domenica 22 settembre 2013

A poco a poco mi sentii tornare pura

Decisi di farmi un bel bagno caldo. Ci saranno senz'altro cose che un bel bagno caldo non riesce a curare, ma io non ne conosco molte. Ogni volta che sono triste all'idea della morte, o così nervosa da non riuscire a dormire, o disperata perché non vedrò l'uomo che amo per un'intera settimana, naturalmente entro in crisi, ma poi, prima di toccare il fondo, mi dico: "Adesso mi faccio un bel bagno caldo". Nella vasca, medito. Bisogna che l'acqua sia proprio bollente, così bollente che quasi non resisti a metterci dentro il piede. Poi ti immergi, un centimetro per volta, finché l'acqua non ti arriva al collo. Ricordo i soffitti sopra tutte le vasche in cui mi sono distesa. Ricordo la grana del soffitto, le crepe, i colori, le macchie di umidità e le luci. Anche le vasche ricordo: quelle antiquate con le zampe di grifone, quelle moderne a forma di bara, quelle sfiziose di marmo rosa simili a laghetti delle ninfee casalinghi; ricordo forma e dimensioni dei rubinetti e dei vari tipi di portasapone. Non c'è niente che mi faccia sentire a posto con me stessa come stare immersa in un bel bagno caldo. Rimasi a mollo nella vasca al sedicesimo piano di quell'albergo per sole donne, al di sopra di tutto il baccano e la vita frenetica di New York, per un'ora buona, e a poco a poco mi sentii tornare pura. Io non credo al battesimo, alle acque del Giordano e compagnia bella, ma nei confronti di un bel bagno caldo penso di avere lo stesso atteggiamento delle persone religiose verso l'acqua santa...


(Sylvia Plath; "La campana di vetro")

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