domenica 27 aprile 2025

4 gennaio 1934

Bisogna custodire con gioia il piccolo sole che noi portiamo nella vita, e vigilare su tutte le nebbie.


(Tullio Gadenz; lettera ad Antonia Pozzi - 1934)

...non temere che la vita ti sciupi questa tua purezza

Oh Dino, con quanta forza ho sentito, fino in fondo al mio essere, il pulsare dei tuoi sogni. Vedi: ogni volta che tu mi apri così un lembo della tua anima più nuda, tu svegli tutta la giovinezza che dorme in me, sotto la coltre delle fantasie oziose, degli egoismi inutili. Ed ecco: io sono di nuovo la ragazzetta di diciassette anni, dalle lunghe gambe nervose, dagli occhi chiari e dai polmoni capaci, che fuggiva sola, con il suo sacco ed un paio di enormi scarpe chiodate, verso le rocce il vento il silenzio delle Dolomiti di Brenta: per ore, accoccolata su un masso, spiava il nascere dell'acqua dalla bocca annerita del nevaio; s'insanguinava le dita per staccare dalla pietra zolle di sassifraghe rosa; e d'un balzo, affidata alla forza dei ginocchi sulla colata fragorosa delle ghiaie, piombava a valle, sui pascoli cosparsi di rocce bianche come enormi cimiteri abbandonati - Fragranza amara dei rododendri sotto il sole - intrico di corolle fragili e di rami duri fino alla cintola - nuotare nel folto verde e rosa. Poi, a sera, i rami lunghi morbidi frangiati dei làrici che la chiamavano verso casa, verso un lume nella penombra viola... Ah, l'aria della mia adolescenza, Dino: così limpida, aromatica, fulgente di bianchezze inverosimili, come un piccolo triangolo di vela disperatamente gonfio e teso di vento. Ed ecco: tutto questo che credevo sopito, spento per sempre, mi rinasce vicino a te, si riapre, si riscopre come un cielo lontanissimo, perduto in fondo a cumuli di nubi. Per questo ti dico: non temere, non temere che la vita ti sciupi questa tua purezza, questa tua meravigliosa forza di ascesa e di sogno. Come potrebbe soffocarla in sé se tu sai destarla così vivamente negli altri?
(...) tu mi conosci abbastanza bene per sapere - ormai - che il tuo sogno di un angolo di terra, di un modestissimo focolare, di una vita che torna alla sua origine è anche il mio sogno. Sai: ieri un sacerdote che conosciamo e che era qui da noi guardava i miei albi di fotografie e a un certo punto mi disse: "Ma lei ha tutto, ha visto tutto, ha goduto tutto: che cosa può desiderare ancora nella vita?". Che cosa posso ancora desiderare? - Avrei voluto rispondergli -: Ma precisamente il contrario di quel tutto: spogliarmi di tutto il superfluo, dimenticare i volti ben rasi, le labbra dipinte, gli alberghi di lusso, rinunciare alle comodità di cui - grazie a Dio - non mi sono mai fatta delle schiavitù, andare dalla povera gente, imparare il dialetto, ricominciare. Senza cavalli, senza auto, senza troppi vestiti, senza troppe posate, ma che cosa m'importerà - in nome del cielo - di avere soltanto due grembiuli (uno addosso e l'altro al fosso - dice il proverbio delle nostre campagne) pur che alla sera mi sia dato aspettare un volto caro e mettere sul fuoco una minestra che non sia soltanto per me e rammendare delle calze che non siano soltanto le mie, ma che siano magari le calze piccine e le magline e i corpetti di un topolino nostro? Dinin, vedi, e quando la mia vita di donna sarà equilibrata, completa, allora anch'io scriverò. Ho tante cosa da dire, io pure. Sarò passata attraverso tante vite, saprò la pena di tante creature, la gioia di tante strade. Allora (come mi ha detto anche Banfi, un giorno) quando sarò veramente una donna, placata, serena, forte, potrò dire delle buone cose.


(Antonia Pozzi; lettera a Dino Formaggio - 1937)

venerdì 18 aprile 2025

Mi hai abbagliato

(...) Mi hai abbagliato. Non esiste nulla al mondo così splendente e delicato.


(John Keats; lettera a Fanny Brawne - 1819)

...nel mio mondo sentimentale, c'è un grande senso di continuità

...Come uniscono, come cuciscono le persone le cose, le povere stupide dolcissime cose di tutti i giorni!
...Da Roma, dalla basilica di Massenzio, trasmettono un concerto bellissimo e questo m'invita a stare alzata ancora. Stanno sonando la "Pavana per una infanta defunta" di Ravel, un pezzo breve che mi piace molto. A quante cose penso, ascoltando questi concerti!
Te lo dissi una sera - ricordi? - quando tu mi chiedesti il perché dei miei occhi fissi e io dicevo: cose lontane...
(...) Tu mi hai detto un giorno che io sembro sempre colta alla sprovvista dalle cose, svegliata alla vita ogni giorno e ogni giorno stupita e impreparata: eppure dentro di me, nel mio mondo sentimentale, c'è un grande senso di continuità. Alti e bassi, sì, burroni e vette: ma fra le vette, cioè fra i momenti di più intensa sincerità spirituale, come una linea ininterrotta, come il crinale delle montagne, ed una, l'ultima, la più alta, non ci sarebbe se non ci fossero le precedenti...


(Antonia Pozzi; lettera a Remo Cantoni - 1935)

domenica 13 aprile 2025

...leggerò un brano di Shakespeare ogni domenica alle dieci

(...) leggerò un brano di Shakespeare ogni domenica alle dieci. Anche voi ne leggerete uno alla stessa ora, e saremo vicini l'uno all'altro come dei corpi ciechi nella stessa stanza.


(John Keats; lettera a George e Georgiana Keats - 1818)

Milano, 8 maggio 1933 - ore 4 pom

(...) E perciò, Antonello, io ti ho detto: "Che Dio ti benedica" - e così vorrei che le tue tristi e buone parole: "Io ti auguro di essere felice" si mutassero in queste meno tristi e ancora più buone: "Io ti auguro che Dio santifichi la tua solitudine e il tuo pianto".


(Antonia Pozzi; lettera ad Antonio Maria Cervi - 1933)

...con uno sguardo conscio e degno

Qui tutto è bello di una bellezza violenta, che fa persino male; che ti prostra in un'ammirazione opprimente e angosciosamente inadeguata allo sfarzo di tutta questa natura. Se una finestra ti ammannisce una porzioncina di mare spazzato dal vento, tu butti lì sopra tutti i tuoi pensieri e stai a vederli giocherellare con le folate che fanno il solletico alla pellicina dell'acqua, la quale, poverina, si raggrinza tutta e s'increspa in striature tanto fini che sembra il capino di un uccello quando qualcuno, soffiandovi delicatamente sopra, rovesci le piume in rotelline trepide. Il cervello continua a mulinare così, nel vuoto: e più il cielo si fa languido di lunghe carezze rosa, più gli occhi si affisano nel tormento di guardare tutto, di viver tutto, con uno sguardo conscio e degno. E poi, quando l'ovatta grigia delle nubi ha asciugato, all'orizzonte, tutto il sudore perlaceo del mare, il bagliore mite della prima stella ti sembra la divampante voce di tutto questo cielo, che si tende ad essa con uno sforzo supremo...
Contemplare così non è un riposo; ma è una vita intensissima e bella.


(Antonia Pozzi; Sorrento - 1929)