(...) Le mando una corolla di papavero: l'ho colta all'alba del 20 aprile, sulla spianata dell'Acropoli, intanto che il sole lievemente saliva di fronte ai Propilei e pareva penetrare le vene dei marmi come una linfa d'oro. Tornai lassù al tramonto: allora la luce non pareva più trapelare dall'interno delle colonne diafane, come dal cuore di una lampada d'alabastro, ma la luce nasceva ai piedi dei templi come un cespite di fiamme ed arrossava le scanalature, intiepidiva le volute aeree, così che ciascun tempio era una mano viva alzata con le sue dita rosee sopra il mare celeste di Salamina...
Le mando anche un povero piccolo fiore arido: l'ho colto camminando verso le dune, alla soglia della tenda di un vecchio beduino che mi ospitò e mi offerse il tè forte verde degli arabi, intanto che il vento correva, a ondate lunghe, sulla pianura deserta, portando i profumi delle acacie e il respiro del mare...
Le racconterò tante cose, Tullio, quando verrà.
E mi dica: posso tenere fino ad allora le Sue poesie, oppure le occorrono prima?
(Antonia Pozzi; lettera a Tullio Gadenz - 1934)