- Roma, 27 aprile 1908
Caro Guido,
in una tregua improvvisa mi prende acuto il desiderio di scriverti, vorrei dire il desiderio di vederti presso di me, sotto questo bell'azzurro limpido, d’una chiarezza che Torino non sa. Sono sola - le mie sorelle sono quasi una parte di me - sono sola in questa casa di stranieri e intorno non sento che gutturali accenti inglesi che non mi dispiacciono perché non mi disturbano. Stamane ho parlato con Cena - brutto scimmiesco con mani belle - e con la Sibilla Aleramo - una figura semplice di bellezza e semplicissima di toilette. (...) Che fai, amico mio dolce? Ti ho già desiderato tante volte in questa città che dà un’impressione più vasta e più serena del mondo. Di notte sento scrosciare acque nella Villa Barberini qui in faccia, di giorno sole oro verde azzurro e gente ignota. Se tu fossi qui! Non ti stancheresti - a piedi non si può quasi andare - ci scarrozzeremmo ore ed ore. - Perdonami: io ti sento invano. Addio: scrivimi qui presto. Sono un poco svanita, non so pensare con profondità! Mi lascio vivere ignota fra ignoti.
Addio se tu fossi qui!
Ma non venire.
A.
(Amalia Guglielminetti, Lettera a Guido Gozzano)
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