sabato 10 settembre 2016

...l’unica cosa vera nel nostro vivere ingannevole

- Bertesseno, 20 giugno 1909

Cara Amalia,
i tuoi versi sono degni della ghirlanda dove giunsero tardi. Bellissimi. E più densi e più significativi di certi componimenti (i più antichi) delle tue "Seduzioni". Ti sintetizzi; esprimi cioè con sempre più poche parole sempre più molte cose. È un fenomeno di perfezione. Cosa che - modestia a parte - vado verificando anche in me... Cara Amalia, siamo due grandi artisti! Sai, so già a memoria i tuoi versi nuovi - com’è mio costume involontario per tutte le cose tue... Al mio gusto personale non piace un aggettivo solo, quel "secco". Compromette tutta l’immagine floreale, già pericolosa per se stessa e che pure - nella tua grazia abilissima - hai fatto accettabile anche all’occhio più ironico. So, so bene che è in metaforica armonia con tutto il tuo metaforico erbario, ma credi che suona di una comicità implacabile, denuda il lato debole del raffronto vegetomaschile. "giaceresti anche tu (« secco ») e spoglio" Il verso resta metricamente di non facile ricostruzione ma un’artefice par tua non si sgomenta di così poco. Tanto più che puoi benissimo fare della mia personalissima impressione quell’uso che credi e lasciare, per esempio, il verso completamente intatto. Perdonami e ricambiami, in casi analoghi, di pari fraternità. Tu hai un gusto più vigilante ancora del mio e fra qualche anno gli sottoporrò l’intero manoscritto dei Colloqui, perché lo passi al suo setaccio, varie settimane. A De Frenzi avevo già scritto prima del tuo biglietto di Torino, gli riscrissi ancora, prima della tua ultima lettera e sempre chiaramente insistendo. Ti prego, appena l’articolo compaia, scrivimi all’istante. Figurati che per arrivare quassù le lettere impiegano tre giorni. M’ebbi una lettera di otto pagine da Emma Gramatica, da Buenos-Aires... Una lettera che somiglia a lei. Sarà difficile, quando la piccola ritorna in patria nascondermi alla sua indagine imperiosa, quasi arrogante. Ma lo farò, a costo di offenderla atrocemente. La fuggirò a tutta prova e sarà una rincorsa ed una fuga interessantissima. Mi divertirò e ti divertirai. Alle tonsurate villanelle non piaccio: udii o mi parve di udire, nelle mozze frasi del loro dialetto esquimese, le parole "fabioc" e "pan da soûpa" - Mah!... In complesso ho ricevuto lettere di Ofelia Mazzoni - (alla quale voglio che tu voglia il bene che voglio) - care e fraterne, e lettere dall’Ida Rossi, la quale non è una scema, tutt’altro, ed è maritata, non vecchia e non brutta. Bene a sapersi per un prossimo viaggio alla capitale. E un’altra anonima femminile ho avuta, da Venezia: carta profumo e caratteri da cocotte. Ed è appunto e sempre della cocotte mia che mi parla con una passione e una fraternità psicologica appassionata e competente. Niente nome e recapito... - Mah! Ricevo ogni giorno un bel fascio di posta abbondante ed è un ristoro morale per me. Non che io sia malinconico, ma la solitudine fomenta la mia vita interiore sifattamente che vivo in uno stato di esaltazione quasi continua e mai mi son sentito così pieno di speranze, così aperto ai sogni, così facile alla rima ed al ritmo. In poco più di una settimana ho già abbozzate tre poesie, due delle quali ultimate... E - sinceramente - cose buone, che resteranno tali nel volume apparituro. Ho ritrovato il filo dei miei sogni, questa volta, e vedo che il paesaggio interiore è l’unica cosa vera nel nostro vivere ingannevole... Lavoro molto, cara Amalia. Alle 6½ son già accoccolato su qualche macigno a cavaliere della valle, con il taccuino e la matita, e sogno e respiro... Scrivo poesie, ma intanto medito il volume di prosa, le lettere a te; e in questi pochi giorni mi balenarono, al riguardo, tali e tanti spunti di bellezza inaudita che se solo riuscissi a concretarne la ventesima parte sarei sicuro di una sorpresa letteraria senza pari... Amalia, cara, cara mia, non c’è veramente al mondo cosa più bella di questa nostra arte fatta di parole. E di te? Dimmi, se hai voglia e tempo. Fraterne cose, e anche alla piccola Erminia.
GUIDO 


(Guido Gozzano, Lettera ad Amalia Guglielminetti)

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