Il mio bozzolo è stretto

Il mio bozzolo è stretto, mi chiamano i colori,
e sto cercando l'aria.
Già un'oscura capacità di ali
mi fa spezzare l'abito che indosso.

La potenza della farfalla è in questa
attitudine al volo,
che le concede prati di maestà
ed i volteggi facili nel cielo.

E devo tormentarmi nel presagio
e decifrare il segno
e commettere errori, se alla fine
io troverò la mia chiave divina.


(Emily Dickinson)

venerdì 23 dicembre 2011

Possedevo la chiave

Delle prigioni che ho abitato,
di tutte possedevo la chiave.


(Aldo Penna)

Il cielo

Da qui bisogna cominciare: il cielo.
Finestra senza davanzale, terrazzo, vetri.
Un'apertura e nulla più,
ma spalancata.
Non devo attendere una notte serena,
nè alzare la testa,
per osservare il cielo.
L'ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
Il cielo mi avvolge ermeticamente
e mi solleva da sotto.

Persino le montagne più alte
non sono più vicine al cielo
delle valli più profonde.
In nessun posto ce n'è più
che in un altro.
La nuvola è schiacciata dal cielo
inesorabilmente come la tomba.
La talpa è al settimo cielo
come il gufo che scuote le ali.
Qualsiasi cosa che cada in un abisso,
cade di cielo in cielo.

Aride, fluide, rocciose,
infuocate ed eteree,
distese di cielo, briciole di cielo,
folate e cataste di cielo.
Il cielo è onnipresente
perfino nel buio sotto la pelle.

Mangio il cielo, evacuo il cielo.
Sono una trappola in una trappola,
un abitante abitato,
un abbraccio abbracciato,
una domanda in risposta a una domanda.

La divisione in cielo e terra
non è il modo appropriato
di pensare a questa totalità.
Permette solo di sopravvivere
a un indirizzo più esatto,
più facile da trovare,
se dovessero cercarmi.
Miei segni particolari:
incanto e disperazione.


(Wislawa Szymborska)

giovedì 22 dicembre 2011

Dalle braccia di un amore

Dalle braccia di un amore
nelle braccia di un altro

m'ha salvato dal morire sulla croce
una signora che fuma marijuana
scrive canzoni e storie
ed è molto più gentile dell' ultima,
molto molto più gentile,
e a letto è altrettanto brava o addirittura migliore.

Non è piacevole essere messi in croce e lasciati là,
è molto più piacevole dimenticare un amore che
non funziona
come ogni amore
alla fine
non funziona...

è molto più piacevole fare l'amore
davanti alla spiaggia di Del Mar
nella camera 42, e dopo
stare a letto seduti
bere del buon vino, chiacchierare e toccarsi
fumare
ascoltare il rumore delle onde...

Sono morto troppe volte
credendo e aspettando, aspettando
in una stanza
fissando il soffitto scalcinato
aspettando il telefono, una lettera,
un colpo all'uscio, uno squillo...

Sentendo dentro crescere la rabbia
mentre lei ballava con degli sconosciuti nei nightclubs...

Dalle braccia di un amore
nelle braccia di un altro

non è piacevole morire sulla croce,
è molto più piacevole sentire il tuo nome
sussurrato
nel buio.


(Charles Bukowski)

martedì 20 dicembre 2011

A tutte le donne

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d'amore.


(Alda Merini)

giovedì 15 dicembre 2011

Il desiderio di dipingere

Infelice forse l'uomo, ma felice l'artista che è dilaniato dal desiderio! Io ardo dal desiderio di dipingere colei che mi è apparsa così raramente e che così presto è fuggita come una cosa bella da rimpiangere che nella notte il viaggiatore perde dietro di sé. Quanto tempo è passato, ormai da quando è scomparsa! È bella, e più che bella è sorprendente. In lei abbonda il nero: e tutto ciò che ispira è notturno e profondo. I suoi occhi sono due antri in cui lampeggia e vaga il mistero. Il suo sguardo illumina come il lampo: è una esplosione nelle tenebre. Potrei paragonarla a un sole nero, se si potesse concepire un astro buio che riversa luce e felicità... Ma ancora di più fa pensare alla luna, che certo l'ha segnata con il suo temibile influsso. Non la bianca luna degli idilli, che sembra una fredda sposa, ma la luna sinistra e inebriante nel fondo di una notte, tempestosa, sospinta dalle nuvole in corsa; non la luna placida e discreta che visita il sonno dei puri, ma la luna strappata dal cielo, vinta e ribelle, che le Streghe della Tessaglia costringono senza pietà a danzare sull'erba atterrita. Nella sua piccola fronte abitano la volontà tenace e l'amore di preda. E tuttavia, in fondo a questo viso inquietante, splende con una grazia inesprimibile il riso di una grande bocca, rossa e bianca, e deliziosa, che ci fa sognare il miracolo di uno splendido fiore sbocciato in un terreno vulcanico. Ci sono donne che ispirano la voglia di vincerle e di goderle. Questa dà il desiderio di morire lentamente sotto il suo sguardo...


(Charles Baudelaire; "Lo spleen di Parigi")

Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock

(...)
Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli
Che corrono sul fondo di mari silenziosi.

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I should have been a pair of raggled claws
Scuttling across floors of silent seas.


(Thomas Stearns Eliot)

Eterna presenza

Non importa che non ti abbia,
non importa che non ti veda.

Prima ti abbracciavo,
prima ti guardavo,
ti cercavo tutta,
ti desideravo intera.

Oggi non chiedo più
né alle mani, né agli occhi,
le ultime prove.

Di starmi accanto
ti chiedevo prima,
sì, vicino a me, sì,
sì, però lì fuori.
E mi accontentavo
di sentire che le tue mani
mi davano le tue mani,
che ai miei occhi
assicuravano presenza.

Quello che ti chiedo adesso
è di più, molto di più,
che bacio o sguardo:
è che tu stia più vicina
a me, dentro.

Come il vento è invisibile, pur dando
la sua vita alla candela.
Come la luce è
quieta, fissa, immobile,
fungendo da centro
che non vacilla mai
al tremulo corpo
di fiamma che trema.
Come è la stella,
presente e sicura,
senza voce e senza tatto,
nel cuore aperto,
sereno, del lago.

Quello che ti chiedo
è solo che tu sia
anima della mia anima,
sangue del mio sangue
dentro le vene.
Che tu stia in me
come il cuore
mio che mai
vedrò, toccherò
e i cui battiti
non si stancano mai
di darmi la vita
fino a quando morirò.
Come lo scheletro,
il segreto profondo
del mio essere, che solo
mi vedrà la terra,
però che in vita
è quello che si incarica
di sostenere il mio peso,
di carne e di sogno,
di gioia e di dolore
misteriosamente
senza che ci siano occhi
che mai lo vedano.

Quello che ti chiedo
è che la corporea
passeggera assenza,
non sia per noi dimenticanza,
né fuga, né mancanza:
ma che sia per me
possessione totale
dell'anima lontana,
Eterna Presenza.


(Pedro Salinas)

martedì 13 dicembre 2011

Per fare una poesia dadaista

Prendete un giornale.
Prendete un paio di forbici.
Scegliete nel giornale un articolo
che abbia la lunghezza che voi desiderate dare alla vostra poesia.

Ritagliate l’articolo.

Tagliate ancora con cura ogni parola che forma tale articolo
e mettete tutte le parole in un sacchetto.
Agitate dolcemente.
Tirate fuori le parole una dopo l’altra,
disponendole nell'ordine con cui le estrarrete.
Copiatele coscienziosamente.
La poesia vi rassomiglierà.
Ed eccovi diventato uno scrittore infinitamente originale
e fornito di una sensibilità incantevole,
benché, s’intende, incompresa dalla gente volgare.


(Tristan Tzara; Manifesto sull’amore debole e l’amore amaro - 1920)

sabato 10 dicembre 2011

Tanka

Spense la pioggia
il colore dei fiori
mentre io guardavo
vanamente passare
questa donna nel mondo.


(Ono No Komachi)

Confessione

Talvolta, la sera, scoppio a piangere
poi mi adiro per le mie lacrime,
che hanno illuminato il mondo, e consumato me.


(Hoda Ablan)

giovedì 8 dicembre 2011

Quando l’uomo entra nella donna

Quando l’uomo
entra nella donna
come l’onda scava la riva,
ripetutamente, 
e la donna, godendo, apre la bocca 
e i denti le luccicano 
come un alfabeto, 
il Logos appare mungendo una stella, 
e l’uomo 
dentro la donna 
stringe un nodo 
perché mai più loro due 
si separino 
e la donna si fa fiore 
che inghiotte il suo gambo 
e il Logos appare 
e sguinzaglia i loro fiumi. 

Quest’uomo e questa donna 
con la loro duplice fame 
hanno cercato di spingersi oltre 
la cortina di Dio, e ci sono 
riusciti per un momento, 
anche se poi Dio 
nella sua perversione 
scioglie il nodo.


(Anne Sexton)

domenica 4 dicembre 2011

Ci sono giorni che sembrano quelli di una battaglia

Ci sono giorni che sembrano quelli di una battaglia sanguinosa. Ora è notte profonda. Non per me, per gli altri, gli ottusi, che non sentono la lotta. Fanno della musica, canzoni stupide, volgari. Non riesco a prender sonno. In me continua ad ardere qualcosa, qualche fiamma guizza ancora qua e là. Mi affaccio nella notte in cerca di refrigerio; fuori ogni vita è spenta. Ma lontano vedo una finestra ancora illuminata. C'è lì un altro come me? Non sono dunque del tutto solo! E mi giunge anche il suono di un vecchio pianoforte, i gemiti di quell'altro ferito.


(Paul Klee; "Diari")

sabato 3 dicembre 2011

Forma di probabilità

Dissemino le stelle intorno al mio corpo
comunicando con ogni fibra sensibile, con ogni cellula:
che cosa sono il nome, il verbo, l’identità?
Né il divieto mi annulla

né l’imperativo mi plasma
né il nome mi contiene.


(Wafaa Lamrani)

Il pudore è ipocrisia appresa

Possedere col pensiero è più che possedere in realtà, perché il pensiero è impudico, è ignudo, senza rossore; il pensiero sa prendere il capo della donna che vuole e cercarne la bocca per suggere ad una fonte sconosciuta; e sa trovare lo stimolo ad osare l'impudenza più sfrontata, perché l'impudenza è istinto, il pudore è ipocrisia appresa.


(Carlo Maria Franzero)

domenica 27 novembre 2011

Un'altra sosta

Appoggiami la testa sulla spalla:
ch'io ti accarezzi con un gesto lento,
come se la mia mano accompagnasse
una lunga, invisibile gugliata.

Non sul tuo capo solo: su ogni fronte
che dolga di tormento e di stanchezza
scendono queste mie carezze cieche,
come foglie ingiallite d'autunno
in una pozza che riflette il cielo.


(Antonia Pozzi)

La pazza con la violetta

Si disse: quando un giorno l'assalto della bruttezza fosse diventato del tutto insostenibile, si sarebbe comprata dal fioraio una violetta, una sola violetta, quello stelo delicato col suo minuscolo fiorellino, sarebbe uscita in strada e tenendolo davanti al viso l'avrebbe fissato spasmodicamente, per vedere solo quello, per vederlo come fosse l'ultima cosa che voleva conservare, per se stessa e per i suoi occhi, di un mondo che aveva ormai smesso di amare. Sarebbe andata così per le strade di Parigi, la gente presto avrebbe cominciato a conoscerla, i bambini l'avrebbero rincorsa, derisa, le avrebbero tirato oggetti addosso e tutta Parigi l'avrebbe chiamata: "la pazza con la violetta"...


(Milan Kundera)

sabato 26 novembre 2011

Le doti del nostro romantico

Le doti del nostro romantico sono capire tutto, vedere tutto e vedere spesso di gran lunga più chiaramente di quanto vedano le nostre menti più positive; non sottomettersi a nulla e a nessuno, ma nello stesso tempo non disdegnare nulla; aggirare ogni ostacolo, cedere a tutto, agire diplomaticamente con tutti; non perdere mai di vista il fine utile, pratico: tener d'occhio questo fine attraverso tutti gli entusiasmi e i volumetti di liriche e nello stesso tempo custodire incrollabilmente in sé fino alla tomba "ciò che è Sublime ed Elevato", e, fra parentesi, custodire con cura anche se stessi, proprio nella bambagia, come gioiellini, non fosse che per il bene, poniamo, di quello stesso "Sublime ed Elevato". Uomo di larghe vedute il nostro romantico, e primissimo farabutto fra tutti i nostri farabutti, ve l'assicuro...


(Fëdor Dostoevskij; "Memorie dal sottosuolo")

martedì 22 novembre 2011

Afterglow

Sempre è commovente il tramonto
per indigente o sgargiante che sia,
ma più commovente ancora
è quel brillìo disperato e finale
che arrugginisce la pianura
quando il sole ultimo si è sprofondato.
Ci duole sostenere quella luce tesa e diversa,
quella allucinazione che impone allo spazio
l'unanime paura dell'ombra
e che cessa di colpo
quando notiamo la sua falsità,
come cessano i sogni
quando sappiamo di sognare.


(Jorge Luis Borges)

Sono sempre stata come sono

Sono sempre stata come sono
anche quando non ero come sono
e non saprà nessuno come sono
perché non sono solo come sono.


(Patrizia Valduga)

venerdì 18 novembre 2011

Vivere è superare se stessi

Bisogna fare uno sforzo per risalire il corso delle cose, e capovolgere gli eventi.
Con purezza e sincerità di fronte a noi stessi... Perché vivere non è seguire come pecore il corso degli eventi, nel solito tran tran di questo insieme di idee, di gusti, di percezioni, di desideri, di disgusti che confondiamo con il nostro io e dei quali siamo appagati senza cercare oltre, più lontano. Vivere è superare se stessi, mentre l'uomo non sa far altro che lasciarsi andare.


(Antonin Artaud)

martedì 15 novembre 2011

L'emisfero dei tuoi capelli

Lasciami respirare a lungo, ancora e ancora, l'odore dei tuoi capelli, lascia che io vi immerga il viso come fa l'assetato nell'acqua della sorgente, e che li scuota con la mia mano come un fazzoletto odoroso per farne uscire i ricordi nell'aria. Se tu potessi sapere tutto quello che vedo, tutto quello che sento, tutto quello che scopro nei tuoi capelli! La mia anima viaggia seguendo un profumo, come l'anima di altri viaggia seguendo una musica. Nei tuoi capelli c'è un intero sogno, pieno di vele e alberature; mari aperti i cui monsoni mi portano verso climi incantati, dove lo spazio è più azzurro e profondo, dove l'aria ha il profumo dei frutti, delle foglie e della pelle umana. Nell'oceano dei tuoi capelli vedo un porto brulicante di canzoni tristi, di uomini vigorosi dei più diversi paesi, e navi d'ogni forma, le cui intricate, delicate architetture si stagliano nel cielo immenso, invaso da un'immobile calura. Se carezzo i tuoi capelli, ritrovo il languore delle ore passate su un divano, nella cabina di una bella nave, cullato dal dolce rollio del porto, tra vasi di fiori e terrine rinfrescanti. Nella brace dei tuoi capelli, respiro l'odore di tabacco mescolato all'oppio e allo zucchero; nel buio dei tuoi capelli vedo splendere l'infinito dell'azzurro tropicale; sulle rive muscose dei tuoi capelli mi inebrio degli odori mescolati del catrame, del muschio e dell'olio di cocco. Lasciami mordere ancora le tue trecce pesanti e nere. Quando prendo a piccoli morsi i tuoi capelli elastici e ribelli, mi sembra di mangiare ricordi.


(Charles Baudelaire; "Lo spleen di Parigi")

lunedì 14 novembre 2011

L'estate è finita

Sono più miti le mattine
e più scure diventano le noci
e le bacche hanno un viso più rotondo.
La rosa non è più nella città.
L'acero indossa una sciarpa più gaia.
La campagna una gonna scarlatta,
ed anch'io, per non essere antiquata,
mi metterò un gioiello.


(Emily Dickinson)

domenica 13 novembre 2011

Ho perso il mio dolore

Ho pianto perché il processo grazie al quale sono divenuta donna è stato doloroso. Ho pianto perché non sono più una bambina con la fede cieca di una bambina. Ho pianto perché i miei occhi sono aperti sulla realtà. Ho pianto perché non posso più credere, e io amo credere. Posso ancora amare appassionatamente anche senza credere. Questo significa che amo umanamente. Ho pianto perché d’ora in avanti piangerò meno. Ho pianto perché ho perso il mio dolore, e non sono ancora abituata alla sua assenza.

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Last night I wept. I wept because the process by which I have become woman
was painful. I wept because I was no longer a child with a child's blind faith. I wept because my eyes were opened to reality. I wept because I could not believe anymore and I love to believe. I can still love passionately without believing. That means I love humanly. I wept because I have lost my pain, 
and I am not yet accustomed to its absence.


(Anais Nin)

domenica 6 novembre 2011

Lavorare stanca

Traversare una strada per scappare di casa
lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira
tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo
e non scappa di casa.

Ci sono d’estate
pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese
sotto il sole che sta per calare, e quest’uomo, che giunge
per un viale d’inutili piante, si ferma.
Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?
Solamente girarle, le piazze e le strade
sono vuote. Bisogna fermare una donna
e parlarle e deciderla a vivere insieme.
Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte
c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi
e racconta i progetti di tutta la vita.

Non è certo attendendo nella piazza deserta
che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade
si sofferma ogni tanto. Se fossero in due,
anche andando per strada, la casa sarebbe
dove c’è quella donna e varrebbe la pena.
Nella notte la piazza ritorna deserta
e quest’uomo, che passa, non vede le case
tra le inutili luci, non leva più gli occhi:
sente solo il selciato, che han fatto altri uomini
dalle mani indurite, come sono le sue.
Non è giusto restare sulla piazza deserta.
Ci sarà certamente quella donna per strada
che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa.


(Cesare Pavese)

martedì 1 novembre 2011

Il cupo, fosco fuoco

Amo gli occhi tuoi, amica mia
e il loro gioco splendido di incanto e di fiamma
quando li alzi all’improvviso
e come un fulmine celeste
guardi veloce tutt’intorno.

Ma c’è un fascino più forte.
Gli occhi tuoi rivolti in basso,
negli attimi di un bacio appassionato
e tra le ciglia semichiuse
il desiderio, il cupo, il fosco fuoco.

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I love your eyes, my dear
their splendid sparkling fire 
 when suddenly you raise them so
to cast a swift embracing glance 
like lightning flashing in the sky.

But there's a charm that is greater still
when my love's eyes are lowered
when all is fired by passion's kiss
and through the downcast lashes
I see the dull flame of desire.


(Fedor I. Tjutcev)

martedì 18 ottobre 2011

Ho un luogo interno che non conoscevo

Io imparo a vedere. Non so perché tutto penetra in me più profondo e non rimane là dove, prima, sempre aveva fine e svaniva. Ho un luogo interno che non conoscevo. Ora tutta va a finire là. Non so che cosa vi accada.


(Rainer Maria Rilke; "I quaderni di Malte Laurids Brigge")

sabato 15 ottobre 2011

Gatto che giochi per strada

Gatto che giochi per strada
come se fosse il tuo letto,
invidio la sorte che è tua
ché neppure sorte si chiama.

Buon servo di leggi fatali
che reggono pietre e genti,
che hai istinti generali
e senti solo quel che senti,

sei felice perché sei così
tutto il nulla che sei è tuo.
Io mi vedo e senza me sto,
mi conosco e non sono io.


(Fernando Pessoa)

giovedì 6 ottobre 2011

Lo schianto che sarebbe avvenuto

E si mise all'opera per spostare, con una oscillazione sempre uniforme, il corpo in tutta la sua lunghezza fuori del letto. Lasciandosi cadere in questa maniera, il capo, che cadendo voleva tenere ben sollevato, doveva rimanere logicamente illeso. La schiena sembrava essere dura, e cadendo sul tappeto non si sarebbe forse danneggiata. La preoccupazione più grave era per lo schianto che sarebbe avvenuto...


(Franz Kafka; "La Metamorfosi")

martedì 4 ottobre 2011

Nel lago dei tuoi occhi assai profondo

Nel lago dei tuoi occhi assai profondo
il mio cuore si annega e si discioglie.
E là dentro lo disfano nell'acqua
di amore e di follia
un po' Ricordo, un po' Malinconia.


(Guillaume Apollinaire)

Questa è la mia casa

Non c'è dubbio. Questa è la mia casa
qui avvengo, qui
mi inganno immensamente.
Questa è la mia casa ferma nel tempo.

Arriva l'autunno e mi difende,
la primavera e mi condanna.
Ho milioni di ospiti
che ridono e che mangiano,
s'accoppiano e dormono,
giocano e pensano.
Milioni di ospiti che si annoiano,
che hanno incubi e attacchi di nervi.

Non c'è dubbio. Questa è la mia casa.
Tutti i cani ed i campanili
ci passano di fronte.
Ma la mia casa è sferzata dai fulmini
e un giorno si spaccherà in due.
E io non saprò dove ripararmi
perché tutte le sue porte danno fuori dal mondo.


(Mario Benedetti)

sabato 24 settembre 2011

10/11 settembre 1931

Lo svegliarsi di una città, che avvenga con la nebbia o altrimenti, per me è sempre più commovente dello spuntare del giorno in campagna. Ci sono molte più cose che tornano alla vita, ci sono molte più cose da aspettarsi quando il sole, invece di limitarsi a indorare (prima di luce oscura, poi di luce umida, infine di oro luminoso) i prati, le sporgenze degli arbusti, le palme delle mani delle foglie, moltiplica i suoi possibili effetti sulle finestre, sui muri, sui tetti (...).
Un'aurora in campagna mi fa stare bene; un'aurora in città mi fa stare bene e male, e perciò mi fa stare meglio. Sì, perché la maggiore speranza che mi arreca possiede, come tutte le speranze, il sapore lontano e nostalgico di non essere realtà. Un mattino in campagna esiste; un mattino in città promette; il primo fa vivere; il secondo fa pensare.
Ed io sentirò sempre, come i grandi maledetti, che è meglio pensare che vivere.


(Fernando Pessoa; "Il libro dell'inquietudine")

giovedì 8 settembre 2011

Musica per organi caldi

Caddi in uno dei miei patetici periodi di chiusura.
Spesso, con gli esseri umani, buoni e cattivi, i miei sensi
semplicemente si staccano, si stancano: lascio perdere.
Sono educato.
Faccio segno di sì.
Fingo di capire, perché non voglio ferire nessuno.
Questa è la debolezza che mi ha procurato più guai. Cercando di
essere gentile con gli altri spesso mi ritrovo con l'anima a fettucce,
ridotta ad una specie di piatto di tagliatelle spirituali.
Non importa...
Il mio cervello si chiude.
Ascolto.
Rispondo.
E sono troppo ottusi per rendersi conto che io non ci sono...


(Charles Bukowski)

Afrodite, trono adorno, immortale

Aphrodite, trono adorno, immortale,
figlia di Zeus, che le reti intessi, ti prego:
l'animo non piegarmi o signora,
con tormenti e affanni.
Vieni qui, come altre volte
udendo la mia voce di lontano,
mi esaudisti; e lasciata la casa d'oro
del padre venisti,
aggiogato il carro. Belli e veloci
passeri ti conducevano, intorno alla terra nera,
con battito fitto di ali, dal cielo
attraverso l'aere.
E presto giunsero, tu beata,
sorridevi nel tuo volto immortale
e mi chiedevi del mio nuovo soffrire: perchè
di nuovo ti invocavo:
cosa mai desideravo che avvenisse
al mio animo folle. "Chi di nuovo devo persuadere
a rispondere al tuo amore? Chi è ingiusto
verso te, Saffo?
Se ora fugge: presto ti inseguirà:
se non accetta doni, te ne offrirà:
se non ti ama, subito ti amerà
pur se non vuole."
Vieni da me anche ora: liberami dagli affanni
angosciosi: colma tutti i desideri
dell'animo mio; e proprio tu
sii la mia alleata.


(Saffo)