Quando mi si dice che sono un sapiente, o un saggio, mi rifiuto di crederlo. Un uomo una volta immerse un cappello in un fiume e lo ritrasse colmo d'acqua. Che vuol dire? Non sono quel fiume. Sono in riva al fiume, ma non faccio nulla. Altri si trovano sulla riva dello stesso fiume, ma molti di loro pensano di doverlo fare essi stessi. Io non faccio nulla. Non penso mai di essere colui che si debba preoccupare che le ciliegie abbiano gambi. Sto lì a guardare e ammiro ciò che la natura sa fare. C'è una bella antica leggenda di un rabbino. Uno studente andò da lui e disse: "Nei tempi passati vi furono uomini che videro Dio in faccia. Perché questo non accade più?". Il rabbino rispose: "Perché oggi nessuno sa chinarsi tanto". Bisogna chinarsi un poco, per attingere l'acqua del fiume. La differenza fra me e la maggior parte degli altri uomini è che per me i "muri divisori" sono trasparenti. È questa la mia caratteristica. Altri ritengono i muri così spessi, che al di là di quelli non vedono nulla, e perciò credono che non vi sia nulla. In un certo qual modo io percepisco i processi che si verificano nel profondo, e da ciò deriva la mia certezza interiore. Chi non vede nulla non ha nessuna certezza, e non può pervenire a nessuna conclusione, o non può fidarsi delle sue conclusioni. Non so che cosa mi abbia consentito di percepire la corrente della vita. Probabilmente l'inconscio stesso, o forse i miei primi sogni. Essi hanno deciso il mio cammino fin dall'inizio.
(Carl Gustav Jung; "Ricordi, sogni, riflessioni")
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