Spesso trascorro ore intere al Terreiro do Paço, sulla sponda del fiume, in inutili meditazioni. La mia impazienza vorrebbe sempre strapparmi a quella quiete, e la mia inerzia costantemente mi ci trattiene. Medito, allora, in un sopore fisico che assomiglia alla voluttà come il sussurro del vento assomiglia a voci umane, nell'eterna insaziabilità dei miei desideri vaghi, nella perenne instabilità delle mie ansie impossibili. Soffro principalmente del male di poter soffrire. Mi manca qualcosa che non desidero e soffro per il fatto che esso non sia esattamente una sofferenza. Il molo, la sera, il salmastro entrano tutti, ed entrano insieme, nella composizione della mia angoscia. I flauti dei pastori impossibili non sono più soavi del fatto che qui non ci siano flauti e che proprio questo li evoca in me.
(Fernando Pessoa)
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