lunedì 19 dicembre 2016

La mia prima patria sono stati i libri

La convenzione ufficiale vuole che un imperatore romano sia nato a Roma, ma io sono nato a Italica; a quel paese arido e tuttavia fertile ho sovrapposto in seguito tante regioni del mondo. La convenzione ha del buono: dimostra che le decisioni dello spirito e della volontà hanno la meglio sulle circostanze. Il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi: la mia prima patria sono stati i libri. (...) I metodi dei grammatici e dei retori, forse, sono meno assurdi di quel che mi apparissero allorché vi ero sottoposto. La grammatica, con quella sua mescolanza di regole logiche e di usi arbitrari, fa pregustare ai giovani quel che gli offriranno in seguito le dottrine riguardanti la condotta umana, il diritto o la morale, tutti sistemi nei quali l'uomo ha codificato la sua esperienza istintiva. Quanto alle esercitazioni di retorica, nelle quali impersonavamo volta a volta Serse e Temistocle, Ottaviano e Marc' Antonio, mi inebriarono: mi sentii Proteo, imparai a penetrare volta a volta nel pensiero di ciascuno, a comprendere che ciascuno si determina, vive e muore secondo proprie leggi. La lettura dei poeti produsse in me effetti ancor più conturbanti: non sono del tutto certo che conoscere l'amore sia più inebriante che scoprire la poesia. Quest'ultima mi trasformò: l'iniziazione alla morte non mi inoltrerà più avanti in un mondo diverso di quanto abbia fatto un crepuscolo virgiliano. In seguito, ho preferito la rusticità di Ennio, così vicino alle origini sacre della razza, o l'amarezza da saggio di Lucrezio, o anche l'umile frugalità di Esiodo alla opulenza di Omero. Ho amato soprattutto i poeti più ermetici e oscuri, che costringono il pensiero alla ginnastica più ardua, sia i recentissimi sia gli antichi, quelli che mi aprono sentieri completamente nuovi, o mi aiutano a rintracciare piste smarrite. Ma, in quell'epoca, amavo soprattutto nella poesia quel che tocca con immediatezza i sensi, la lucentezza metallica di Orazio, Ovidio e la sua mollezza carnale...


(Marguerite Yourcenar; "Memorie di Adriano")

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