La dolcezza di non aver famiglia né compagnia, quel soave piacere simile al piacere dell'esilio, quando l'orologio della lontananza attenua in noi con indefinibile voluttà la vaga inquietudine di esser lontani: io assaporo questo piacere a mio modo, con una certa indifferenza. Perché una delle caratteristiche del mio atteggiamento psicologico è di non coltivare esageratamente l'attenzione e di guardare con sufficienza persino ai sogni, con la consapevolezza aristocratica che la loro esistenza dipenda da noi. Dare eccessiva importanza ai sogni sarebbe come dare importanza a un qualcosa che si è fatto reale, e che perciò ha perduto il diritto assoluto alla nostra delicatezza. Le figure immaginarie hanno più spessore e verità di quelle reali. Il mio mondo immaginario è stato sempre per me l'unico mondo vero. Non ho mai avuto amori così reali, così pieni di verve, di sangue e di vita come l'amore vissuto con figure uscite da me stesso. Che peccato! Ne ho nostalgia perché, come ogni amore, anche questi amori passano...
(Fernando Pessoa; "Il libro dell'inquietudine")
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