Ecco l'unico bene: causa e sicurezza di vita felice è avere fiducia in se stessi. (...) Coloro che si sforzano di raggiungere nobili mete, quanto più si impegneranno e tanto meno si lasceranno vincere e si concederanno soste per riprendere lena, tanto più avranno la mia ammirazione, e allora esclamerò: "Di tanto sei ancora migliore! Tirati su, respira a pieni polmoni e, se ce la fai, supera questa balza tutto d'un fiato". La fatica è alimento di animi eletti. Renditi felice con le tue forze. (...) Come senza mescolanza di luce nessuna cosa risplende e nulla è opaco, se non contiene tenebre o abbia assorbito in sé qualcosa di oscuro, come senza il soccorso del fuoco nulla è caldo, e nulla è fresco senza l'apporto dell'aria, così le cose nobili e quelle disoneste sono rese tali rispettivamente dall'unione con la virtù o con il vizio. Che cosa è dunque il bene? La conoscenza. Che cosa è il male? L'ignoranza. Chi sa vedere lontano ed è veramente esperto di saggezza, respingerà o sceglierà ciascuna cosa a seconda delle circostanze, ma non teme ciò che rifiuta né si esalta per quello che sceglie, purché abbia un animo grande e indomabile. Non consento che tu ti pieghi e ti avvilisca. Non rifiuti la fatica? É poco. Devi cercarla. Perché essa esprime la costanza dell'animo, ed è proprio questa la virtù che sprona se stessa verso compiti difficili e duri. A tutto questo si aggiungono, perché la virtù sia perfetta, una costanza di comportamento e uno stile di vita in tutto e per tutto coerente, e ciò non è possibile senza la conoscenza della realtà e senza l'arte che permette di conoscere le cose umane e divine. Questo è il bene supremo e se tu lo acquisisci, cominci a essere un compagno degli dei, non un supplice. "In che modo" tu dici "si giunge fino a questo punto?" É un percorso sicuro, piacevole, cui la natura ti ha predisposto, elargendoti quelle doti che, se tu non le disattenderai, ti consentiranno di elevarti allo stesso livello di un dio. Il denaro non ti renderà pari a un dio: un dio non ha nulla. La toga pretesta, neppure: un dio è nudo. Nemmeno la reputazione e il metterti in mostra e la notorietà del tuo nome diffusa tra i popoli; nessuno conosce la divinità, molti giudicano male di lei e per questo non subiscono tuttavia alcun danno. Nemmeno lo stuolo dei servi che trasportano la tua lettiga per itinerari urbani e forestieri: esiste un dio massimo e onnipotente che porta su di sé tutte le cose. (...) Bisogna cercare ciò che non peggiora di giorno in giorno e a cui non si possono frapporre ostacoli. Di che cosa si tratta? Dell'animo, però di un animo retto, buono, grande; come lo chiameresti altrimenti se non la divinità che alberga nel corpo umano? Un animo di questo genere può discendere tanto in un cavaliere romano quanto nel figlio di un liberto o in uno schiavo. Che cosa sono, infatti, un cavaliere romano, il figlio di un liberto o uno schiavo? Sono nomi nati dall'arroganza o dall'ingiustizia. Si può salire fino al cielo anche da un'umilissima dimora: "Anche tu modellati degno di un dio". Non ti modellerai, però con l'oro o con l'argento: con queste materie non è possibile esprimere un'immagine simile a quella della divinità; pensa che quegli dei, quando ci erano propizi, erano di argilla. Stammi bene.
(Seneca; "Lettere a Lucilio")
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