(...) La dolcezza infinita di questo testo mi ha allora presa a tal punto che per alcuni giorni non potevo impedirmi di recitarlo continuamente. (...) In seguito mi sono imposta come unica pratica di recitarlo una volta ogni mattina con un'attenzione assoluta. Se durante la recita la mia attenzione divaga o s'addormenta, sia pure in modo infinitesimale, ricomincio finché abbia ottenuto per una volta un'attenzione assolutamente pura. Mi accade allora a volte di ricominciare ancora una volta per puro piacere, ma lo faccio solo se spinta dal desiderio. La virtù di questa pratica è straordinaria e mi sorprende ogni volta, poiché sebbene la provi ogni giorno essa supera ogni volta la mia attesa. Talvolta già le prime parole strappano il mio pensiero al mio corpo e lo trasportano in un luogo fuori dello spazio da dove non c'é né prospettiva né punto di vista. Lo spazio si apre. L'infinità dello spazio ordinario della percezione è sostituito da un'infinità alla seconda potenza e talvolta alla terza potenza. Allo stesso tempo quest'infinità d'infinità si riempie da una parte all'altra di silenzio, un silenzio che non è un'assenza di suono, ma è l'oggetto di una sensazione positiva, più positiva di quella di un suono. I rumori, se ce ne sono, non giungono a me che dopo aver attraversato questo silenzio. A volte, durante queste recite, o in altri momenti, il Cristo è presente in persona, ma d'una presenza infinitamente più reale, più pungente, più chiara e più piena d'amore di quella prima volta in cui mi ha presa.
(Simone Weil; "Quaderni")
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