domenica 7 febbraio 2016

...e non voglio, capite, non voglio il vostro compianto

Domenica sera, 29 dicembre 1907

Mio buon Amico, vi mando una pagina diretta a Voi da Mantovani dal quale rimasi fino a poco fa (...) Gli avevo portato i "Colloqui" che gli piacquero molto specialmente nella prima parte e perdonatemi l’indiscrezione - quei versi ultimi della "cocotte" che trascrissi su un foglietto. (...) Che bella e originale cosa, mio caro Guido! Avrei voluto dirvi subito quanto mi piacesse ma c'era ancora in me troppa amarezza per poter scrivere una lettera serena. E Voi mi avevate detto: "Non parlatemi della vostra anima triste, se potete". Non potevo e preferii ancora tacere. Quella vostra lettera a matita m'ha ricordato una frase di Madame de Sevigné "Ecrire au crayon c’est comme parler à demi-voice (sic)". Ma in essa Voi non parlavate a mezza voce. La vostra voce anzi era alta, un poco imperiosa, quasi cercava di soverchiare, di soffocare la mia. M’ha accorata molto, molto. V’ho scritto sopra qualche terzina non bella che finiva con quei tre versi e mezzo che devo avervi mandato. Ma è sopraggiunta l’altra, la consolatrice, di cui vi ringrazio come di un dono e che mi ha un poco rasserenata. Non vi parlerò della mia anima, Guido, ma se fra le righe qualche ombra della sua ombra vi trasparisse, perdonatemi, sarà stato mio malgrado. Leggerei con moltissimo interesse la poesia che Ada Negri v’ha dedicata. Non potreste mandarmela? Vi piacque il sonetto che scrisse per me? (...) Vallini non s’è offeso della mia critica, anzi ha scelto - o meglio la scelta fu fatta dal Caso - per ringraziarmene la mezzanotte di Natale e la Chiesa di Santa Teresa dove c’incontrammo alla Messa d’Osanna. Credo anzi che vi avesse accompagnato vostra Madre, ma per una scortese distrazione non la vidi e non la salutai. Fatele, se potete, le mie più vive scuse e cercate di dissipare l’impressione cattiva che può essergliene rimasta. La chiesa piena di gente era volgarissima, la musica pessima, i cantori rauchi, io mi rifugiavo in un pensiero lontano, vi cercavo in quell'ora insolita per luoghi ignoti, fra ignoti, senza riuscire a trovarvi. L’animo vostro è venuto a distrarmi, e abbiamo detto molte cose vaghe e sciocche senza capirci bene l’un l’altro per il frastuono dell’organo. Non abbiamo pronunziato il vostro nome ma vi sentivamo presente: non so perché, ma sono certa che anche Vallini vi pensava, ma non so quale ritrosia allontanava il vostro nome dalle nostre labbra. E Voi chi sa che facevate in quell'ora, o tanto sereno Amico! Io vorrei ora sapere una cosa da Voi. Vorrei vedere me stessa chiaramente nel vostro intimo, conoscere con certezza quale imagine nuova s’è foggiato di me il vostro pensiero, sapere quello che io sono in questo momento per Voi. Io temo di non apparirvi che come una creatura degna di pietà, di compassione, e non voglio, capite, non voglio il vostro compianto. Ditemi quanto più potete sinceramente ciò che pensate di me e di tutto quello che sapete di me. Io credo che vi stanca questo "avido cuore", questo cuore che ha dato sempre tanto ed ha ricevuto sempre tanto poco... Perdonatemi, Guido, dimenticavo la mia promessa. Mi è così difficile mantenerla... Vi dirò dell’incisione in rame, la quale è quasi finita, ma per amore di tragicità mi fa un volto scarnito che accentua la sua aria fatale nell'ombra del cappello piumato dove s'allargano gli occhi dolentemente. Devo bene avere quell'espressione in qualche momento, ma non la linea smunta del viso. Ora il pittore s’è impossessato (artisticamente s’intende) o si crede in possesso dell’anima del modello e vuol tentare un capolavoro col mio ritratto ad olio, grande al vero. Sebbene - ve lo dico piano - io dubito molto del suo sogno, ho già posato ieri la prima volta in un abito a lungo strascico grigio perla, viola pallido e oro, scollato a rettangolo lungo e stretto che mi dà un’aria fra ieratica e maestosa d’imperatrice bizantina. Lo esporrà, credo, in aprile alla quadriennale. Le sedute per fortuna non saranno molte perché s’aiuterà col "maniquin" (?) e con fotografie. (...) Addio, caro Amico, mandatemi un ritratto vostro e qualche vostro pensiero presto, presto. Vi ringrazio d’aver cercato e trovato qualche dolcezza per me che ne avevo una sete crudele. "La menzogna è così cara talvolta..." ho scritto dei versi che incominciano con questo. Ma non mentitemi più, è meglio.
Addio, mi siete vicino e lontano.
A.


(Amalia Guglielminetti, Lettera a Guido Gozzano)

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