sabato 2 agosto 2014

I miei pensieri avevano gettato l'amo nella corrente

Eccomi, dunque, seduta, una o due settimane fa, sulla riva del fiume in una bella giornata di ottobre, persa nei miei pensieri. La necessità di giungere a una qualche conclusione era così pesante da farmi chinare la testa. A destra e a sinistra alcuni cespugli splendevano di vividi colori, rossi e dorati, anzi sembravano ardere per il riverbero. Più avanti sulla riva i salici piangevano in una lamentazione perenne, le chiome lungo le spalle. Il fiume rifletteva a suo piacimento tratti del cielo, del ponte e dell'albero infuocato, e dopo il passaggio di uno studente, che aveva tagliato in due i riflessi con il remo della barca, quelli si erano subito richiusi, del tutto, come se lui non fosse mai esistito. Lì, su quella riva, avrei potuto perdere la nozione del tempo immersa nei miei pensieri. I miei pensieri - per chiamarli con un nome più nobile di quanto non meritassero - avevano gettato l'amo nella corrente. La lenza ondeggiava pigramente qua e là, tra i riflessi e le alghe, lasciandosi sollevare e sommergere dall'acqua e poi - eccolo, il lieve strattone del pesce che abbocca - quell'improvviso conglomerarsi di un'idea all'estremità della lenza: e poi il suo prudente sollevarsi dall'acqua e il suo attento dispiegarsi. Ahimè, visto sull'erba il mio pensiero era piccolo e insignificante, quel genere di pesce che un bravo pescatore ributta in acqua in modo che possa crescere tanto da poter essere un giorno cucinato e mangiato. Ma per quanto piccolo fosse, esso aveva tuttavia la misteriosa proprietà della sua specie: restituito alla mente, diventò subito molto eccitante, e importante; e nel guizzare dentro e fuori dall'acqua, nel mandare bagliori qua e là, diede il via a una tale tumultuosa ondata di idee che fu impossibile restare seduti un minuto di più...


(Virginia Woolf)

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