mercoledì 4 maggio 2016

Quasi che, scrivendoti, tu possa vedermi...

- Il Meleto, Venerdì Santo - 17 aprile 1908 - ore 10 ant.

Mi sono alzato tardi quest’oggi; ho riletta la tua cara di ieri; e ho fatto, prima di sedermi a tavolino, una toilette accuratissima, quasi che, scrivendoti, tu possa vedermi la piega dei capelli o la lucentezza delle unghie. E invece quanto mi sei lontana! Nel quadrato della mia finestra si delinea lo stesso paesaggio che ti descrivevo quest’autunno: ma così diverso! Rimpiango la porpora e l’oro di quei giorni, né vale a ricompensarmene il verde tenero diffuso qua e là di nubecole bianche e rosee: un paesaggio... pastonchiano che non mi dice niente. Il tiglio pertinace che ti lodavo quest’autunno – ti ricordi – c’è ancora, ma è stato pulito e decapato (sic!) d’ogni ramaglia: e appare buffo e miserabile... Il cielo è grigio, sempre piovigginoso. Io sono un po’ triste, un po’ amaro, ma non per questo. Sono triste per il distacco necessario (che mi dà però all’anima un senso di liberazione salutare) e sono amaro per la mia completa sterilità lirica. Ieri, l’altro ieri, sono stato ore e ore a tavolino, affastellando rime e pensieri e non facendo un verso passabile... E avrei tanti germi non ispregevoli da svolgere: ma sono di un’abulia metrica desolante. Tenterò, vedrò ancora... Forse è l’idea della gita prossima a Torino che mi distrae ad ogni secondo e mi fa schizzare profili femminei al margine del foglio, o seguire pel cielo nebuloso i guizzi delle primissime rondini... Sto, però, così bene di salute! E ho così appetito! Tanto che sospiro l’ora del pasto come l’ora d’un convegno!... I nostri convegni! – Oimé! Io li penso come sogni già molto lontani e sento che non sono le ore di follia estrema quelle che lasciano sull’anima la traccia più duratura... Ma tutto si fa buono e dolce nel passato, anche gl’istanti che ci parvero brutali ed aspri. Dici bene, dobbiamo vederci un’altra volta, saggiamente e fraternamente, prima del tuo viaggio a Roma. Sia dunque pel 22. Il 21 mattina io sono a Torino: per ultimi accordi indirizza V. Montecuccoli... Ai 22, dunque, con animo impazientissimo!
GUIDO


(Guido Gozzano, Lettera ad Amalia Guglielminetti)

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