domenica 29 aprile 2018

Dio tende al compimento

Per questo, perché Uno un tempo t'ha voluta,
io so che anche noi possiamo qui volerti.
Anche se d'alcuna profondità non ci curassimo,
se nasconde oro una montagna
ma nessuno vuole andarne alla ricerca,
il fiume un giorno lo trarrà alla luce -
lui che cerca tra il silenzio delle pietre,
colme.
 
Anche se noi non lo volessimo:
Dio tende al compimento.
 
 
(Rainer Maria Rilke)

E rimane bello il canto

Mia vita non è questo ripido momento
nel quale tu mi vedi tanto urgentemente andare.
Sono un albero di fronte allo spazio che per me si stende,
una soltanto delle mie molte bocche,
e proprio quella che per prima si dischiude.
 
Sono l'istante silenzioso tra due suoni,
che a fatica ora s'accordano l'un l'altro:
il suono morte, infatti, vuole prevalere -
 
Ma nell'oscuro intervallo si conciliano,
entrambi con un fremito.
 
E rimane bello il canto.
 
 
(Rainer Maria Rilke)

giovedì 19 aprile 2018

L'inatteso e l'inaudito appartengono a questo mondo

La conoscenza dei processi del profondo ha ben presto plasmato la mia relazione col mondo. Fondamentalmente, fu già nella mia infanzia quella che è oggi. Da bambino sentivo di essere solo, e lo sono ancora oggi, perché conosco cose e debbo riferirmi a cose delle quali gli altri apparentemente non conoscono nulla, e per lo più nemmeno vogliono conoscer nulla. La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma dalla incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti, o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili. La solitudine cominciò con le esperienze dei miei primi sogni, e raggiunse il suo culmine al tempo in cui mi occupavo dell'inconscio. Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario. Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell'amicizia, perché nessuno è più sensibile alle relazioni che il solitario, e l'amicizia fiorisce soltanto quando ogni individuo è memore della propria individualità e non si identifica con gli altri. È importante avere un segreto, una premonizione di cose sconosciute. Riempie la vita di qualcosa di impersonale, di un numinosum. Chi non ha mai fatto questa esperienza ha perduto qualcosa d'importante. L'uomo deve sentire che vive in un mondo che, per certi aspetti, è misterioso; che in esso avvengono e si sperimentano cose che restano inesplicabili, e non solo quelle che accadono nell'ambito di ciò che ci si attende. L'inatteso e l'inaudito appartengono a questo mondo. Solo allora la vita è completa. Per me, fin dal principio, il mondo è stato infinito e inafferrabile.
 
 
(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")

Aphrodite sur un cygne


Alla luna

O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l'anno, sovra questo colle,
Io venia pien d'angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, nè cangia stile,
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l'etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l'affanno duri!
 
 
(Giacomo Leopardi)

mercoledì 18 aprile 2018

La quiete dopo la tempesta

Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L'artigiano a mirar l'umido cielo,
Con l'opra in man, cantando,
Fassi in su l'uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua
Della novella piova;
E l'erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passegger che il suo cammin ripiglia.

Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand'è, com'or, la vita?
Quando con tanto amore
L'uomo a' suoi studi intende?
O torna all'opre? o cosa nova imprende?
Quando de' mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d'affanno;
Gioia vana, ch'è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.

O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
E' diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D'alcun dolor: beata
Se te d'ogni dolor morte risana.
 
 
(Giacomo Leopardi)

domenica 15 aprile 2018

Pensiero d'Aprile

Eppure è bella, anima mia, la vita:
non fosse che pei giorni in cui le foglie
giocano a quale per la prima spunti sui rami;
e tu le vedi, così tenere e trasparenti,
che ti s'apron l'ali nel rimirarle.
Come puoi del mondo tante cose sapere,
e non sapere come fa la fogliuzza a tornar verde entro la scorza,
ad affacciarsi, e tutta nova ridere al sol che la richiama?
La strada lunga che t'importa,
e l'essere strappata alla speranza che più cara ti fu,
tradita da chi più fedele credesti,
se goder sempre t'è dato di questa gioia?
E tu la sai ben certa nel giusto tempo:
ché non fu mai l'anno senza vicenda di stagioni,
e mai fu senza fronda il giovinetto aprile.
 
 
(Ada Negri)

Maria

Ti splende su l’umile testa
la sera d’autunno, Maria!
Ti vedo sorridere mesta
tra i tocchi d’un’Avemaria:
sorride il tuo gracile viso;
né trova, il tuo dolce sorriso,
nessuno:
così, con quelli occhi che nuovi
si fissano in ciò che tu trovi
per via; che nessuno ti sa;
quelli occhi sì puri e sì grandi,
coi quali perdoni, e domandi
pietà:
quelli occhi sì grandi, sì buoni,
sì pii, che da quando li apristi,
ne diedero dolci perdoni!
ne sparsero lagrime tristi!
quelli occhi cui nulla mai diede
nessuno, cui nulla mai chiede
nessuno!
quelli occhi che toccano appena
le cose! due poveri a cena
dal ricco, ignorati dai più;
due umili in fondo alla mensa,
due ospiti a cui non si pensa
già più!
 
 
(Giovanni Pascoli)

lunedì 9 aprile 2018

"Ospedale dell'Anima"

C'era un nuovo progetto, che mi tenne occupato a lungo e mi ci tiene tuttora: l'Odeon, una biblioteca modello, munita di sale per lezioni e conferenze, destinata a costituire un centro di cultura greca a Roma. Non vi prodigai tanti tesori quanti ne profusi nella nuova biblioteca di Efeso, costruita tre o quattro anni prima, né la colmai dell'eleganza accogliente di quella di Atene. Di questa mia fondazione vorrei fare l'emula, se non l'eguale, del Museo d'Alessandria (...) Nell'occuparmene, penso spesso alla bella iscrizione che Plotina aveva fatto apporre sulla soglia della biblioteca istituita a sua cura in pieno Foro Traiano: "Ospedale dell'Anima".
 
 
(Marguerite Yourcenar; "Memorie di Adriano")

...il più bello dei miei viaggi

Sin dalle notti della mia infanzia, quando col braccio levato Marullino m'indicava le costellazioni, l'interesse per le cose del cielo non mi ha mai abbandonato. Al campo, durante le veglie forzate, ho contemplato la luna che corre tra le nubi dei cieli barbari; più tardi, nelle limpide notti dell'Attica, ho ascoltato l'astronomo Terone di Rodi spiegarmi il suo sistema del mondo; disteso sul ponte d'una nave, in pieno Egeo, osservavo il lento moto oscillante dell'albero maestro spostarsi tra le stelle, andare dall'occhio acceso del Toro al pianto delle Pleiadi, dal Pegaso al Cigno; e ho risposto come meglio sapevo alle domande serie e ingenue del giovinetto che contemplava quello stesso cielo con me. Qui, in Villa, ho fatto costruire un vero osservatorio, ma oggi il mio male m'impedisce di ascenderne i gradini. Una volta, nella mia vita, ho fatto di più: ho offerto il sacrificio d'una intera notte alle costellazioni. Ciò avvenne dopo la mia visita a Osroe, durante la traversata del deserto siriaco. Disteso supino, gli occhi bene aperti, tralasciando per qualche ora ogni pensiero umano, mi sono abbandonato dal tramonto all'aurora a quel mondo di cristallo e di fiamma. È stato il più bello dei miei viaggi. Il grande astro della Lira, stella polare degli uomini che vivranno quando noi da dozzine di migliaia d'anni non saremo più, splendeva sul mio capo. I Gemelli rilucevano d'una luce tenue negli estremi bagliori del tramonto; il Serpente precedeva il Sagittario; l'Aquila saliva allo zenit, le ali aperte, e ai suoi piedi splendeva quella costellazione non ancora designata dagli astronomi alla quale in seguito ho dato il più caro dei nomi. La notte, che non è mai così totale come credono coloro che vivono e dormono nelle stanze, si fece più cupa, poi si rischiarò. Si spensero i fuochi, che s'erano lasciati accesi per fugare gli sciacalli; quel mucchio di brace ardente mi rammentò il nonno, in piedi nella sua vigna, le sue profezie che ormai erano il presente, e che sarebbero state ben presto il passato. Ho cercato di aderire al divino sotto molte forme; e ho conosciuto molte estasi. Ve ne sono di atroci; altre, d'una dolcezza struggente. Quella della notte siriaca fu singolarmente lucida. Mi tracciò i movimenti celesti con una precisione che nessuna osservazione parziale mi avrebbe mai consentito di raggiungere. Nel momento in cui scrivo, io so esattamente quali stelle passano qui, a Tivoli, sopra questo soffitto ornato di stucchi e di pitture preziose, e altrove, laggiù, su un sepolcro. Qualche anno dopo, la morte doveva diventare l'oggetto delle mie meditazioni costanti, il pensiero al quale ho dedicato tutte quelle forze del mio spirito che lo Stato non assorbiva. E chi dice morte esprime anche quel mondo misterioso al quale forse per suo mezzo si accede. Dopo tante riflessioni ed esperienze, talvolta condannabili, ignoro ancora quello che accade dietro quella buia cortina. Ma la notte siriaca rappresenta la mia parte consapevole d'immortalità.
 
 
(Marguerite Yourcenar; "Memorie di Adriano")