Mio Tugnin, tanto e sempre caro,
non voglio che ti manchi almeno la mia nuda parola d'augurio per la tua festa, né che mi senta lontana, troppo diversa dagli anni passati. Perché io ti penso con la stessa tenerezza d'un tempo e vorrei, questa sera, poterti ripetere al telefono, come un tempo le nostre consuete parole: "buona notte, sorellina". Tu le devi sentire nel cuore, Antonia, come, nel cuore, io le dirò, domani a sera, per te. Ora che una tappa, comunque, è finita, nel tuo cammino, ora che una meta è raggiunta, pur come semplice segno concreto di una realtà interiore assai più varia e vasta, per la nuova strada che s'apre, antica e nuova, io voglio dirti il mio augurio di bene. Forse la sorgente più fonda della nostra pace è la fede: pace che non è ozio o pigro ristagno di vita, ma equilibrio, saldezza interiore, compenetrazione dell'ideale con la realtà, condizione unica e necessaria perché le energie dell'anima non si disperdano vanamente, ma producano e segnino frutti concreti per il potenziamento sempre maggiore di noi; fede che forse è più che l'amore, che è, dell'amore, la realtà più piena. Per questa fede e sulle tracce di questa pace io sono qui ora, tu lo sai. Perché ho udito la parole di Colui che disse, ai discepoli che non s'eran turbati per la sua morte: "Io vi do la 'mia' pace". Si riveli anche a te, mia sorella, un segno cui tendere in dedizione ferma e sicura, una realtà in cui credere e per cui operare, nella pace, qualcosa che, trascendendo le mobili vibrazioni dell'anima, ti radichi con sé nella realtà, perché tu possa produrre frutti concreti di vita.
Ti devo ringraziare del tuo saluto da Misurina, del tuo ricordo dai monti bellissimi. Vorrei dirti tante cose di me, della mia esperienza nuova; vorrei sapere di te, che cosa fai, a che cosa tendi. È tempo di agire, di unificare. Mandami le parole tue nuove, se la signorina Musa si è risvegliata... Fatti un programma, cui disciplinarti, contro ogni possibile dispersione. Qui ci sono tante cose belle, oltre che buone e vere, e mi danno una dolcezza grande che aiuta a superare ogni ombra. Ci sono testine chiare di bambine e mani, fatte materne nel nome di Dio, chinate a ravviarle, ogni alba. Ci sono, nel giardino, due piante altissime e una moltitudine di uccelli che via ne svola, quando apro le imposte, per il giorno nuovo. E la carità fraterna ti serra intorno vincoli casti, che sai tuttavia imperituri, nella legge del Signore nostro.
Ti faccio una bella carezza, Tugnin; anche a te, sui capelli, come alle bimbe che incontro ogni giorno nel corridoio. Tu sai come ti voglio bene
Lucia
(Lucia Bozzi; lettera ad Antonia Pozzi - 1936)

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