Come vorrei, lo sento in questo momento, essere una persona che fosse capace di vedere tutto questo come se non avesse con esso altro rapporto se non vederlo: contemplare le cose come se io fossi il viaggiatore adulto arrivato oggi alla superficie della vita! Non aver imparato fino alla nascita a attribuire significati usati a tutte queste cose; poter separare l'immagine che le cose hanno in sé dall'immagine che è stata loro imposta. Poter scorgere nella pescivendola la sua realtà umana, a prescindere dal fatto che sia chiamata pescivendola, e dal sapere che esiste e che vende. Guardare un vigile urbano come lo guarda Dio. Capire tutto per la prima volta, non in modo apocalittico, come fosse una rivelazione del Mistero, ma direttamente, come una fioritura della Realtà. Sento suonare i rintocchi della campana o dell'orologio grande; devono essere otto, ma io non li conto. Mi fa risvegliare da me stesso la banalità che esistano le ore, clausura che la vita sociale impone alla continuità del tempo, frontiera nell'astratto, limite nello sconosciuto. Mi risveglio da me stesso, vedo che tutto è già pieno di vita e della abituale umanità, e mi accorgo che la nebbia (che ormai ha sgombrato il cielo, eccetto qualche brandello non azzurro nell'azzurro) mi ha davvero intriso l'anima e contemporaneamente ha intriso il lato segreto di tutto ciò che esiste, quel lato attraverso il quale le cose comunicano con la mia anima.
(Fernando Pessoa)
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