giovedì 11 febbraio 2016

La mia vita è qui, monotona e serena...

- S. Giuliano d’Albaro, 6 gennaio 1908

 Come va, come va, mia cara Amalia?
Per me, da qualche giorno, un po’ meno bene. Ho avuta una fase di nevralgia dolorosissima e mi sono un po’ intontito con la fenacetina e col chinino... Ma passerà! Il cielo e il mare sono così stupendamente propizi. Vi scrivo, come sempre, a finestra spalancata e ogni volta che alzo gli occhi dalla penna, vedo nel rettangolo azzurro qualche nave diretta chi sa dove! E il mio pensiero vanisce un po’, seguo con gli occhi un gabbiano candido che si dilegua ad ali tese: mi dileguo anch’io, mi perdo... Poi rivedo il foglio, la vostra immagine mi riappare quasi con doloroso rimprovero: come si dimentica presto! Vi sto dimenticando Amalia! Vi sto dimenticando (mi spiego) fisicamente. È uno strazio curioso, che dà il senso giusto della nostra grande miseria cerebrale: non riesco più, per quanto io tenti, a ricordare certi piccoli particolari del vostro volto, delle vostre mani... L’ovale del volto vanisce a poco a poco, la tinta giusta dei capelli si altera, si deforma l’arco dei sopraccigli: ricordo poco il vostro mento e quasi più affatto il vostro orecchio (che pure dev’essere bello se un giorno l’elogiai). E in tanto incipiente sfacelo gli occhi e la bocca restano vivi e superstiti, troppo impressi nella mia retina e sulle mie labbra, per poterli dimenticare... Ma in questo lento dileguare la vostra immagine spirituale (nell’ultima vostra me ne chiedete) si definisce meglio, balza al mio spirito con linee precise: vi voglio un gran bene, mia cara Amalia! (...) Ah! La letteratura! Che laida cosa, con questo mare dinnanzi! Ogni giorno salgo su fino alla Casa di Cure nervose, e faccio tutto il tratto di spiaggia, con il monte da una parte e il mare sottostante: è un incanto! Salgo su fra gli ulivi e gli eucalipti ed entro nella Casa della Follia... Dà uno strano senso! È una villa elegante che si direbbe sede della Gioia e racchiude invece le più spaventevoli miserie umane. Faccio quotidianamente una violenta cura idroterapica, sottoponendo le mie non molte carni ad un massaggio spaventoso. E mi fa un gran bene. Esco di là, rinato a tutte le speranze. Poi attendo, tutti i giorni, alle iniezioni, alle inalazioni e davvero mi merito di guarire definitivamente! (...) Sapete che vado a cavallo? Già! Una magnifica bestia lasciatami in custodia da un amico genovese, assente per molto, e che mi pregò di esercitarla... Passo delle ore deliziose! E nient’altro, Amalia cara; la mia vita è qui, monotona e serena: quest’oggi come ieri, domani come oggi...
Addio! GUIDO


(Guido Gozzano, Lettera ad Amalia Guglielminetti)

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