venerdì 28 dicembre 2018

Quando in un punto del suo giro

Quando in un punto del suo giro
un tram che viaggia in senso orario
sfiora per un istante uno di quelli
che viaggiano in senso antiorario
anche a noi passeggeri
dalle opposte destinazioni
càpita qualche volta di sfiorarci
con brevi occhiate da cui sbucano
malinconia e stanchezza
e un’ombra, solo un’ombra di pietà
simili a quelle che si scambiano
chi entra al Pini o in via Pace e chi ne esce
per pratiche attinenti
alla propria o all’altrui sopravvivenza.
 
 
(Giovanni Raboni)

O forse la felicità

O forse la felicità
è solo degli altri, d’un altro tempo,
d’un’altra vita e a noi non è possibile
che recitarla come viene viene,
a soggetto, ostinandoci a inseguire
la parte di noi stessi
in un vecchio, bizzarro canovaccio
senza capo né coda…
 
 
(Giovanni Raboni)

giovedì 27 dicembre 2018

Osservare partendo da se stessi

Una solida costruzione non crolla, un buon abbraccio non lascia andare; gli eredi onoreranno incessantemente chi compie queste cose. Coltiva la virtù in te stesso, e quella virtù sarà autentica; coltivala in casa, e quella virtù sarà abbondante; coltivala nel paese, e quella virtù durerà; coltivala nella nazione, e quella virtù sarà prospera; coltivala nel mondo, e quella virtù sarà universale. Perciò osserva te stesso partendo da te stesso, osserva le case partendo dalla tua casa, osserva i paesi partendo dal tuo paese, osserva le nazioni partendo dalla tua nazione, osserva il mondo partendo dal tuo mondo. Come so che le cose vanno così? Da questo.


(Lao-tzu)

martedì 25 dicembre 2018

Parlami di Dio

La quercia chiese al mandorlo:
parlami di Dio.
E il mandorlo fiorì.
 
 
(Nikos Kazantzakis)

...rispettare con fiducia il ritmo eterno

Mi ricordo di una mattina quando scoprii un bozzolo dietro un albero, proprio mentre la farfalla che era al suo interno stava facendo un buco nel suo involucro, preparandosi ad uscirne. Aspettai per un po', ma ci metteva tanto ad uscire ed ero impaziente. Mi chinai, alitando su di esso per riscaldarlo. Cercavo di riscaldarlo il più rapidamente possibile, e il miracolo iniziò ad avvenire davanti ai miei occhi, più veloce della vita. Il bozzolo si aprì; la farfalla iniziò lentamente ad uscire, ed io non dimenticherò mai il mio orrore quando vidi come le sue ali erano piegate all’indietro e stropicciate, la povera farfalla provò con tutto il suo corpo tremante a spiegarle. Chinandomi su di essa, cercai di aiutarla con il mio respiro, invano. Avrebbe avuto bisogno di schiudersi pazientemente, e il dispiegamento delle ali doveva essere un processo graduale attraverso il sole. Adesso era troppo tardi. Il mio respiro aveva costretto la farfalla ad uscire con le ali stropicciate, prima del tempo. Aveva lottato disperatamente e, pochi secondi più tardi, morì sul palmo della mia mano. Quel corpicino è, credo, il più grande peso che porto sulla mia coscienza. Perché oggi mi rendo conto che violare le grandi leggi della natura è un peccato mortale Non dovremmo avere fretta, non dovremmo essere impazienti, ma dovremmo rispettare con fiducia il ritmo eterno.
 
 
(Nikos Kazantzakis)

Luna, sketches


domenica 23 dicembre 2018

La donna entra nella stanza -

E senza essere il dottor Johnson o Goethe o Carlyle o Voltaire, è possibile sentire, anche se in modo molto diverso da quei grandi uomini, la natura di questa complessità e la forza di questa facoltà creativa altamente sviluppata tra le donne. La donna entra nella stanza - ma qui le risorse della lingua inglese dovrebbero potersi espandere fino all'inverosimile e interi sciami di parole venire alla luce illegittimamente dispiegando le loro ali prima che una donna possa dire cosa accade quando entra in una stanza. Le stanze sono completamente diverse; sono tranquille o fragorose; con le finestre aperte sul mare o, al contrario, chiuse sul cortile di una prigione; con i panni stesi ad asciugare; o splendenti di opali e sete; sono dure come crine di cavallo o soffici come piume - basta entrare in una qualunque stanza di una qualunque strada per essere sfidati da quella forza estremamente complessa della femminilità.
 
 
(Virginia Woolf; "Una stanza tutta per sé")

sabato 22 dicembre 2018

E io mi cerco sempre un paio di parole

A volte vorrei rifugiarmi con tutto quel che ho dentro un paio di parole. Ma non esistono ancora parole che mi vogliano ospitare. È proprio così. Io sto cercando un tetto che mi ripari ma dovrò costruirmi una casa, pietra su pietra. E così ognuno cerca una casa, un rifugio per sé. E io mi cerco sempre un paio di parole.


A volte mi sembra che ogni parola che vien detta, e ogni gesto che vien fatto, accrescano il grande equivoco. Allora vorrei sprofondarmi in un gran silenzio e vorrei anche imporre questo silenzio agli altri. Sì, a volte qualunque parola accresce i malintesi su questa terra troppo loquace.
 
 
(Etty Hillesum; "Diario")

Luglio 1942

Possono benissimo accorgersi che sono triste e indifesa nei loro confronti. Non ho nessun bisogno di fare una figura coraggiosa, ho la mia forza interiore e questo mi basta, il resto è irrilevante.
 
 
(Etty Hillesum; "Diario")

domenica 2 dicembre 2018

Devo accostarmi all'anima mia

Devo accostarmi all'anima mia come uno stanco viandante, che nulla ha cercato nel mondo all'infuori di lei. Devo imparare che dietro a ogni cosa da ultimo c'è l'anima mia, e se viaggio per il mondo ciò accade in fondo per trovare la mia anima. Perfino le persone più care non sono la meta e il fine della ricerca d'amore, ma simboli della nostra anima.
 
 
(Carl Gustav Jung; "Il libro rosso")

lunedì 26 novembre 2018

La notte bianca

Un'epoca lontana in sogno mi riappare,
la casa nel quartiere Pietroburgo.
Figlia d'una modesta proprietaria della steppa
tu sei all'istituto, tu, nativa di Kursk.
 
Sei carina e hai molti ammiratori.
In questa notte bianca noi due insieme,
rincantucciati sul tuo davanzale,
guardiamo giù da questo grattacielo.
 
Il mattino ha lambito col suo primo tremito
i lampioni, come farfalle di gas.
Ciò che sottovoce vado raccontandoti
somiglia tanto alle lontananze addormentate.
 
E noi siamo in preda a una medesima
trepidante dedizione al mistero,
come Pietroburgo col suo panorama
che si stende oltre la Neva sconfinata.
 
Laggiù, lontano, dietro impenetrabili confini,
in questa notte bianca di primavera,
con uno strepito d'inni gli usignoli
fanno echeggiare i limiti dei boschi.
 
Il frenetico trillo dilaga.
La voce del minuto, gracile uccellino
eccita all'entusiasmo e allo scompiglio
nella profondità della foresta incantata.
 
In quei posti, scalza viandante,
penetra la notte lungo lo steccato,
e dietro lei dal davanzale si trascina
l'orma del discorso origliato.
 
Fra gli echi di quel discorso sorpreso,
nei giardini recinti d'assicelle
i rami dei meli e dei ciliegi
si vestono d'un colore bianchiccio.
 
E, come fantasmi, gli alberi
si riversano bianchi in folla sulla strada,
facendo come cenni d'addio
alla notte bianca che così tanto ha visto.
 
 
(Boris Pasternak)

domenica 11 novembre 2018

Mai davvero felice e mai del tutto

Mai davvero felice e mai del tutto
infelice - oh, l'ho capito; e mi regolo.
Ma pensare la gioia, almeno quello:
pensarla! e qualche volta, senza farsi
troppe idee, senza montarsi la testa,
annusarla, sfiorarla con le dita
come se fosse (non lo è?) l'avanzo
della vita d'un santo, una reliquia…
 
 
(Giovanni Raboni)

Tanto difficile da immaginare

Tanto difficile da immaginare,
davvero, il paradiso? Ma se basta
chiudere gli occhi per vederlo, sta
lì dietro, dietro le palpebre, pare
 
che aspetti noi, noi e nessun altro, festa
mattutina, gloria crepuscolare
sulla città invulnerata, sul mare
di prima della diaspora – e si desta
 
allora, non la senti? una lontana
voce, lontana e più vicina come
se non l’orecchio ne vibrasse ma
 
un altro labirinto, una membrana
segreta, tesa nel buio a metà
fra il niente e il cuore, fra il silenzio e il nome…
 
 
(Giovanni Raboni)

Diana


sabato 6 ottobre 2018

Nella frescura d'autunno è bello

Nella frescura d'autunno è bello
scuotere al vento l'anima - che pare una mela -
e guardare l'aratro del sole
che solca sopra al fiume l'acqua azzurra.

È bello strapparsi dal corpo
il chiodo ardente d'una canzone
e nel bianco abito di festa
aspettare che l'ospite bussi.

Io mi studio, mi studio col cuore di serbare
negli occhi il fiore del ciliegio selvatico.
Solo nel ritegno i sentimenti si scaldano
quando una falla rompe il petto.

In silenzio rimbomba il campanile di stelle,
ogni foglia è una candela per l'alba.
Nessuno farò entrare nella stanza,
non aprirò a nessuno la porta.
 
 
(Sergej Esenin)

domenica 30 settembre 2018

Notturno

La collina è notturna, nel cielo chiaro.
Vi s’inquadra il tuo capo, che muove appena
e accompagna quel cielo. Sei come una nube
intravista fra i rami. Ti ride negli occhi
la stranezza di un cielo che non è il tuo.
La collina di terra e di foglie chiude
con la massa nera il tuo vivo guardare,
la tua bocca ha la piega di un dolce incavo
tra le coste lontane. Sembri giocare
alla grande collina e al chiarore del cielo:
per piacermi ripeti lo sfondo antico
e lo rendi più puro.
 
Ma vivi altrove.
Il tuo tenero sangue si è fatto altrove.
Le parole che dici non hanno riscontro
con la scabra tristezza di questo cielo.
Tu non sei che una nube dolcissima, bianca
impigliata una notte fra i rami antichi.
 
 
(Cesare Pavese - 19 ottobre 1940)

O colli dove nacqui, sempre v'avrò nel cuore

O colli dove nacqui, sempre v'avrò nel cuore,
distesi alla gran luce del meriggio d'estate,
silenziosi, coperti i larghi fianchi di boschi,
dov'io, fanciullo ignaro, scorrazzavo e già i primi
sogni mi tormentavano e struggimenti di gloria,
colli, oh colli ove nacqui, che svanite lontano,
oh sapessi io mai dire ciò che siete per me!
E vi rivedo ancora profilarvi nel cielo
infiammato al tramonto e riodo levarsi
su dalle coste vostre i canti che, dai filari,
lieti i vendemmiatori levavano alla brezza
della sera: rivedo me stesso ancora fanciullo,
steso nell'erba fresca, spaziar lo sguardo
perdutamente in alto, negli incendi di nubi….
Oh! Quando mi sovvengo di questi rapimenti
che chiudo in mezzo a voi m'ebbi, ancor sì fanciullo,
mi s'acqueta nell'anima ogni dubbio e confido.
 
 
(Cesare Pavese)

sabato 29 settembre 2018

Da leggere il mattino e la sera

Quello che amo
mi ha detto
che ha bisogno di me.
 
Per questo
ho cura di me stessa
guardo dove cammino e
temo che ogni goccia di pioggia
mi possa uccidere.
 
-----
 
Der, den ich liebe
hat mir gegagt
Daß er mich braucht.

Darum
Gebe ich auf mich acht
sehe auf meinen Weg und
Fürchte von jedem Regentropfen
Daß er mich erschlagen Könnte.
 
 
(Bertolt Brecht)

La curva dei tuoi occhi intorno al cuore

La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
ruota un moto di danza e di dolcezza,
aureola di tempo, arca notturna e fida
e se non so più quello che ho vissuto
 è perché non sempre i tuoi occhi mi hanno visto.

Foglie di luce e spuma di rugiada
canne del vento, risa profumate,
ali che il mondo coprono di luce,
navi che il cielo recano ed il mare,
caccia dei suoni e fonti dei colori,

profumi schiusi da una cova di aurore
sempre posata su paglia degli astri,
come il giorno vive di innocenza,
così il mondo vive dei tuoi occhi puri
e va tutto il mio sangue in quegli sguardi.
 
-----
 
La courbe de tes yeux fait le tour de mon coeur,
Un rond de danse et de douceur,
Auréole du temps, berceau nocturne et sûr,
Et si je ne sais plus tout ce que j'ai vécu
C'est que tes yeux ne m'ont pas toujours vu.

Feuilles de jour et mousse de rosée,
Roseaux du vent, sourires parfumés,
Ailes couvrant le monde de lumière,
Bateaux chargés du ciel et de la mer,
Chasseurs des bruits et sources des couleurs,

Parfums éclos d'une couvée d'aurores
Qui gît toujours sur la paille des astres,
Comme le jour dépend de l'innocence
Le monde entier dépend de tes yeux purs
Et tout mon sang coule dans leurs regards.
 
 
(Paul Celan)

Così tanto da poter vivere senza di te

Così tanto da poter vivere senza di te -
Ti amo - dunque Quanto è grande il mio amore?
Tanto quanto quello di Gesù?
Provamelo
Che Lui - amò gli Uomini -
Quanto io - amo te -
 
-----
 
So well that I can live without
I love thee - then How well is that?
As well as Jesus?
Prove it me
That He - loved Men -
As I - love thee -
 
 
(Emily Dickinson)

mercoledì 5 settembre 2018

La via della naturalezza

I grandi uomini sono pacifici e non hanno desideri; sono calmi e non hanno preoccupazioni. Fanno del cielo il loro tetto e della terra il loro veicolo; fanno delle quattro stagioni i loro cavalli e del buio e della luce i loro conducenti. Viaggiano là dove non c'è strada, vagano là dove non c'è noia, passano là dove non c'è nessuna porta. Con il cielo come tetto, non c'è niente che non sia coperto; con la terra come veicolo, non c'è niente che non sia trasportato. Con le quattro stagioni come cavalli, non c'è niente che non sia impiegato; con il buio e la luce come conducenti, non c'è niente che non sia incluso. Quindi essi sono veloci senza agitarsi e vanno lontano senza stancarsi. Con i corpi tranquilli, i loro intelletti sono integri, ed essi vedono tutto il mondo chiaramente. Questo significa attenersi all'essenza della Via ed osservare la terra senza confini. Perciò gli affari del mondo non vanno forzati, ma vanno promossi secondo la loro natura. Non può esser fatto niente per aiutare i cambiamenti delle miriadi di esseri, tranne cogliere l'essenziale e ritornare ad esso. Pertanto i saggi coltivano l'essenza interiore e non si adornano esteriormente con cose artificiali. Attivano il loro spirito vitale e mettono da parte le opinioni intellettuali. Sono aperti e spontanei, eppure non c'è niente che non facciano; non hanno nessuna regola, eppure non c'è nessun disordine. Essere spontanei significa non agire per mostrarsi agli altri. Non avere regola comporta non cambiare natura. La mancanza di disordine significa che essi agiscono per la mutua realizzazione degli esseri.


(Lao-tzu)

domenica 2 settembre 2018

Xenia I

Avevamo studiato per l'aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.
 
Non ho mai capito se io fossi
il tuo cane fedele e incimurrito
o tu lo fossi per me.
Per gli altri no, eri un insetto miope
smarrito nel blabla
dell'alta società. Erano ingenui
quei furbi e non sapevano
di essere loro il tuo zimbello:
di essere visti anche al buio e smascherati
da un tuo senso infallibile, dal tuo
radar di pipistrello.
 
 
(Eugenio Montale)

Red Nymph


giovedì 30 agosto 2018

Cade

cade
nel buio del vecchio pozzo
una camelia
 
-----
 
furuido no
kuraki ni otsuru
tsubaki kana
 
 
(Yosa Buson)

Sotto la soglia della coscienza era tutto un fermento di vita

(…) sotto la soglia della coscienza era tutto un fermento di vita. Fin dal principio avevo concepito il mio confronto con l'inconscio come un esperimento scientifico, che ero io a dirigere, il cui esito interessava la mia vita. Oggi potrei dire, egualmente bene, che si trattava di un esperimento che facevo su me stesso. Una delle più grandi difficoltà stava nel dominare i miei sentimenti negativi: mi abbandonavo volontariamente a emozioni che in realtà non potevo approvare, e scrivevo fantasie che spesso mi sembravano senza senso, e suscitavano in me resistenze. Perché, finché non ne intendiamo il significato, tali fantasie sono un diabolico miscuglio di sublime e di ridicolo. Sottopormi a esse mi era penoso, ma era il destino a esigerlo. Solo con uno sforzo supremo alla fine riuscii ad evadere dal labirinto. Per poter cogliere le fantasie che mi sollecitavano dal "sottosuolo", dovevo, per così dire, sprofondarmi in esse: cosa che provocava in me non solo una violenta opposizione, ma una vera paura. Temevo di perdere il controllo di me stesso e di divenire preda dell'inconscio e, quale psichiatra, sapevo fin troppo bene che cosa ciò volesse dire. Comunque, dopo lunghe esitazioni, mi resi conto che non c'era altro modo di venirne a capo. Dovevo accettare la sorte, e dovevo tuttavia osare impadronirmi di quelle immagini, poiché altrimenti correvo il rischio che fossero esse a impadronirsi di me.
 
 
(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")

...un tempio nel quale chi entrava si sentiva trasformato

In qualche zona remota della coscienza sapevo sempre di avere due personalità: una era il figlio dei miei genitori, che frequentava la scuola ed era meno intelligente, attento, volenteroso, decente e pulito di molti altri ragazzi; l'altra era adulta - in realtà già vecchia - scettica, sospettosa, lontana dal mondo umano ma vicina alla natura, alla terra, al sole e alla luna, a tutte le creature viventi, e vicina soprattutto alla notte, ai sogni, a tutto ciò che "Dio" produceva in lei direttamente. Ho messo "Dio" tra virgolette, perché mi pareva che la natura, come me, fosse stata messa in disparte da Dio come una cosa non divina, anche se creata da Lui e Sua manifestazione. Nulla riusciva a convincermi che il "fatto a immagine di Dio" dovesse riferirsi solo all'uomo. In realtà credevo che gli alti monti, i fiumi, i laghi, gli alberi, i fiori e gli animali manifestassero l'essenza di Dio assai meglio degli uomini, con i loro ridicoli vestiti, le loro meschinità, la vanità, la menzogna, l'odioso egotismo: tutte caratteristiche che conoscevo bene per averle io stesso, cioè la mia personalità numero 1, lo scolaro del 1890. Oltre il suo mondo esisteva un altro regno, un tempio nel quale chi entrava si sentiva trasformato e di colpo sopraffatto da una visione dell'intero cosmo, sì da dimenticare se stesso, vinto dallo stupore e dall'ammirazione. Qui viveva l'"Altro", al quale Dio era noto come un segreto nascosto, personale e al tempo stesso più che personale; qui nulla divideva l'uomo da Dio, come se la mente umana potesse mirare la Creazione all'unisono con Lui. Ciò che io qui rivelo, parola per parola, è qualcosa di cui allora non ero cosciente in modo distinto, sebbene ne avessi un netto presentimento e l'avvertissi con un sentimento profondo. In quei momenti sapevo che ero degno di me, e che io ero il mio vero me stesso. Non appena ero solo, potevo provare questa condizione: e perciò cercavo la pace e la solitudine di questo "Altro", la personalità numero 2.  Il gioco delle parti fra la personalità numero 1 e la numero 2, che si è protratto per tutta la mia vita, non ha nulla a che vedere con una "frattura" o una dissociazione, nell'abituale accezione medica. Al contrario, si verifica in ogni individuo. Nella mia vita il numero 2 ha avuto una parte di primo piano, e ho sempre cercato di fare posto a tutto ciò che mi fosse imposto dall'intimo. Esso è una figura tipica, che però solo pochissimi percepiscono: in molti l'intelletto cosciente non ha la capacità di intendere che è anche ciò che essi sono.
 
 
(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")

lunedì 27 agosto 2018

Separazione

separazione -
le spighe dell'orzo
tormentate tra le dita
 
-----
 
mugi no ho wo
chikara ni tsukamu
wakare kana
 
 
(Matsuo Basho)

Più bianco delle pietre

più bianco delle pietre
del Monte delle pietre
il vento dell'autunno
 
-----
 
ishiyama no
ishi yori shiroshi
aki no kaze
 
 
(Matsuo Basho)

sabato 25 agosto 2018

Sera

sera:
tra i fiori si spengono
rintocchi di campana
 
-----
 
kane kiete
hana no ka wa tsuku
vube kana
 
 
(Matsuo Basho)

Silenzio

silenzio:
graffia la pietra
la voce delle cicale
 
-----
 
shizukasa ya
iwa ni shimiiru
semi no koe
 
 
(Matsuo Basho)

domenica 19 agosto 2018

...come una creatura appena uscita dal nulla

L'"anima" dell'uomo ha un carattere eminentemente storico. In quanto personificazione dell'inconscio essa è impregnata di storia e preistoria, comprende i contenuti del passato, e fornisce all'individuo quegli elementi che dovrebbe conoscere dalla sua preistoria. Per l'individuo l'"anima" rappresenta tutta la vita del passato che è ancora viva in lui. A suo confronto mi sono sentito sempre come un barbaro, che realmente non ha storia, come una creatura appena uscita dal nulla, senza passato né futuro.
 
 
(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")

Asphodel


lunedì 30 luglio 2018

Accendere una luce nelle tenebre del puro essere

Per quanto ci è dato conoscere, l'unico significato dell'esistenza umana è di accendere una luce nelle tenebre del puro essere.
 
 
(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")

Sabato 31 luglio 1926

Già da venerdì un desiderio di leggere poesia. Questo mi restituisce il senso della mia individualità. Ho letto un poco Dante e Bridges, senza darmi la pena di capire, ma traendone piacere.
 
 
(Virginia Woolf; "Diari")

...dove nessuno ti protegge dall'assalto della verità

- Mercoledì 28 settembre 1926
 
Ma c'è sempre da chiedersi se voglio davvero evitare queste malinconie. In parte sono il risultato di un concentrarsi in se stessi e posseggono un interesse psicologico che manca allo stato normale di lavoro e di divertimento. Queste nove settimane mi permettono di tuffarmi in acque profonde; cosa un poco allarmante, ma di grande interesse. Per tutto il resto dell'anno (a ragione, direi) non faccio che frenare e dominare questa strana anima incommensurabile. Quando essa si espande, sebbene io sia spaventata e annoiata e cupa, è una cosa stranissima, me lo ripeto ogni volta. C'è di tanto in tanto un lato stimolante in questo che giudico di enorme importanza. Si scende in fondo al pozzo dove nessuno ti protegge dall'assalto della verità. Laggiù non si può leggere o scrivere; eppure esisto. Sono.
 
 
(Virginia Woolf; "Diari")

In genere poi adoro di scrivere, qualunque cosa...

- Cortina d'Ampezzo, 31 ottobre 1924
 
Carissima zia.
(…) È questa l'unica consolazione che ho tra questo sfacelo; le mie letture (…) Pochi giorni fa abbiamo avuto, qui a Cortina, una forte nevicata; era la prima volta che ho visto questo fenomeno veramente bene; a Roma la neve è caduta due volte e s'è subito sciolta. Cortina aveva un curioso aspetto: delle nebbie s'erano fermate a mezzacosta sulle montagne; tutte le cose che spuntavano fuori dalla neve parevan per contrasto assolutamente nere; pareva che il cielo immoto e grigio si riposasse della fatica d'aver gettata tutta quella bianchezza sulla campagna; vi fu della gente che si divertì colle slitte. Io ho ammirato tutto, ma lo strano è che non l'ho toccata la neve: stava lì, a due passi, come una tentazione di Tantalo e mi sarebbe molto piaciuto di metter le mani in quella freschezza; invece le tenevo sotto le coperte al caldo. Del resto Cortina ha ora un'altra bellezza: è fulva. Tutti i larici che formano le sue foreste son divenuti color ruggine; sotto il sole essi hanno con i prati verdi delle delicate armonie di colori; e poi là dove i larici sono soverchiati dagli abeti sempreverdi, le abetaie danno la precisa impressione d'un tappeto molto cupo che cominci ad usurarsi, a divenir rossastro dove s'è sfilacciato. Insomma il panorama varia coll'autunno e così diverte l'osservazione. Queste descrizioni mi fanno molto piacere; non finirei mai di descrivere. In genere poi adoro di scrivere, qualunque cosa, per rappresentarne tutti i particolari sotto l'aspetto che mi piace. E questa è anche per me una consolazione; così scrivo molto, delle novelle, dei versi, inoltre sto a buon punto d'un romanzo in cui descrivo dei tipi che mi sono famigliari.
(…) Questo entusiasmo, ne sono sicuro, riceverà la sua buona doccia fredda appena mi alzerò e mi troverò avanti a certe cose sgradevoli a sopportarsi ma reali, ma intanto che sono infermo ne godo, ché mi fa vivere meno tediosamente e mi tiene il posto delle speranze che non ho più. Non credere che dicendo così io faccia il tragico: ad esempio non ho più speranza di camminare diritto; quasi certamente dovrò zoppicare. Cara zia, quando ti scrivo avviene come quando ti vedo: prima penso a tutte le cose che ti voglio dire, poi senza saper perché quasi sto zitto, oppure parlo di cose banali. In questa lettera ti mando dei versi che descrivono un tramonto a Cortina. Ho cercato di descriver quel che pensavo.
Cara zia, l'altro giorno ho aperto una vecchia Illustrazione Italiana, del 1915; sopra due pagine non v'erano che ritratti di giovani uomini, sormontati da questa scritta: "I caduti per la patria". Ho avuta una grande impressione: tutti quei ritratti sorridevano, v'erano dei visi interessanti, che rivelavano delle speranze robuste e il desiderio di vivere; questo mi faceva pena perché era quella stessa rivista, che ora nelle stesse pagine pubblica ritratti di signorine ben vestite e ridenti e fotografie di avvenimenti e cose frivole; pare che quegli altri ritratti non abbiano lasciato alcuna traccia né su quei fogli né altrove; e poi essi sorridono; il sorriso di una persona che non è più è rattristante quanto il profumo d'un fiore morto. Io penso spesso a quel tempo passato della guerra di cui non sono stato partecipe. 
Ed ora cara zia ti lascio. (…)
 
Ti mando un bacio,
il tuo Alberto
P.S. Scusami delle macchie: sono dovute alla mia posizione incommoda.
 
 
(Alberto Moravia, Lettera ad Amelia Rosselli)

Te

Te
lasciarti essere te
tutta intera

Vedere
che tu sei solo
se sei
tutto ciò che sei
la tenerezza
e la furia
quel che vuole sottrarsi
e quel che vuole aderire

Chi ama solo una metà
non ti ama a metà
ma per nulla
ti vuole ritagliare a misura
amputare
mutilare

Lasciarti essere te
è difficile o facile?
Non dipende da quanta
intenzione o saggezza
ma da quanto amore e quanta
aperta nostalgia di tutto -
di tutto
quel che tu sei

Del calore
e del freddo
della bontà
e della protervia
della tua volontà
e irritazione
di ogni tuo gesto
della tua ritrosia
incostanza
costanza

Allora
questo
lasciarti essere te
non è forse
così difficile
 
 
(Erich Fried)

Mania di solitudine

Mangio un poco di cena seduto alla chiara finestra.
Nella stanza è già buio e si guarda il cielo.
A uscir fuori, le vie tranquille conducono
dopo un poco, in aperta campagna.
Mangio e guardo nel cielo - chi sa quante donne
stan mangiando a quest'ora - il mio corpo è tranquillo;
il lavoro stordisce il mio corpo e ogni donna.
Fuori, dopo la cena, verranno le stelle a toccare
sulla larga pianura la terra. Le stelle son vive,
ma non valgono queste ciliege, che mangio da solo.
Vedo il cielo, ma so che fra i tetti di ruggine
qualche lume già brilla e che, sotto, si fanno rumori.
Un gran sorso e il mio corpo assapora la vita
delle piante e dei fiumi e si sente staccato da tutto.
Basta un po' di silenzio e ogni cosa si ferma
nel suo luogo reale, così com'è fermo il mio corpo.
 
Ogni cosa è isolata davanti ai miei sensi,
che l'accettano senza scomporsi: un brusío di silenzio.
Ogni cosa, nel buio, la posso sapere
come so che il mio sangue trascorre le vene.
La pianura è un gran scorrere d'acque tra l'erbe,
una cena di tutte le cose. Ogni pianta e ogni sasso
vive immobile. Ascolto i miei cibi nutrirmi le vene
di ogni cosa che vive su questa pianura.
 
Non importa la notte. Il quadrato di cielo
mi susurra di tutti i fragori, e una stella minuta
si dibatte nel vuoto, lontano dai cibi,
dalle case, diversa. Non basta a se stessa,
e ha bisogno di troppe compagne. Qui al buio, da solo,
il mio corpo è tranquillo e si sente padrone.
 
 
(Cesare Pavese, 27-29 maggio 1933)

domenica 22 luglio 2018

D’un tratto, mi dilata

D’un tratto, mi dilata
la mia idea,
e più grande mi fa dell’universo.
 
Allora, tutto sta
dentro di me. Stelle
dure, mari profondi,
idee d’altri, terre
vergini, sono la mia anima.
 
E a tutto comando io,
mentre senza comprendermi,
tutto pensa a me.
 
 
(Juan Ramón Jiménez)

sabato 21 luglio 2018

Il silenzio

Il mare zonato d'azzurro
Il mare zonato di verde
all'alba candida m'invita
e il Silenzio s'adagia tra il sussurro
e la spuma dell'onde, avido mostro
Ei m'arrovescia sulla sabbia,
mi ruba il respiro, mi ferma
il battito lieve del cuore;
mi si aderge sul petto; indi con rabbia
vuol nei suoi veli avvolgermi il pensiero
 
Silenzio, vampiro di questo
deserto marino, a che tenti
di stringere nelle tue spire
il mio pensiero che fervido e desto
vuol goder di quel mondo su cui incombi?
 
Custode di quella bellezza
fantasmagorica del zaffiro
che si dissolve nel pallore
dell'argento e poi sfuma con dolcezza
dallo smeraldo all'indaco e svanisce
in livide zone d'opale,
deh lascia la mente ammirare
l'amore che ferve nel mondo
inanimato e pur sorge dal male
che ivi accomuna la vita e la morte
 
E mentre il tuo mondo si tace
mi pare o Silenzio che aspetti;
che aspetti un Messia e il divino
bene che renda più umana la pace
perversa in cui s'immerge la natura
 
 
(Alberto Moravia)

Léda et le Cygne


Poesia

In ogni gioia breve e netta scorgo il mio pericolo.
Circolo chiuso ad ogni essere è l'amore che lo regge.
Tendo a questo dubbio intero, a un divieto in cui
cogliere il sospetto e la lusinga del mio movimento.
Universo che mi spazia e m'isola, poesia.
 
 
(Alfonso Gatto)

Adulto

Ormai non è più in mio potere controllare il cuore.
Conosco dove hanno di casa il cuore, gli altri.
Dentro il petto, si sa.
Per me invece
è impazzita l’anatomia.
È tutto cuore,
romba dappertutto.
Oh, quante,
di sole primavere,
hanno spinto in vent’anni dentro il mio incendio!
Quel carico non consumato è insopportabile.
E non insopportabile così,
tanto per fare un verso,
ma letteralmente.
 
 
(Vladimir Majakovskij)

giovedì 14 giugno 2018

Io non so perché debbo tuffarmi in un silenzio subacqueo

Io non so perché debbo tuffarmi
in un silenzio subacqueo
in case lontane e vuote
dove il volo d’un essere piccolo
risuona di un mantra spaventoso
e il mio cuore scartocciato
nudo spellato coniglio sul marmo
luccio che risale la corrente
il mio cuore albero nudo invernale
nudo disadorno tavolaccio
si ispeziona da sé nelle sue camere
rosse, nel suo largo stanzone di cuore
ottocentesco un poco, bambinesco,
inaugura uno stupore
come guardando primariamente il mondo
vicino al segreto circolatorio delle cose.
 
Adesso la mente si farà silenziosa
e questo è il suo più alto lato.
 
 
(Mariangela Gualtieri)

domenica 27 maggio 2018

Estendere la mente nell'infinito

Dimmi piuttosto quanto è naturale per l'uomo estendere la mente nell'infinito. L'animo umano è grande e nobile, non tollera che gli siano imposti limiti che non coincidano anche con quelli della divinità. Prima di tutto non accetta una patria relegata in questo basso mondo, Efeso o Alessandria o qualsiasi altro luogo della terra ancor più popoloso o più splendidamente ornato di edifici: la sua patria è tutto lo spazio incommensurabile che comprende, cingendole, le estreme plaghe dell'universo; tutta questa volta celeste, sotto la quale si estendono i mari con le terre e l'aere che tiene separato l'umano dal divino, ma nel contempo li unisce, e dove si trovano distribuite tante essenze divine che attendono solerti ai loro rispettivi compiti. Poi l'animo non consente che gli sia assegnato un periodo angusto di tempo: "Tutti gli anni" dice "mi appartengono, nessuna epoca è chiusa a una mente elevata, non c'è alcun tempo che non sia accessibile al pensiero. (…)".
 
 
(Seneca; "Lettere a Lucilio")

mercoledì 23 maggio 2018

Come è forte il rumore dell’alba!

Come è forte il rumore dell’alba!
Fatto di cose più che di persone.
Lo precede talvolta un fischio breve,
una voce che lieta sfida il giorno.
Ma poi nella città tutto è sommerso.
E la mia stella è quella stella scialba
mia lenta morte senza disperazione.
 
 
(Sandro Penna)

Bontà inesausta

Chi ti dice
bontà
della mia montagna? -
così bianca
sui boschi già biondi
d’autunno -
 
e qui nebbie leggere alitano
in cui sospesa
è la luce dei ragnateli -
della rugiada
sulle foglie morte -
 
mentre il terriccio accoglie
petali stanchi di ciclamini
e crochi, velati
di uno stesso pallore
roseo -
 
tu sana, venata di sole,
porti sul grembo
il cielo tutto azzurro -
chiami voli d’uccelli
alle tue mani
colme di vento -
 
Bontà
a cui beve il suo canto
il cuore
e di cantare non può più finire -
perché sei la sorgente che rifà
il sorso bevuto
ed il suo fondo
non si tocca mai.
 
 
(Antonia Pozzi - Pasturo, 1° ottobre 1933)

domenica 20 maggio 2018

Ho il dovere di essere più forte del mio dolore

Adesso tornerai a scrivere poesie. Dici, parli, ma ha ragione Tonio Kröger. Impara a vivere sola - dentro di te. Costruisciti. Qui, o si muore o si comincia una tremenda vita. Io non devo morire, perché la mamma, sentendo il tonfo del mio corpo sulla terrazza del piano terreno, griderebbe "cosa c’è", si affaccerebbe e la porterebbero morta anche lei nel suo letto. Io sono una donna, ma devo essere più forte del povero Manzi  che si è ammazzato per una ragione uguale alla mia. Io lavorerò, Flaubert m’insegni. Ho il dovere di essere più forte del mio dolore, perché il dolore nasce sempre da uno sbaglio. Io ho sbagliato. Faccio ammenda. Pago del mio. - Orgoglio, aiutami - Bisogna nascere una seconda volta.
 
 
(Antonia Pozzi; "Diari", 17 ottobre 1935)