(...) Portavo con me pensieri di cui non potevo parlare con nessuno, sarebbero stati solo fraintesi. Avvertivo nel modo più penoso l'abisso tra il mondo esterno e il mio mondo interiore, né potevo ancora cogliere quella interazione tra questi due mondi, che oggi vedo con chiarezza. Scorgevo solo un'insanabile contraddizione tra dentro e fuori. Comunque, fin dal principio mi era chiaro che avrei potuto mettermi in rapporto col mondo esterno e con gli uomini solo se fossi riuscito a mostrare che i contenuti dell'esperienza psichica sono reali e non solo come mie esperienze personali, ma come esperienze collettive, che dunque anche altri possono avere. In seguito, ho cercato di dimostrare questo nelle mie opere scientifiche, ma prima, feci tutto quanto era in mio potere per comunicare a coloro che mi erano vicini, un nuovo modo di vedere. Sapevo, che se non vi fossi riuscito, sarei stato condannato a una solitudine assoluta.
(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")
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