venerdì 28 dicembre 2012

Il dono eccelso

Il dono eccelso che di giorno in giorno
e d'anno in anno da te attesi, o vita
(e per esso, lo sai, mi fu dolcezza
anche il pianto), non venne: ancor non venne.
Ad ogni alba che spunta io dico: "È oggi":
ad ogni giorno che tramonta io dico:
"Sarà domani". Scorre intanto il fiume
del mio sangue vermiglio alla sua foce:
e forse il dono che puoi darmi, il solo
che valga, o vita, è questo sangue: questo
fluir segreto nelle vene, e battere
dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti
unicamente perché sei la vita.



(Ada Negri)

Mai solo

Com'è ricca l'arte; se uno potesse solo ricordare quello che ha visto, non resterebbe mai senza alimento per i suoi pensieri o veramente solo, mai solo.


(Vincent Van Gogh; "Lettere a Theo" - 15 Novembre 1878)

venerdì 21 dicembre 2012

Su una lettera non scritta

(...)
la sera si fa lunga,
la preghiera è supplizio e non ancora
tra le rocce che sorgono t'è giunta
la bottiglia dal mare.


(Eugenio Montale)

Oggi che ti aspettavo

Oggi che t'aspettavo
non sei venuta
e la tua assenza so quel che mi dice
la tua assenza che tumultuava
nel vuoto che hai lasciato
come una stella
dice che non vuoi amarmi
quale un estivo temporale s'annuncia
e poi s'allontana
così ti sei negata alla mia sete
l'amore sul nascere
ha di questi improvvisi pentimenti
silenziosamente ci siamo intesi
amore, amore
come sempre
vorrei coprirti di fiori
e d'insulti.


(Vincenzo Cardarelli)

giovedì 20 dicembre 2012

Il porto

Un porto è un soggiorno affascinante per un’anima provata dalle lotte della vita. L’ampiezza del cielo, la mobile architettura delle nuvole, le mutevoli colorazioni del mare, lo scintillio dei fari, sono un prisma meravigliosamente atto a divertire gli occhi senza mai stancarli. Le forme slanciate delle navi, dalla complicata armatura, a cui l’onda imprime armoniose oscillazioni, servono a  intrattenere nell’anima il gusto del ritmo e della bellezza. E poi, soprattutto, c’è una sorta di piacere misterioso e aristocratico per chi non ha più né curiosità né ambizioni nel contemplare, sdraiato in un belvedere o appoggiato coi gomiti sul molo, tutti i movimenti di quelli che partono e di quelli che ritornano, di quelli che ancora hanno la forza di volere, il desiderio di viaggiare o di arricchirsi.

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Un port est un séjour charmant pour une âme fatiguée des luttes de la vie. L'ampleur du ciel, l'architecture mobile des nuages, les colorations changeantes de la mer, le scintillement des phares, sont un prisme merveilleusement propre à amuser les yeux sans jamais les lasser. Les formes élancées des navires, au gréement compliqué, auxquels la houle imprime des oscillations harmonieuses, servent à entretenir dans l'âme le goût du rythme et de la beauté. Et puis, surtout, il y a une sorte de plaisir mystérieux et aristocratique pour celui qui n'a plus ni curiosité ni ambition, à contempler, couché dans le belvédère ou accoudé sur le môle, tous ces mouvements de ceux qui partent et de ceux qui reviennent, de ceux qui ont encore la force de vouloir, le désir de voyager ou de s'enrichir.


(Charles Baudelaire; "Lo spleen di Parigi")

martedì 18 dicembre 2012

E alla forza dei loro oppressori non credono più

(...)
Ma d'ogni dubbio
il più bello
è quando coloro che sono
senza fede,
senza forza,
levano il capo
e alla forza dei loro oppressori
non credono più.

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(...)
Schönster aller
Zweifel aber
Wenn die Verzagten,
Geschwächten den
Kopf heben und
An die Stärke ihrer Unterdrücker
Nicht mehr glauben.


(Bertolt Brecht)

sabato 15 dicembre 2012

Per potere sovrano, per grazia potente

C'è fannullone e fannullone. C'è chi è fannullone per pigrizia o per mollezza di carattere, per la bassezza della sua natura, e tu puoi prendermi per uno di quelli. Poi c'è l'altro tipo di fannullone, il fannullone per forza, che è roso intimamente da un grande desiderio di azione, che non fa nulla perché è nell'impossibilità di fare qualcosa, perché gli manca ciò che gli è necessario per produrre, perché è come in una prigione, chiuso in qualche cosa, perché la fatalità delle circostanze lo ha ridotto a tal punto; non sempre uno sa quello che potrebbe fare, ma lo sente d'istinto: eppure sono buono a qualcosa, sento in me una ragione d'essere! So che potrei essere un uomo completamente diverso! A cosa potrei essere utile, a cosa potrei servire? C'è qualcosa in me, che è dunque? Questo è un tipo tutto diverso di fannullone, se vuoi puoi considerarmi tale. Un uccello chiuso in gabbia in primavera sa perfettamente che c'è qualcosa per cui egli è adatto, sa benissimo che c'è qualcosa da fare, ma che non può fare: che cosa è? Non se lo ricorda bene, ha delle idee vaghe e dice a se stesso: "gli altri fanno il nido e i loro piccoli e allevano la covata", e batte la testa contro le sbarre della gabbia. E la gabbia rimane chiusa e lui è pazzo di dolore. "Ecco un fannullone" dice un altro uccello che passa di là, "quello è come uno che vive di rendita". Intanto il prigioniero continua a vivere e non muore, nulla traspare di quello che prova, sta bene e il raggio di sole riesce a rallegrarlo. Ma arriva il tempo della migrazione. Accessi di malinconia - ma i ragazzi che lo curano nella sua gabbia si dicono che ha tutto ciò che può desiderare - ma lui sta a guardare fuori il cielo turgido carico di tempesta, e sente in sé la rivolta contro la propria fatalità. "Io sono in gabbia, sono in prigione, e non mi manca dunque niente imbecilli? Ho tutto ciò che mi serve! Ah, di grazia, la libertà, essere un uccello come tutti gli altri!". Quel tipo di fannullone è come quell'uccello fannullone. E gli uomini si trovano spesso nell'impossibilità di fare qualcosa, prigionieri di non so quale gabbia orribile, orribile, spaventosamente orribile... Non si sa sempre riconoscere che cosa è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. Tutto ciò è fantasia, immaginazione? Non credo, e poi uno si chiede "Mio Dio, durerà molto, durerà sempre, durerà per l'eternità?". Sai tu ciò che fa sparire questa prigione? È un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente. Ma chi non riesce ad avere questo rimane chiuso nella morte. Ma dove rinasce la simpatia, lì rinasce anche la vita.


(Vincent Van Gogh; "Lettere a Theo")

Amo ciò che di tenace ancora sopravvive nei miei occhi

(...)
Amo ciò che di tenace ancora sopravvive nei miei occhi,
nelle mie camere abbandonate
dove abita la luna,
e ragni di mia proprietà,
e distruzioni che mi sono care,
adoro il mio essere perduto,
la mia sostanza imperfetta.

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Hay entre ciencias de llanto un altar confuso,
y en mi sesión de atardeceres sin perfume,
en mis abandonados dormitorios donde habita la luna,
y arañas de mi propiedad, y destrucciones que me son queridas,
adoro mi propio ser perdido, mi substancia imperfecta.


(Pablo Neruda)

mercoledì 12 dicembre 2012

Per qualche motivo che ignoro

Per qualche motivo che ignoro, mi piaci moltissimo. Molto, niente di irragionevole, direi quel poco che basta a far si che di notte, da solo, mi svegli e, non riuscendo a riaddormentarmi, inizi a sognarti.


(Franz Kafka; "Lettere a Milena")

Piango

 
Piango
come dovrebbero gli altri su me piangere,
e nessuno invece nessuno,
la mia agonia intende.
Piango
per la cecità degli altri,
di tutti che non sanno vedermi,
che sulla lor strada m'incontrano
e nel fondo dei miei occhi
vedere non sanno
quest'infinita supplica d'amore,
ch'io in carità essere sentita vorrei,
e cara a tutti sentirmi
qual mi son creata
con lungo martirio e sì pura fede.
Piango
come dovrebbero gli altri su me piangere,
O, no, piangere no
ma all'agonia strapparmi,
dalla morte che pietosa sola mi vuole.


(Sibilla Aleramo)

martedì 11 dicembre 2012

O donne povere e sole

O donne povere e sole,
violentate da chi
non vi conosce.
Donne che avete mani
sull’infanzia,
esultanti segreti d’amore,
tenete conto
che la vostra voracità naturale
non sarà mai saziata.
Mangiate polvere,
cercherete di impazzire
e non ci riuscirete,
avrete sempre il filo della ragione
che vi taglierà in due.
Ma da queste profonde ferite
usciranno farfalle libere.


(Alda Merini)

sabato 8 dicembre 2012

Ho pena delle stelle

Ho pena delle stelle
che brillano da tanto tempo,
da tanto tempo...
Ho pena delle stelle.

Non ci sarà una stanchezza
delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?

Una stanchezza di esistere,
di essere,
solo di essere,
l'essere triste lume o un sorriso...

Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un'altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un perdono?

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Tenho dó das estrelas
Luzindo há tanto tempo,
Há tanto tempo…
Tenho dó delas.

Não haverá um cansaço
Das coisas,
De todas as coisas
Como das pernas ou de um braço?

Um cansaço de existir,
De ser,
Só de ser,
O ser triste brilhar ou sorrir…

Não haverá, enfim,
Para as coisas que são,
Não morte, mas sim
Uma outra espécie de fim,
Ou uma grande razão –
Qualquer coisa assim
Como um perdão?


(Fernando Pessoa)

Nascondi ciò che sono

Nascondi ciò che sono, a aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni.


(William Shakespeare; "La Dodicesima Notte" - atto I, scena II)

venerdì 7 dicembre 2012

Io desidero il mio desiderio

Io desidero il mio desiderio, e l'essere amato non è altro che il suo accessorio.


(Roland Barthes)

La musa malata

Ahi, mia povera musa, che cos’hai stamattina?
Nei tuoi occhi infossati fan ressa le visioni
notturne, a freddi lampi sul tuo viso
passano taciturni l’orrore e la follia.

Il succubo verdastro e il diavoletto rosa
paura e amore dalle urne hanno versato?
Dispotico e maligno l’incubo t’ha tenuta
con la testa sott’acqua in un Minturno favoloso?

Io voglio che il tuo petto odori di salute
e sia abitato da forti pensieri
e che il sangue cristiano ti pulsi nelle vene

cadenzato, sonoro come nei ritmi antichi
dove regnano a turno il padre di ogni canto,
Febo, e il grande Pan, signore delle messi.

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Ma pauvre muse, hélas! qu’as-tu donc ce matin?
Tes yeux creux sont peuplés de visions nocturnes,
Et je vois tour à tour réfléchis sur ton teint
La folie et l’horreur, froides et taciturnes.

Le succube verdâtre et le rose lutin
T’ont-ils versé la peur et l’amour de leurs urnes?
Le cauchemar, d’un poing despotique et mutin
T’a-t-il noyée au fond d’un fabuleux Minturnes?

Je voudrais qu’exhalant l’odeur de la santé
Ton sein de pensers forts fût toujours fréquenté,
Et que ton sang chrétien coulât à flots rythmiques,

Comme les sons nombreux des syllabes antiques,
Où règnent tour à tour le père des chansons,
Phoebus, et le grand Pan, le seigneur des moissons.


(Charles Baudelaire)

domenica 2 dicembre 2012

Colloquio sentimentale

Nel vecchio parco gelido e deserto
sono appena passate due forme.

Hanno occhi morti, e labbra molli,
e le loro parole si odono a stento.

Nel vecchio parco gelido e deserto
due spettri hanno evocato il passato.

- Ricordi la nostra estasi d'allora?
- E perché vuoi che la ricordi?

- Batte ancora il tuo cuore solo a udire il mio nome?
Ancora vedi in sogno la mia anima? - No.

- Ah, i bei giorni d'indicibile felicità
quando univamo le nostre bocche! - Può darsi.

- Com'era azzurro il cielo, e grande la speranza!
- Vinta, fuggì la speranza, nel cielo nero.

Andavano così tra l'avena selvatica,
e le loro parole le udì solo la notte.

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Dans le vieux parc solitaire et glacé
Deux formes ont tout à l'heure passé.

Leurs yeux sont morts et leurs lèvres sont molles,
Et l'on entend à peine leurs paroles.

Dans le vieux parc solitaire et glacé
Deux spectres ont évoqué le passé.

- Te souvient-il de notre extase ancienne?
- Pourquoi voulez-vous donc qu'il m'en souvienne?

- Ton coeur bat-il toujours à mon seul nom?
Toujours vois-tu mon âme en rêve? - Non.

- Ah! les beaux jours de bonheur indicible
Où nous joignions nos bouches! - C'est possible.

- Qu'il était bleu, le ciel, et grand l'espoir!
- L'espoir a fui, vaincu, vers le ciel noir.

Tels ils marchaient dans les avoines folles,
Et la nuit seule entendit leurs paroles.


(Paul Verlaine)

Non conosco altro

Non conosco altro
che la santità degli affetti del cuore,
e la verità dell'immaginazione.


(John Keats)

Poetry and Painting - 1626