Dovete credermi, dunque, quando dico che non voglio criticare, che sto cercando di capire. Molte cose che potrebbero dispiacermi cessano di farlo quando ne comprendo la causa. (…) La malattia è la dolorosa testimonianza di qualche conflitto in atto nel corpo e nell'anima. Io cerco di scoprire che cosa i miei pazienti stiano nascondendo a se stessi; perciò, quando si rivolgono a me, mi limito al ruolo dell'ascoltatore. Faccio il vuoto nella mia mente, la rendo cioè ricettiva. Devo liberarmi di ogni preconcetto, evitare di dare giudizi sullo stato morale o spirituale che essi mi svelano. A un certo punto del colloquio, i pazienti incominciano a parlare di qualcosa che riesce loro difficile dire, e allora diventa evidente dove sta il conflitto. A volte si tratta di qualcosa di molto semplice e diretto, un'idea sbagliata sulla vita, che li tiene prigionieri e impedisce loro di vivere appieno, e che ha persino dato origine a un disturbo nervoso per segnalare la sua esistenza. Se il paziente arriva a capire che il conflitto è reale, e drammatico, e che tutti i suoi sforzi per eluderlo sono vani, oltre che indegni di lui, allora io posso essergli di aiuto. Allora la mia esperienza può essere posta al suo servizio.
(Carl Gustav Jung; "Jung parla - interviste e incontri")
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