lunedì 5 agosto 2013

Forse la mia ultima lettera a Mehmet

Da una parte gli aguzzini tra noi ci separano come un muro d'altra parte questo cuore sciagurato mi ha fatto un brutto scherzo mio piccolo, mio Mehmet forse il destino m'impedirà di rivederti. Sarai un ragazzo, lo so, simile alla spiga di grano ero così quand'ero giovane biondo, snello, alto di statura; i tuoi occhi saranno vasti come quelli di tua madre con dentro talvolta uno strascico amaro di tristezza, la tua fronte sarà chiara infinitamente avrai anche una bella voce - la mia era atroce - le canzoni che canterai spezzeranno i cuori sarai un conversatore brillante in questo ero maestro anch'io quando la gente non m'irritava i nervi dalle tue labbra colerà il miele ah Mehmet, quanti cuori spezzerai!

È difficile allevare un figlio senza padre non dare pena a tua madre gioia non gliene ho potuta dare dagliene tu. Tua madre, forte e dolce come la seta tua madre sarà bella anche all'età delle nonne come il primo giorno che l'ho vista quando aveva diciassette anni sulla riva del Bosforo era il chiaro di luna era il chiaro del giorno era simile a una susina dorata. Tua madre un giorno come al solito ci siamo lasciati: A stasera! Era per non vederci più. Tua madre, nella sua bontà la più saggia delle madri che viva cent'anni, che Dio la benedica.

Non ho paura di morire, figlio mio; però malgrado tutto, a volte quando lavoro trasalisco di colpo oppure nella solitudine del dormiveglia contare i giorni è difficile non ci si può saziare del mondo Mehmet, non ci si può saziare. Non vivere su questa terra come un inquilino oppure in villeggiatura nella natura vivi in questo mondo come se fosse la casa di tuo padre credi al grano al mare alla terra ma soprattutto all'uomo. Ama la nuvola la macchina il libro ma innanzitutto ama l'uomo. Senti la tristezza del ramo che si secca del pianeta che si spegne, dell'animale infermo ma innanzitutto la tristezza dell'uomo. Che tutti i beni terrestri ti diano gioia che l'ombra e il chiaro ti diano gioia che le quattro stagioni ti diano gioia ma che soprattutto l'uomo ti dia gioia. La nostra terra, la Turchia, è un bel paese tra gli altri paesi e i suoi uomini quelli di buona lega, sono lavoratori pensosi e coraggiosi e atrocemente miserabili si è sofferto e si soffre ancora ma la conclusione sarà splendida. Tu, da noi, col tuo popolo costruirai il futuro lo vedrai coi tuoi occhi, lo toccherai con le tue mani. Mehmet, forse morirò lontano dalla mia lingua lontano dalle mie canzoni lontano dal mio sale e dal mio pane con la nostalgia di tua madre e di te del mio popolo e dei miei compagni ma non in esilio, non in terra straniera morirò nel paese dei miei sogni, nella bianca città dei miei giorni più belli.

Mehmet, piccolo mio ti affido ai compagni turchi me ne vado ma sono calmo la vita che si disperde in me, si ritroverà in te per lungo tempo e nel mio popolo, per sempre.


(Nazim Hikmet; 1955)

Nessun commento:

Posta un commento