domenica 24 maggio 2015

La vastità di un sollievo

Non so perché (me ne accorgo all'improvviso) sono solo in ufficio. Ne avevo già avuto il presentimento in maniera indefinita. In una zona della mia consapevolezza di me stesso c'era la vastità di un sollievo, un respiro più profondo di polmoni diversi. Il ritrovarsi da soli in una casa che di solito è affollata o rumorosa o che non è nostra, è una delle più curiose sensazioni che ci può provocare il caso degli incontri o delle assenze. All'improvviso proviamo un'impressione di padronanza assoluta, di dominio facile e ampio, di vastità (come ho detto), di sollievo e quiete. Che piacere essere ampiamente soli! Poter parlare ad alta voce con noi stessi, passeggiare senza il fastidio di altri sguardi, reclinarsi sulla sedia in una fantasticheria indisturbata! Ogni edificio diventa una campagna, ogni stanza ha l'estensione di una fattoria. I rumori sono estranei, come se appartenessero a un universo vicino ma indipendente. Finalmente siamo dei sovrani. In fondo ciascuno di noi ha questa aspirazione, e forse noi plebei abbiamo questa aspirazione più degli sfiziosi fatti d'oro posticcio. Per un attimo noi siamo i pensionati dell'universo, ci adagiamo nella routine del vitalizio che ci è stato concesso, privi di necessità e preoccupazioni. Ah, ma ecco che riconosco nel passo che sale le scale, ignorando chi possa essere, quel qualcuno che interromperà la villeggiatura della mia solitudine. Il mio impero implicito sarà invaso dai barbari. Il suono dei passi non mi è noto e non mi ricorda nessuno. Eppure il sordo istinto dell'anima mi dice che colui che sta salendo è diretto qui (per ora sono soltanto dei passi), e all'improvviso lo vedo, perché penso a lui. E infatti è uno degli impiegati. Si ferma, sento il rumore della porta, entra. Ora lo vedo. Entrando mi dice: "Qui da solo, signor Soares?" E io rispondo: "Si, come di norma..." E allora lui dice, sfilandosi la giacca e con lo sguardo sull'altra giacca, quella vecchia appesa all'attaccapanni: "Che seccatura essere qui da soli, signor Soares. E per di più..." "È vero, è una seccatura," rispondo io. "Fa venire voglia di dormire," dice lui, con la giacca sdrucita addosso, incamminandosi verso la sua scrivania. "È proprio così," confermo sorridendo. Poi, nello stendere la mano verso la penna dimenticata, rientro, graficamente, nella salute anonima della vita normale...


(Fernando Pessoa; "Il libro dell'inquietudine")

1 commento:

  1. Questo libro è bellissimo, ma non devi cercare piacere solo nella solitudine.
    A me, ad esempio, tu manchi tanto che ti ho sognata stanotte.

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