Invano mi attardo a decifrare
l'alfabeto del mondo.
Leggo nelle pietre un oscuro singhiozzo,
echi soffocati tra torri e palazzi,
grazie al tatto indovino la terra
piena di fiumi, paesaggi e colori,
ma quando li copio mi sbaglio sempre.
Per scrivere devo aggrapparmi a una linea
sul libro dell'orizzonte.
Disegnare il miracolo di quei giorni
che galleggiano avvolti nella luce
e si liberano in canti di uccelli.
Quando in strada gli uomini che oscillano
dal rancore alla fatica, cavillosi,
mi si rivelano più che mai innocenti.
Quando il baro, il furfante, l'adultera,
i martiri dell'oro o dell'amore
sono soltanto segnali che non ho saputo leggere,
che ancora non riesco ad annotare nel mio quaderno.
Quanto vorrei che almeno per un istante
questa pagina febbricitante di poesia
incidesse ogni lettera nella sua trasparenza:
la o del ladro, la t del santo
il gotico dittongo del corpo e del suo desiderio,
con la stessa scrittura del mare sulle sabbie,
la stessa cosmica pietà
che la vita distende davanti ai miei occhi.
-----
En vano me demoro deletreando
echi soffocati tra torri e palazzi,
grazie al tatto indovino la terra
piena di fiumi, paesaggi e colori,
ma quando li copio mi sbaglio sempre.
Per scrivere devo aggrapparmi a una linea
sul libro dell'orizzonte.
Disegnare il miracolo di quei giorni
che galleggiano avvolti nella luce
e si liberano in canti di uccelli.
Quando in strada gli uomini che oscillano
dal rancore alla fatica, cavillosi,
mi si rivelano più che mai innocenti.
Quando il baro, il furfante, l'adultera,
i martiri dell'oro o dell'amore
sono soltanto segnali che non ho saputo leggere,
che ancora non riesco ad annotare nel mio quaderno.
Quanto vorrei che almeno per un istante
questa pagina febbricitante di poesia
incidesse ogni lettera nella sua trasparenza:
la o del ladro, la t del santo
il gotico dittongo del corpo e del suo desiderio,
con la stessa scrittura del mare sulle sabbie,
la stessa cosmica pietà
che la vita distende davanti ai miei occhi.
-----
En vano me demoro deletreando
el alfabeto del mundo.
Leo en las piedras un oscuro sollozo,
ecos ahogados en torres y edificios,
indago la tierra por el tacto
llena de ríos, paisajes y colores,
pero al copiarlos siempre me equivoco.
Necesito escribir ciñéndome a una raya
sobre el libro del horizonte.
Dibujar el milagro de esos días
que flotan envueltos en la luz
y se desprenden en cantos de pájaros.
Cuando en la calle los hombres que deambulan
de su rencor a su fatiga, cavilando,
se me revelan más que nunca inocentes.
Cuando el tahúr, el pícaro, la adúltera,
los mártires del oro o del amor
son sólo signos que no he leído bien,
que aún no logro anotar en mi cuaderno.
Cuánto quisiera al menos un instante
que esta plana febril de poesía
grabe en su transparencia cada letra:
la o del ladrón, la t del santo
el gótico diptongo del cuerpo y su deseo,
con la misma cósmica piedad
que la vida despliega ante mis ojos.
(Eugenio Montejo)
(Eugenio Montejo)
Nessun commento:
Posta un commento