lunedì 30 luglio 2018

Accendere una luce nelle tenebre del puro essere

Per quanto ci è dato conoscere, l'unico significato dell'esistenza umana è di accendere una luce nelle tenebre del puro essere.
 
 
(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")

Sabato 31 luglio 1926

Già da venerdì un desiderio di leggere poesia. Questo mi restituisce il senso della mia individualità. Ho letto un poco Dante e Bridges, senza darmi la pena di capire, ma traendone piacere.
 
 
(Virginia Woolf; "Diari")

...dove nessuno ti protegge dall'assalto della verità

- Mercoledì 28 settembre 1926
 
Ma c'è sempre da chiedersi se voglio davvero evitare queste malinconie. In parte sono il risultato di un concentrarsi in se stessi e posseggono un interesse psicologico che manca allo stato normale di lavoro e di divertimento. Queste nove settimane mi permettono di tuffarmi in acque profonde; cosa un poco allarmante, ma di grande interesse. Per tutto il resto dell'anno (a ragione, direi) non faccio che frenare e dominare questa strana anima incommensurabile. Quando essa si espande, sebbene io sia spaventata e annoiata e cupa, è una cosa stranissima, me lo ripeto ogni volta. C'è di tanto in tanto un lato stimolante in questo che giudico di enorme importanza. Si scende in fondo al pozzo dove nessuno ti protegge dall'assalto della verità. Laggiù non si può leggere o scrivere; eppure esisto. Sono.
 
 
(Virginia Woolf; "Diari")

In genere poi adoro di scrivere, qualunque cosa...

- Cortina d'Ampezzo, 31 ottobre 1924
 
Carissima zia.
(…) È questa l'unica consolazione che ho tra questo sfacelo; le mie letture (…) Pochi giorni fa abbiamo avuto, qui a Cortina, una forte nevicata; era la prima volta che ho visto questo fenomeno veramente bene; a Roma la neve è caduta due volte e s'è subito sciolta. Cortina aveva un curioso aspetto: delle nebbie s'erano fermate a mezzacosta sulle montagne; tutte le cose che spuntavano fuori dalla neve parevan per contrasto assolutamente nere; pareva che il cielo immoto e grigio si riposasse della fatica d'aver gettata tutta quella bianchezza sulla campagna; vi fu della gente che si divertì colle slitte. Io ho ammirato tutto, ma lo strano è che non l'ho toccata la neve: stava lì, a due passi, come una tentazione di Tantalo e mi sarebbe molto piaciuto di metter le mani in quella freschezza; invece le tenevo sotto le coperte al caldo. Del resto Cortina ha ora un'altra bellezza: è fulva. Tutti i larici che formano le sue foreste son divenuti color ruggine; sotto il sole essi hanno con i prati verdi delle delicate armonie di colori; e poi là dove i larici sono soverchiati dagli abeti sempreverdi, le abetaie danno la precisa impressione d'un tappeto molto cupo che cominci ad usurarsi, a divenir rossastro dove s'è sfilacciato. Insomma il panorama varia coll'autunno e così diverte l'osservazione. Queste descrizioni mi fanno molto piacere; non finirei mai di descrivere. In genere poi adoro di scrivere, qualunque cosa, per rappresentarne tutti i particolari sotto l'aspetto che mi piace. E questa è anche per me una consolazione; così scrivo molto, delle novelle, dei versi, inoltre sto a buon punto d'un romanzo in cui descrivo dei tipi che mi sono famigliari.
(…) Questo entusiasmo, ne sono sicuro, riceverà la sua buona doccia fredda appena mi alzerò e mi troverò avanti a certe cose sgradevoli a sopportarsi ma reali, ma intanto che sono infermo ne godo, ché mi fa vivere meno tediosamente e mi tiene il posto delle speranze che non ho più. Non credere che dicendo così io faccia il tragico: ad esempio non ho più speranza di camminare diritto; quasi certamente dovrò zoppicare. Cara zia, quando ti scrivo avviene come quando ti vedo: prima penso a tutte le cose che ti voglio dire, poi senza saper perché quasi sto zitto, oppure parlo di cose banali. In questa lettera ti mando dei versi che descrivono un tramonto a Cortina. Ho cercato di descriver quel che pensavo.
Cara zia, l'altro giorno ho aperto una vecchia Illustrazione Italiana, del 1915; sopra due pagine non v'erano che ritratti di giovani uomini, sormontati da questa scritta: "I caduti per la patria". Ho avuta una grande impressione: tutti quei ritratti sorridevano, v'erano dei visi interessanti, che rivelavano delle speranze robuste e il desiderio di vivere; questo mi faceva pena perché era quella stessa rivista, che ora nelle stesse pagine pubblica ritratti di signorine ben vestite e ridenti e fotografie di avvenimenti e cose frivole; pare che quegli altri ritratti non abbiano lasciato alcuna traccia né su quei fogli né altrove; e poi essi sorridono; il sorriso di una persona che non è più è rattristante quanto il profumo d'un fiore morto. Io penso spesso a quel tempo passato della guerra di cui non sono stato partecipe. 
Ed ora cara zia ti lascio. (…)
 
Ti mando un bacio,
il tuo Alberto
P.S. Scusami delle macchie: sono dovute alla mia posizione incommoda.
 
 
(Alberto Moravia, Lettera ad Amelia Rosselli)

Te

Te
lasciarti essere te
tutta intera

Vedere
che tu sei solo
se sei
tutto ciò che sei
la tenerezza
e la furia
quel che vuole sottrarsi
e quel che vuole aderire

Chi ama solo una metà
non ti ama a metà
ma per nulla
ti vuole ritagliare a misura
amputare
mutilare

Lasciarti essere te
è difficile o facile?
Non dipende da quanta
intenzione o saggezza
ma da quanto amore e quanta
aperta nostalgia di tutto -
di tutto
quel che tu sei

Del calore
e del freddo
della bontà
e della protervia
della tua volontà
e irritazione
di ogni tuo gesto
della tua ritrosia
incostanza
costanza

Allora
questo
lasciarti essere te
non è forse
così difficile
 
 
(Erich Fried)

Mania di solitudine

Mangio un poco di cena seduto alla chiara finestra.
Nella stanza è già buio e si guarda il cielo.
A uscir fuori, le vie tranquille conducono
dopo un poco, in aperta campagna.
Mangio e guardo nel cielo - chi sa quante donne
stan mangiando a quest'ora - il mio corpo è tranquillo;
il lavoro stordisce il mio corpo e ogni donna.
Fuori, dopo la cena, verranno le stelle a toccare
sulla larga pianura la terra. Le stelle son vive,
ma non valgono queste ciliege, che mangio da solo.
Vedo il cielo, ma so che fra i tetti di ruggine
qualche lume già brilla e che, sotto, si fanno rumori.
Un gran sorso e il mio corpo assapora la vita
delle piante e dei fiumi e si sente staccato da tutto.
Basta un po' di silenzio e ogni cosa si ferma
nel suo luogo reale, così com'è fermo il mio corpo.
 
Ogni cosa è isolata davanti ai miei sensi,
che l'accettano senza scomporsi: un brusío di silenzio.
Ogni cosa, nel buio, la posso sapere
come so che il mio sangue trascorre le vene.
La pianura è un gran scorrere d'acque tra l'erbe,
una cena di tutte le cose. Ogni pianta e ogni sasso
vive immobile. Ascolto i miei cibi nutrirmi le vene
di ogni cosa che vive su questa pianura.
 
Non importa la notte. Il quadrato di cielo
mi susurra di tutti i fragori, e una stella minuta
si dibatte nel vuoto, lontano dai cibi,
dalle case, diversa. Non basta a se stessa,
e ha bisogno di troppe compagne. Qui al buio, da solo,
il mio corpo è tranquillo e si sente padrone.
 
 
(Cesare Pavese, 27-29 maggio 1933)

domenica 22 luglio 2018

D’un tratto, mi dilata

D’un tratto, mi dilata
la mia idea,
e più grande mi fa dell’universo.
 
Allora, tutto sta
dentro di me. Stelle
dure, mari profondi,
idee d’altri, terre
vergini, sono la mia anima.
 
E a tutto comando io,
mentre senza comprendermi,
tutto pensa a me.
 
 
(Juan Ramón Jiménez)

sabato 21 luglio 2018

Il silenzio

Il mare zonato d'azzurro
Il mare zonato di verde
all'alba candida m'invita
e il Silenzio s'adagia tra il sussurro
e la spuma dell'onde, avido mostro
Ei m'arrovescia sulla sabbia,
mi ruba il respiro, mi ferma
il battito lieve del cuore;
mi si aderge sul petto; indi con rabbia
vuol nei suoi veli avvolgermi il pensiero
 
Silenzio, vampiro di questo
deserto marino, a che tenti
di stringere nelle tue spire
il mio pensiero che fervido e desto
vuol goder di quel mondo su cui incombi?
 
Custode di quella bellezza
fantasmagorica del zaffiro
che si dissolve nel pallore
dell'argento e poi sfuma con dolcezza
dallo smeraldo all'indaco e svanisce
in livide zone d'opale,
deh lascia la mente ammirare
l'amore che ferve nel mondo
inanimato e pur sorge dal male
che ivi accomuna la vita e la morte
 
E mentre il tuo mondo si tace
mi pare o Silenzio che aspetti;
che aspetti un Messia e il divino
bene che renda più umana la pace
perversa in cui s'immerge la natura
 
 
(Alberto Moravia)

Léda et le Cygne


Poesia

In ogni gioia breve e netta scorgo il mio pericolo.
Circolo chiuso ad ogni essere è l'amore che lo regge.
Tendo a questo dubbio intero, a un divieto in cui
cogliere il sospetto e la lusinga del mio movimento.
Universo che mi spazia e m'isola, poesia.
 
 
(Alfonso Gatto)

Adulto

Ormai non è più in mio potere controllare il cuore.
Conosco dove hanno di casa il cuore, gli altri.
Dentro il petto, si sa.
Per me invece
è impazzita l’anatomia.
È tutto cuore,
romba dappertutto.
Oh, quante,
di sole primavere,
hanno spinto in vent’anni dentro il mio incendio!
Quel carico non consumato è insopportabile.
E non insopportabile così,
tanto per fare un verso,
ma letteralmente.
 
 
(Vladimir Majakovskij)