Non credo di annoiarmi mai. A volte sono un po' spenta; ma ho una capacità di recupero - che ho sperimentata; che sto sperimentando ora per la cinquantesima volta. Devo ancora stare molto attenta alla mia testa: ma d'altra parte, come ho detto oggi a Leonard, mi piace un certo epicureismo sociale; sorseggio e poi chiudo gli occhi per assaporare. Mi godo quasi tutto. Eppure c'è in me qualcuno indefessamente alla ricerca. Perché la vita non offre una scoperta? Qualcosa su cui mettere le mani e dire "Eccolo, l'ho trovato?". La mia depressione è un sentimento opprimente di ansia. Guardo; ma non è quello - non è quello. Cos'è? E morirò prima di poterlo trovare? Poi (mentre camminavo per Russel Square ieri sera) vedo le montagne nel cielo: le grandi nubi; e quella stessa luna che sorge sulla Persia; ho una grande stupefatta sensazione di qualcosa laggiù, che è "quello" - Non è esattamente la bellezza quel che intendo. È che la cosa basta a se stessa: è pacificante, compiuta. C'è anche la sensazione della stranezza del mio camminare sulla terra: della infinita bizzarria della condizione umana; trotterellare per Russel Square con la luna lassù, e quelle nubi come montagne. Chi sono io, cosa sono, e così via: queste domande mi aleggiano sempre intorno; e poi mi scontro con qualche fatto preciso - una lettera, una persona, e vado loro incontro e ritorno a esse con una grande sensazione di freschezza. E così via. Ma nel corso di questo manifestarsi, che è vero, credo, lo incontro spesso, "quello"; e allora mi sento in pace.
(Virginia Woolf - 27 Febbraio 1926)
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