venerdì 28 ottobre 2016

15 marzo 1941, le nove e mezzo di mattina

Ieri pomeriggio abbiamo scorso insieme le note che mi aveva dato. Quando siamo arrivati alla frase:  basta che esista una sola persona degna di esser chiamata tale per poter credere negli uomini, nell'umanità, m'è venuto spontaneo di buttargli le braccia al collo. È un problema attuale: il grande odio per i tedeschi ci avvelena l'animo. Espressioni come: "che anneghino tutti, canaglie, che muoiano col gas", fanno ormai parte della nostra conversazione quotidiana; a volte fanno sì che uno non se la senta più di vivere, di questi tempi. Ed ecco che improvvisamente, qualche settimana fa, è spuntato il pensiero liberatore, simile a un esitante e giovanissimo stelo in un deserto d'erbacce: se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest'unico tedesco meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero. Questo non significa che uno sia indulgente nei confronti di determinate tendenze, si deve ben prendere posizione, sdegnarsi per certe cose in certi momenti, provare a capire, ma quell'odio indifferenziato è la cosa peggiore che ci sia. È una malattia dell'anima. Odiare non è nel mio carattere. Se, in questo periodo, io arrivassi veramente a odiare, sarei ferita nella mia anima e dovrei cercare di guarire il più presto possibile.


(Etty Hillesum; "Diario")

2 commenti:

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  2. Bellissimo testo.
    Purtroppo ancora oggi molto attuale: l'odio indiscriminato è un'arma mediatica ancora molto potente. E l'unica arma di difesa contro di essa è la fiducia indiscriminata negli altri.
    Ma quest'ultima è un'arma difficile da impugnare per molti.

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