- Di casa, 25 febbraio 1909
Amalia mia cara,
Eccomi ancora qui, ma non so come... Da due mesi ormai faccio tale vita che il mio io se n’è esulato per sempre e non mi riconosco più. Sono così, Amalia mia; quando l’ora del dolore è giunta, la mia personalità, paurosa di soffrire, se ne va non so dove, e un’altra ne viene in sua vece, che non mi piace. Non mi piaccio proprio più; e non piacerei nemmeno a Voi, pur così indulgente. Ma parliamo delle nostre ammalate: come sta vostra sorella? Mia Madre è salva ormai. Ma la vita che l’e rimasta è tale che io, sorreggendola alle ascelle per farle tentare i primi passi e contemplando in silenzio quel volto che non è (e non sarà mai più!) il suo, sento passare in me una pietà micidiale, un rimpianto inconfessabile... E immaginate la mia vita interiore di questi tempi! E non vi dico della mia vita concreta: sono profanato addirittura! Da tempo ho perduto il sonno quasi completamente oppresso di continuo da mille incombenze: non ultima l’amministrazione finanziaria, i colloqui con uomini dozzinali, notai, avvocati, mezzadri, fattori... Mah! Non ne posso più! Ultima superstite di me stesso è la mia poesia: come si è tenaci nell’egoismo dell’arte che ci piace! Non succede così, anche a Voi? Mi sono concesso due volte un’ora di libertà: e sono stato alla lettura di Ofelia Mazzoni: ammiratissimo! Ci ritornerò Domenica pross.ma alle 15 (precise). Trovatevi anche Voi: non rimpiangerete l’ora sottratta alla vostra pietà casalinga. E avremo anche il piacere di stringerci la mano in una sfera di poesia, e di dirci coraggio.
Verrete?
GUIDO
(Guido Gozzano, Lettera ad Amalia Guglielminetti)
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