sabato 7 dicembre 2013

E fin dentro il sonno più profondo sapere che sei tu

Rainer, ho ricevuto la tua lettera il giorno del mio onomastico: il 30 luglio, perché una santa ce l'ho anch'io, benché mi senta la primogenita del mio nome, e senta te come primogenito del tuo. Il santo chiamato Rainer aveva certamente un nome diverso. Tu sei Rainer. Dunque, il giorno del mio onomastico, il regalo più bello - la tua lettera! Del tutto inattesa, come ogni volta: non mi abituerò mai a te (né a me!), e neanche allo stupore, e neanche al mio pensare a te. Tu sei ciò che sognerò stanotte, che stanotte sognerà me. (Sognare o essere sognata?) Io sconosciuta in un sogno estraneo. Non aspetto mai, ti riconosco sempre. Il giorno in cui qualcuno ci sognerà insieme - allora ci incontreremo. Rainer, voglio venire da te anche per il mio nuovo io, quello - quella - che può nascere soltanto con te, soltanto in te. E allora Rainer, non arrabbiarti con me, sono io, io che voglio dormire con te - addormentarmi e dormire. Splendida espressione popolare - quanto profonda, quanto autentica, quanto priva di ambiguità, esattamente come ciò che esprime. Semplicemente dormire, e null'altro. No, ancora: la testa sprofondata nell'incavo della tua spalla sinistra, il braccio intorno a quella destra, e null'altro. No, ancora: e fin dentro il sonno più profondo sapere che sei tu. E ancora: il suono del tuo cuore. E - baciare quel cuore. La bocca l'ho sempre sentita come mondo: volta celeste, Il corpo l'ho sempre tradotto in anima, l'ho reso magnifico a tal punto che all'improvviso non ne è rimasto nulla. Perché ti dico tutto questo? Per paura, forse - che tu mi ritenga comunemente passionale. "Ti amo e voglio dormire con te" - all'amicizia non è data tanta concisione. Ma è con un'altra voce che io lo dico, quasi nel sonno profondo. Il mio suono è diverso da quello della passione. Tutto ciò che mai dorme desidera saziarsi di sonno fra le tue braccia. Fin dentro l'anima (gola) sarebbe il bacio. (non incendio: voragine). Rainer, si fa sera, ti amo. Ulula un treno. I treni sono i lupi, i lupi la Russia. Non un treno - la Russia intera sta ululando verso di te. Rainer, non arrabbiarti, oppure arrabbiati quanto vuoi: stanotte dormirò con te. Uno squarcio nel buio - ci sono le stelle - concludo: finestra. (Alla finestra penso, non al letto, quando penso a te e a me.) Gli occhi spalancati, perché fuori è ancora più buio che dentro. Il letto è un vascello, ci mettiamo in viaggio. Non occorre che tu risponda. M.


(Marina Cvetaeva a Rainer Maria Rilke; St-Gilles-sur-Vie - 2 agosto 1926)

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