martedì 8 ottobre 2013

Per sostanza, non per artificio

Mi hai chiesto come si chiamano in latino i "sophismata". Molti hanno tentato di dar loro un nome: nessun termine si è imposto. Evidentemente, dato che il concetto stesso non trovava accoglienza presso di noi ed era estraneo alla nostra prassi, persino la sua definizione ha incontrato dure resistenze. In ogni modo mi sembra quanto mai adatto il vocabolo di cui si è servito Cicerone, che li chiamava "cavillationes" ["cavilli"]. Chiunque vi si abbandoni, riesce certamente a combinare questioncelle ingegnose, ma non consegue alcun vantaggio per la vita né diventa più coraggioso o più temperante o più nobile. Ma chi ha praticato la filosofia per farne un rimedio del proprio spirito, acquisisce un animo intrepido e piena fiducia in se stesso, giunge a un'altezza insuperabile e appare ancora più grande a chi gli si avvicina. Ciò che avviene nel caso di montagne imponenti, che sembrano meno elevate a chi le osserva da lontano, però, una volta che tu ti sia avvicinato, appare con evidenza quanto elevate siano le sue cime, tale è, caro Lucilio, il filosofo autentico per sostanza, non per artificio. Egli sta come su una vetta, diritto, ammirevole, sublime, dotato di vera grandezza. (...) Egli è al di sopra delle cose umane, è uguale a se stesso in ogni situazione, sia che la vita proceda lungo una rotta favorevole o sia in balia dei flutti e avanzi attraverso sventure e difficoltà. Questa fermezza non può essere data dai ragionamenti capziosi di cui parlavo poco fa. Con essi l'animo si trastulla, non progredisce, e abbassa la filosofia dalle sue cime al livello del suolo. E non vorrei qui proibirti di dedicarti talora a codesti esercizi, ma ciò dovrà avvenire quando sarai deciso a non fare nulla. Tale prassi ha però in sé questo aspetto del tutto negativo: i sofismi sanno rendersi seducenti, avvincono l'animo e lo trattengono con uno sfoggio di sottigliezza, mentre una quantità così grande di impegni concreti lo chiamano, mentre la vita intera ti basta a mala pena per imparare una cosa sola: il disprezzo della vita. "E come si fa" tu dici "per governarla?" Questo compito si assolve in un secondo tempo, perché nessuno ha mai governato la vita come si deve, se prima non l'aveva disprezzata. Stammi bene.


(Seneca; "Lettere a Lucilio")

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