- Torino, ultimo d’Aprile 1908 (da domani in poi: Agliè-Meleto)
Amalia,
dedico a te le prime linee dopo parecchi giorni di clausura febricitante: sono stato pochissimo bene e sono di umore deplorevole. Per fortuna ho pensato poco a te, in questo tempo, ché altrimenti t’avrei pensata male... È così: la tua immagine, come tutte le cose belle, non trova presa sul mio spirito che quando questo è sereno e buono e favorevole. Da qualche giorno invece sono amaro e cattivo. Per tante cose della vita comune, e grandi e piccole, che sono un martirio alla mia sensibilità e un disastro completo per il mio sentimento lirico. Per questo tu e la poesia siete esulate dalla mia anima: e ne sono tanto triste! Domattina ritorno ad Agliè definitivamente. Spero di ritrovare, nella pace canavesana, la mia salute e me stesso. E ti scriverò. Grazie della tua lettera buona: sono lieto che la tua vita romana sia fin ora immune di episodi spiacevoli. Scrivimi quando ti senti, e quando hai qualche piccola curiosità da parteciparmi. Sai che mi diverto. Hai visto Cena, mi dici. Cerca, ti prego, cerca di sapere se non l’ha irritato l’ultima lettera mia dove richiedevo i miei versi, non stimandoli (e non sono) fascio sufficiente per l’esordio che desidero... Come deve apparirti scolorito e lontano il "piccolo amico" da un centro spaventoso come Roma grande. Ma anche tu non ne guadagni agli occhi miei: la tua figura mi è divenuta estranea come se scomparsa in una tomba o in un laberinto: non so... Ti penso un po’ come una morta, mentre ti bacio.
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