La terra è ancora calda di te, gli uccelli lasciano ancora spazio alla tua voce. La rugiada è un'altra, ma le stelle sono ancora le stelle delle tue notti. Il mondo non è tutto tuo? Quante volte non l'hai incendiato con il tuo amore, non l'hai veduto fiammeggiare e incenerire, per sostituirlo segretamente con un altro, mentre tutti dormivano. Ti sentivi così in armonia con Dio, nel chiedergli ogni mattina una nuova terra, perché vi avessero posto tutti quelli che lui aveva creato. Ti sembrava meschino risparmiarla e ripararla: la consumavi e tendevi le mani per avere sempre più mondo. Perché il tuo amore era all'altezza di tutto.
Come è possibile che tutti non parlino ancora del tuo amore? Che cosa, da allora, è avvenuto che fosse più meraviglioso? Che altro può occuparli? Tu stessa conoscevi il valore del tuo amore, lo gridasti al tuo più grande poeta perché lo rendesse umano; era infatti ancora un elemento. Ma il poeta, scrivendoti, ne ha dissuaso gli uomini. Tutti hanno letto quelle risposte e credono più ad esse, perché trovano il poeta più intelligibile della natura. Ma un giorno, forse, si vedrà che qui fu il limite della sua grandezza. Quell'amante gli venne imposta, e lui non la resse. Cosa vuol dire, che non abbia potuto corrispondere? Un amore simile non ha bisogno d'essere corrisposto, ha in sé l'appello e la risposta; si esaudisce da sé. Ma il poeta avrebbe dovuto umiliarsi davanti ad esso in tutta la sua imponenza, e scrivere con due mani quello che esso dettava, come Giovanni a Pathmos, in ginocchio. Non c'era alternativa di fronte a quella voce "che adempiva all'ufficio degli angeli"; che era venuta per avvolgerlo e rapirlo nell'eterno.
(Rainer Maria Rilke; "I quaderni di Malte Laurids Brigge")
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