- Mattino di lunedì 30 marzo (1908)
Caro Amico,
vi pensavo più buono di quanto vi dimostrate. Credevo di meritare almeno una parola di risposta se vi pareva troppa concessione accordarmi una visita come vi chiedevo. Un’amicizia come la nostra non deve morire così fra la vostra indifferenza inerte e la mia esasperata tristezza. Perché io non credo possibile per Voi e per me una fedeltà che resista alle lontananze e agli oblii. Siamo entrambi troppo egoisti per i culti essenzialmente spirituali. Mi costringete a mendicare dagli amici vostri le vostre notizie con parola leggera e anima febbrile. Mi costringete a mendicare da Voi una condiscendenza che non dovrebbe esservi grave. E mi è duro, sapete, curvarmi così. Vorrei parlarvi di cosa che non posso affidare a una lettera. V’aspetterò a casa mia mercoledì fra le quattro e le cinque, o, se preferite un luogo aperto, giovedì alle tre e mezza laggiù a’ piedi della collina dove già v’ho atteso una volta soffrendo. Non rispondetemi se vi pesa, ricordate solo ch’io v’aspetterò con intenso desiderio, e che vi prego di venire.
Stamane io scrivevo questo mentre tu forse aggiungevi per me tristezza a tristezza nelle otto pagine della tua lettera. Non distruggo e non disdico il mio biglietto. Ho troppa sete di te per saziarmi delle tue parole amare. Non è vero ch’io abbia cose segrete a dirti, era una menzogna per indurti a venire. Porta pure con te la tua ambizione, la tua freddezza, la diffidenza che hai verso di me. Sarà meglio, forse mi guarirai; ma non inasprire ancora il mio male con un rifiuto. Se anche non mi ami perché vuoi ch’io ti perda? Perché vuoi farmi sentire così nera così crudele la mia solitudine, così completo il mio isolamento? Ah! la gloria, Guido, come ne sogghigno! Io non so come tu possa amare sognare darti a una così vacua cosa. Io voglio più bene a te che alla gloria, quella non mi farà mai piangere né aspettare in ansia.
A.
(Amalia Guglielminetti, Lettera a Guido Gozzano)
Nessun commento:
Posta un commento