(...) il richiamo che sempre risuonava nelle profondità della foresta. Quell'appello lo colmava di una grande irrequietudine e di strani desideri, provocava in lui una vaga, dolce felicità, ed egli si rendeva conto di selvaggi desideri e impulsi per cose che non conosceva. Qualche volta seguiva il richiamo nella foresta, cercandolo come se fosse una cosa tangibile, latrando dolcemente o a sfida, a seconda dell'umore. Cacciava il naso nel fresco muschio del bosco, o nella nera terra dove crescevano alte erbe, e fiutava con gioia i grassi odori del terreno; oppure stava acquattato per ore, come se si nascondesse, dietro i tronchi ricoperti di funghi o gli alberi abbattuti, con gli occhi e gli orecchi tesi a tutto ciò che si muoveva o risuonava intorno a lui. Forse, standosene così, sperava di sorprendere quel richiamo che non riusciva a capire. Ma non sapeva perché facesse tutto ciò. Era costretto a farlo, ma non poteva afferrarlo con il pensiero.
Impulsi irresistibili lo afferrarono. Se ne stava magari tranquillo nell'accampamento, sonnecchiando oziosamente nel caldo pomeriggio, quando a un tratto ergeva la testa con le orecchie dritte, tutte intese ad ascoltare, e poi balzava in piedi e si slanciava avanti, sempre avanti, per ore, attraverso gli intercolunni della foresta e le aperte radure dove crescevano folti i canneti. Gli piaceva correre nei letti asciutti dei torrenti, spiare la vita degli uccelli del bosco. A volte per un giorno intero se ne stava sdraiato nel sottobosco dove poteva osservare le pernici che andavano in su e in giù becchettando. Ma soprattutto gli piaceva correre nel cupo crepuscolo delle mezzanotti estive, ascoltando i soffocati e sonnolenti sussurri della foresta, interpretando segni e suoni così come un uomo può leggere un libro, e cercando quella misteriosa cosa che continuava, continuava a chiamarlo, nel sogno e nella veglia, ad ogni ora, perché la raggiungesse.
Una notte balzò dal sonno sussultando, l'occhio intento, le nari frementi, la criniera irta in onde fuggenti. Dalla foresta giungeva il richiamo (o per lo meno una nota di esso, ché il richiamo aveva molte note) distinto e definito come non mai: un lungo ululato, simile a un qualsiasi suono emesso da un cane eschimese, e tuttavia diverso. Ed egli lo riconobbe in quell'antico clima familiare come suono già udito. Balzò attraverso il campo addormentato, e rapido e silenzioso si precipitò tra i boschi. Via via che si avvicinava al grido rallentava la sua corsa, divenendo cauto in ogni movimento, finché giunse a una radura fra gli alberi e, spiando, vide, eretto sulle anche, il muso puntato al cielo, un lungo e sottile lupo dei boschi.
(Jack London; "Il richiamo della foresta")