- Monte Ilice, 3 Settembre 1854
Mia cara Marianna.
Avevo promesso di scriverti ed ecco come tengo la mia promessa! In venti giorni che son qui, a correr pei campi, sola! tutta sola! intendi? dallo spuntar del sole insino a sera, a sedermi sull'erba sotto questi immensi castagni, ad ascoltare il canto degli uccelletti che sono allegri, saltellano come me e ringraziano il buon Dio, non ho trovato un minuto, un piccolo minuto, per dirti che ti voglio bene cento volte dippiù adesso che son lontana da te e che non ti ho più accanto ad ogni ora del giorno come laggiù, al convento. Quanto sarei felice se tu fossi qui, con me, a raccogliere i fiorellini, ad inseguire le farfalle, a fantasticare all'ombra di questi alberi, allorché il sole è più cocente, a passeggiare abbracciate in queste belle sere, al lume di luna, senz'altro rumore che il ronzìo degli insetti, che mi sembra melodioso perché mi dice che sono in campagna, in piena aria libera, e il canto di quell'uccello malinconico di cui non so il nome, ma che mi fa venire agli occhi lagrime dolcissime quando la sera sto ad ascoltarlo dalla mia finestra.
(…) Tutto qui è bello, l'aria, la luce, il cielo, gli alberi, i monti, le valli, il mare! Allorché ringrazio il Signore di tutte queste belle cose, io lo faccio con una parola, con una lagrima, con uno sguardo, sola in mezzo ai campi, inginocchiata sul musco dei boschi o seduta sull'erba. Ma mi pare che il buon Dio debba esserne più contento perché lo ringrazio con tutta l'anima, e il mio pensiero non è imprigionato sotto le oscure volte del coro, ma si stende per le ombre maestose di questi boschi, e per tutta l'immensità di questo cielo e di quest'orizzonte.
(…) Adesso sono allegra, felice, e mi stupisco come tutta quella gente abbia paura e maledica il coléra… Benedetto coléra che mi fa star qui, in campagna! Se durasse tutto l'anno! No, io ho torto! Perdonami, Marianna. Chi sa quanta povera gente piange mentre io rido e mi diverto!... Mio Dio! bisogna che io sia ben disgraziata se non devo esser felice che allorquando tutti gli altri soffrono! Non mi dire che son cattiva; vorrei esser soltanto come tutti gli altri, nulla di più, e godere coteste benedizioni che il Signore ha date a tutti: l'aria, la luce, la libertà!...
(Giovanni Verga; "Storia di una capinera")