Mi accorgo, o Lucilio, non solo di migliorare, ma addirittura di trasformarmi; non garantisco, o spero fin d'ora, che non rimanga in me più nulla da modificare. E come non dovrei avere nel mio animo molte componenti che devono essere o rafforzate o attenuate o collocate su un piano più alto? E la prova stessa che il mio animo è disposto al meglio consiste nell'essere in grado di vedere i difetti che finora ignorava. Esiste una categoria di ammalati che meritano le nostre congratulazioni perché hanno preso coscienza del proprio male. (...) Non riesci neppure a immaginarti quanti utili progressi ogni giorno mi arreca. "Manda" tu dici "anche a un uomo quale io sono codesti mezzi che hai trovato così efficaci." Ebbene, voglio trasfonderli nel tuo animo ed è per me una gioia imparare qualcosa per poi insegnarla; nulla, sia pure di eccelso e di salutare, mi farà piacere, se l'avrò appresa soltanto per me stesso. Se la saggezza mi venisse data alla condizione esclusiva di tenerla racchiusa in me e di non poterla esprimere, la rifiuterei: senza un compagno, nessun bene è un possesso piacevole. Dunque ti invierò addirittura quei libri e perché tu non abbia a faticare troppo nel cercare qua e là i punti che ti servono, includerò diversi segni, così troverai subito i passaggi che approvo e ammiro. (...) Nel frattempo, essendoti debitore della piccola ricompensa quotidiana, ti dirò quel che oggi ho trovato di accattivante in Ecatone. "Mi chiedi" egli dice "quali siano i miei progressi? Ho cominciato a essere amico di me stesso." Fece davvero un bel progresso: non sarebbe stato mai solo. Sappi che un amico di questo genere è accessibile a tutti. Stammi bene.
(Seneca, "Lettere a Lucilio")
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