sabato 31 dicembre 2016

Non so

Io penso che il tuo modo di sorridere 
è più dolce del sole 
su questo vaso di fiori 
già un poco
appassiti -
penso che forse è buono 
che cadano da me 
tutti gli alberi - 
ch'io sia un piazzale bianco deserto 
alla tua voce - che forse 
disegna i viali 
per il nuovo 
giardino.


(Antonia Pozzi)

Sorelle, a voi non dispiace...

Sorelle, a voi non dispiace
ch'io segua anche stasera
la vostra via?
Così dolce è passare
senza parole per le buie strade del mondo - 
per le bianche strade dei vostri pensieri - 
così dolce è sentirsi 
una piccola ombra
in riva alla luce - 
così dolce serrarsi 
contro il cuore il silenzio 
come la vita più fonda 
solo ascoltando le vostre anime andare - 
solo rubando
con gli occhi fissi 
l'anima delle cose - 
Sorelle, se a voi non dispiace - 
io seguirò ogni sera 
la vostra via 
pensando ad un cielo notturno 
per cui due bianche stelle conducano 
una stellina cieca 
verso il grembo del mare.


(Antonia Pozzi)

sabato 24 dicembre 2016

Ti rivelerò un filtro d'amore...

Dice Ecatone: "Ti rivelerò un filtro d'amore senza droghe, senza erbe, senza alcuna formula di fattucchiera: - Se vuoi essere amato, ama - ".


(Seneca; "Lettere a Lucilio")

Natività




lunedì 19 dicembre 2016

...ma di tanto in tanto verrà anche l'ordine

La vita è atroce; lo sappiamo. Ma proprio perché aspetto tanto poco dalla condizione umana, i periodi di felicità, i progressi parziali, gli sforzi di ripresa e di continuità mi sembrano altrettanti prodigi che compensano quasi la massa immensa dei mali, degli insuccessi, dell'incuria e dell'errore. Sopravverranno le catastrofi e le rovine; trionferà il caos, ma di tanto in tanto verrà anche l'ordine. La pace s'instaurerà di nuovo tra le guerre; le parole umanità, libertà, giustizia ritroveranno qua e là il senso che noi abbiamo tentato d'infondervi. Non tutti i nostri libri periranno; si restaureranno le nostre statue infrante; alcune cupole, altri frontoni sorgeranno dai nostri frontoni, dalle nostre cupole; vi saranno uomini che penseranno, lavoreranno e sentiranno come noi: oso contare su questi continuatori che seguiranno, a intervalli irregolari, lungo i secoli, su questa immortalità intermittente.


(Marguerite Yourcenar; "Memorie di Adriano")

La mia prima patria sono stati i libri

La convenzione ufficiale vuole che un imperatore romano sia nato a Roma, ma io sono nato a Italica; a quel paese arido e tuttavia fertile ho sovrapposto in seguito tante regioni del mondo. La convenzione ha del buono: dimostra che le decisioni dello spirito e della volontà hanno la meglio sulle circostanze. Il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi: la mia prima patria sono stati i libri. (...) I metodi dei grammatici e dei retori, forse, sono meno assurdi di quel che mi apparissero allorché vi ero sottoposto. La grammatica, con quella sua mescolanza di regole logiche e di usi arbitrari, fa pregustare ai giovani quel che gli offriranno in seguito le dottrine riguardanti la condotta umana, il diritto o la morale, tutti sistemi nei quali l'uomo ha codificato la sua esperienza istintiva. Quanto alle esercitazioni di retorica, nelle quali impersonavamo volta a volta Serse e Temistocle, Ottaviano e Marc' Antonio, mi inebriarono: mi sentii Proteo, imparai a penetrare volta a volta nel pensiero di ciascuno, a comprendere che ciascuno si determina, vive e muore secondo proprie leggi. La lettura dei poeti produsse in me effetti ancor più conturbanti: non sono del tutto certo che conoscere l'amore sia più inebriante che scoprire la poesia. Quest'ultima mi trasformò: l'iniziazione alla morte non mi inoltrerà più avanti in un mondo diverso di quanto abbia fatto un crepuscolo virgiliano. In seguito, ho preferito la rusticità di Ennio, così vicino alle origini sacre della razza, o l'amarezza da saggio di Lucrezio, o anche l'umile frugalità di Esiodo alla opulenza di Omero. Ho amato soprattutto i poeti più ermetici e oscuri, che costringono il pensiero alla ginnastica più ardua, sia i recentissimi sia gli antichi, quelli che mi aprono sentieri completamente nuovi, o mi aiutano a rintracciare piste smarrite. Ma, in quell'epoca, amavo soprattutto nella poesia quel che tocca con immediatezza i sensi, la lucentezza metallica di Orazio, Ovidio e la sua mollezza carnale...


(Marguerite Yourcenar; "Memorie di Adriano")

domenica 18 dicembre 2016

Così s'incontrano, così si separano

Così s'incontrano, così si separano
gli sguardi in una folla - 
per sempre impressi possono restare -
tanto può un'espressione

senza un sol cenno - accogliere e ospitare - 
un altro volto - 
scomparso - appena colto -


(Emily Dickinson)

Nostalgia

Quando
la notte è a svanire 
poco prima di primavera
e di rado
qualcuno passa

Su Parigi s'addensa 
un oscuro colore
di pianto

In un canto
di ponte
contemplo
l'illimitato silenzio
di una ragazza
tenue

Le nostre
malattie
si fondono

E come portati via
si rimane


(Giuseppe Ungaretti)

mercoledì 7 dicembre 2016

Si vorrebbe essere un balsamo...

Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite.


(Etty Hillesum; "Diario")

In fondo, io non ho paura

- 27 febbraio 1942, venerdì mattina, le dieci.

Mi sembra presuntuoso affermare che un uomo possa determinare il proprio destino dall'interno. Quel che invece un uomo ha in mano è il proprio orientamento interiore verso il destino.  I fatti esterni non bastano per capire la vita di una persona: bisogna conoscerne i sogni, il rapporto con la famiglia, gli stati d'animo, le delusioni, la malattia e la morte. (...) Mercoledì mattina presto, quando con un gruppo numeroso ci siamo trovati in quel locale della Gestapo, i fatti delle nostre vite erano tutti uguali: eravamo tutti nello stesso ambiente, gli uomini dietro la scrivania come quelli che venivano interrogati. Ciò che qualificava la vita di ciascuno era l'atteggiamento interiore verso quei fatti. Si notava subito un giovane che camminava su e giù con un'espressione palesemente scontenta, assillato e tormentato. Cercava in continuazione pretesti per urlare a quei disgraziati ebrei: "Mani fuori dalle tasche per favore...", ecc. Per me era da compiangere più di coloro a cui stava urlando; e questi, a loro volta, facevano pena nella misura in cui erano impauriti. Quando mi sono presentata davanti alla scrivania, mi ha urlato improvvisamente: "Che ci trova di ridicolo?". Avrei risposto volentieri: "Niente, tranne lei", ma per diplomazia m'è parso meglio lasciar stare. "Lei ride tutto il tempo" continuava a urlare lui. E io in tutta innocenza: "Non me ne accorgo proprio, è la mia faccia normale". E lui: "Per favore non dica scemenze, vada fffuori", con una faccia che voleva dire: tra poco mi sentirai. Credo che questo fosse il momento psicologico in cui avrei dovuto spaventarmi a morte, ma quel trucco l'ho capito troppo in fretta. In fondo, io non ho paura. Non per una forma di temerarietà, ma perché sono cosciente del fatto che ho sempre a che fare con degli esseri umani, e che cercherò di capire ogni espressione, di chiunque sia e fin dove mi sarà possibile. E il fatto storico di quella mattina non era che un infelice ragazzo della Gestapo si mettesse a urlare contro di me, ma che francamente io non ne provassi sdegno - anzi, che mi facesse pena, tanto che avrei voluto chiedergli: hai avuto una giovinezza così triste, o sei stato tradito dalla tua ragazza? Aveva un'aria così tormentata e assillata, del resto anche molto sgradevole e molle. Avrei voluto cominciare subito a curarlo, ben sapendo che questi ragazzi sono da compiangere fintanto che non sono in grado di fare del male, ma che diventano pericolosissimi se sono lasciati liberi di avventarsi sull'umanità. È solo il sistema che usa questo tipo di persone a essere criminale. E quando si parla di sterminare, allora che sia il male nell'uomo, non l'uomo stesso. Un'altra cosa ancora dopo quella mattina: la mia consapevolezza di non essere capace di odiare gli uomini malgrado il dolore e l'ingiustizia che ci sono al mondo, la coscienza che tutti questi orrori non sono come un pericolo misterioso e lontano al di fuori di noi, ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di noi. E perciò sono molto più familiari e assai meno terrificanti. Quel che fa paura è il fatto che certi sistemi possano crescere al punto da superare gli uomini e da tenerli stretti in una morsa diabolica, gli autori come le vittime: così, grandi edifici e torri, costruiti dagli uomini con le loro mani, s'innalzano sopra di noi, ci dominano, e possono crollarci addosso e seppellirci.


(Etty Hillesum; "Diario")

L'età dell'anima

- 12 ottobre 1942

L'età dell'anima è diversa da quella registrata all'anagrafe. Credo che l'anima abbia una determinata età fin dalla nascita, e che questa età non cambi più. Si può nascere con un'anima che ha dodici anni. Si può anche nascere con un'anima che ne ha mille, esistono ragazzini dodicenni in cui si sente un'anima simile. Credo che l'anima sia la parte più inconscia dell'uomo, soprattutto in Occidente, penso che un orientale "viva" la propria anima molto di più. L'occidentale non sa bene che farsene e se ne vergogna come di una cosa immorale. L'anima è diversa da ciò che noi chiamiamo "sentimento". Ci sono persone che hanno molto "sentimento" ma poca anima.


(Etty Hillesum; "Diario")

...anch'io credo, so che esiste un'altra vita

- 27 settembre 1942

Che si possa essere un fuoco così sfavillante! Tutte le parole ed espressioni adoperate sinora mi sembrano grigie, pallide e scolorite, se paragonate all'intensa gioia di vivere, all'amore e alla forza che si sprigionano ora da me. (...) ...anch'io credo, so che esiste un'altra vita. Credo persino che certe persone siano in grado di vederla e di viverla anticipatamente. Quello è un mondo in cui gli eterni sussurri mistici si sono fatti viva realtà, e in cui gli oggetti e le parole comuni hanno acquistato un significato più alto.


(Etty Hillesum; "Diario")